Tolleranza zero contro il bullismo, con pene che possono arrivare fino al carcere per i maggiorenni e all’allontanamento dalla famiglia per i minorenni. Poi un numero verde unico per le denunce e le richieste d’aiuto e una App, uno strumento adatto ai giovani che rappresentano anche la maggior parte di coloro che subiscono scherno, derisioni, umiliazioni, ma anche aggressioni e violenze fisiche oltreché psicologiche. La proposta di legge, approvata alla Camera, arriva in vista della Giornata contro il bullismo (7 febbraio) e prevede di estendere al bullismo alcune fattispecie di reato dello stalking.
Il bullismo come lo stalking?
I bulli come gli stalker, i molestatori, devono essere puniti in modo più severo, arrivando anche all’allontanamento dalla famiglia, se minori, o al carcere. Il testo prevede un inasprimento delle pene, modificando l’art. 612 bis del codice penale sullo stalking. «Il legislatore ha voluto dare un segnale molto forte, estendendo la portata del reato di stalking al bullismo» spiega l’avvocato Marisa Marraffino, esperta di bullismo e reati informatici.
In particolare il testo punta a tre interventi:
- Repressione: è prevista una nuova aggravante se gli atti di bullismo sono commessi in gruppo, da più persone, oltre a introdurre la confisca obbligatoria degli strumenti informatici (come smartphone, tablet, ecc.) nel caso di cyberbullismo. Molestie o minacce, inoltre, sono considerate reato se commesse nei confronti di una persona in condizioni di emarginazione.
- Scuola: dal momento che il fenomeno del bullismo avviene soprattutto a scuola, vengono affidati ai Presidi maggiore responsabilità e margine di intervento: devono vigilare su eventuali casi di bullismo, ma possono anche segnalarli con più facilità ai servizi sociosanitari o alla Procura, che attiverà il Tribunale dei Minori;
- Rieducazione: il Tribunale può decidere per un percorso educativo di recupero sotto la direzione dei servizi sociali minorili (anche di durata annuale), ma se questo non dovesse dare i risultati sperati (o in caso valuti il contesto familiare non adatto o collaborativo alla rieducazione del bullo) può decidere un allontanamento dai genitori con affido ai servizi sociali stessi o a una casa famiglia.
«Si tratta di un testo che impone delle riflessioni. Da un lato ben vengano i progetti rieducativi e la possibilità di maggiori segnalazioni da parte dei dirigenti scolastici, perché è dentro la scuola che si possono cogliere i segnali e si deve intervenire per tempo, prima che i fenomeni si aggravino o rimangano sotto silenzio. Dall’altro, l’inasprimento della parte repressiva va valutato con cautela, soprattutto perché le leggi ci sono già» spiega l’avvocato Marraffino.
Com’è punito oggi il bullismo
«Il bullismo è un fenomeno complesso. Con questo testo si intende estendere la punibilità prevista per lo stalking a condotte che di fatto hanno già una loro specificità. Per esempio nei casi di bullismo si procede per percosse, lesioni, sostituzione di persona (nel caso di cyberbullismo) estorsioni (quando si ricatta, ad esempio, in cambio della non pubblicazione di foto compromettenti), porto d’ami (se si ricorre a coltellini, ecc.), diffamazione che può essere aggravata se condotta tramite social o per motivi razziali (nel caso dell’Hate speech, frasi d’odio), punita quest’ultima già con 4 anni e mezzo di reclusione». Diverso è il discorso dello stalking, che si configura quando qualcuno, con condotte reiterate, percuote, ingiuria, diffama, umilia ed emargina. «È punito da 6 mesi a 5 anni di carcere, dunque in modo severo. È corretto paragonare il bullismo di minorenni allo stalking di adulti?» si chiede l’avvocato, che aggiunge: «Anche l’allontanamento dalla famiglia di fatto esiste già con la messa in prova ai servizi sociali del minorenne. Persino la reclusione è già contemplata come misura estrema con la collocazione in riformatorio o la detenzione in carceri minorili come il Beccaria di Milano».
La prevenzione, il numero verde e la App
La proposta di legge dà spazio anche all’aspetto di prevenzione e supporto alle vittime, con l’istituzione di un numero verde gratuito, mentre la App, a cui si fa riferimento nel testo, consisterebbe in un servizio di messaggistica istantanea con la quale le vittime e le famiglie possono ricevere consigli e supporto in tempo reale, sia di carattere psicologico che di consulenza legale. Ma il 114 esiste già per le emergenze dell’infanzia ed è gestito dal Telefono Azzurro. «Già adesso il Telefono Azzurro si avvale della collaborazione degli avvocati che, tramite un accordo con l’Ordine, rispondono gratuitamente 24 ore su 24 alle domande che arrivano, come capita anche a me» spiega Marisa Marraffino. «Noi gestiamo il numero delle emergenze da 10 anni occupandoci di tutte le problematiche dell’infanzia. Ora si vorrebbe dare maggiore spazio al bullismo. Occorre, però, che il servizio non si limiti a questo. Raccogliere le segnalazion, le richieste d’aiuto o fornire consigli è utile, ma occorre anche una rete di esperti che le sappia poi gestire. Questa deve coinvolgere anche il mondo della scuola o dello sport, oltre che dei servizi sociali. Altrimenti si creano solo aspettative poi disattese» spiega Antonio Caffo, presidente di Telefono Azzurro.
Chi e dove sono le vittime di bullismo
Secondo un’indagine di Eures, condotta in autunno su un campione di studenti delle scuole superiori di Roma, più di 9 giovani su 10 sono stati vittime di bullismo, nella maggior parte dei casi (57,3%) a scuola. Nell’ultimo anno oltre la metà dei ragazzi (66,9%) avrebbe subito violenze fisiche e/o psicologiche riconducibili ad atti di bullismo: le femmine sarebbero finite nel “mirino” più volte (67,8% rispetto al 62,6% dei maschi). Anche quando non si subisce in prima persona, capita di frequente di assistere a uno o più episodi (81,3%), mentre in pochi ammettono di essere stati “bulli”: solo poco più di un terzo del campione (37,8%). A pesare sono soprattutto l’assenza e mancanza di controllo da parte delle famiglie e contesti di disagio sociale. Chi, invece, è vittima di violenze, scherno o comportamenti che costringono all’umiliazione viene “scelto” perché considerato soggetto debole caratterialmente, per la sua sessualità, l’etnia, ma soprattutto per l’aspetto fisico.
Body Shaming: le violenze legate ai chili in più
«Sono stato per tutta la vita – e sono – un “cicciabomba”, “cannoniere”, “panzone”, “trippone”, “palla di lardo” ha denunciato il 29 gennaio il deputato Filippo Sensi, durante la discussione del testo alla Camera. Il politico ha così voluto sensibilizzare su un problema che riguarda i giovani, nello specifico il Body Shaming o Fat Shaming, ossia l’essere derisi per il sovrappeso, parlando della propria esperienza personale e della difficoltà che spesso hanno i giovani a reagire. Sempre secondo la ricerca Eures, chi ha chiesto aiuto a genitori o insegnanti è riuscito a risolvere il problema (con punte fino all’80% dei casi), mentre le vittime silenziose di bullismo e cyberbullismo non solo hanno continuato a subire, ma spesso hanno registrato un’escalation di episodi di violenze.
«Ben venga una maggiore sensibilità al problema, ma forse occorrerebbe una norma ad hoc su bullismo e cyberbullismo, che renda reato quei comportamenti che non siano già puniti dal codice. Le ingiurie citate nello stalking, per esempio, sono depenalizzate. Le percosse e la diffamazione sono già reato, mentre il concetto di umiliazione o emarginazione andrebbe definito meglio: se un bambino prende in giro un compagno o non lo invita alla sua festa, potrà essere accusato di bullismo per aver emarginato l’altro, o potrebbe essere paragonato a uno stalker?» si chiede Maraffino, che aggiunge: «Purtroppo il bullismo può presentarsi in forme, modi e gravità molto differenti tra loro».