Non è alopecia anche se questa può essere una delle conseguenze della tricotillomania, il “vizio” di tirarsi e strapparsi i capelli quando si è sotto stress. Ne soffrono soprattutto le donne, ma non mancano uomini che si “tormentano” la barba, i baffi o i peli delle braccia. Di recente la cantante Arisa, che da tempo porta parrucche, ha deciso di rispondere alle critiche social con un post su Instagram nel quale chiama in causa anche Naomi Campbell: «Da oggi indosserò questa parrucca fino a quando non cresceranno i miei capelli», aggiungendo «Guai a chi fiata. Nella cultura afroamericana quasi tutte le donne indossano parrucche. Anche Naomi Campbell, quindi posso farlo anch’io». Nel mondo vip anche l’influencer Taylor Mega ha confessato di aver sofferto di tricotillomania in forma lieve.
La “mania” di strapparsi i capelli
Non si tratta di alopecia, la perdita di capelli a chiazze che in alcuni casi può arrivare alla loro totale scomparsa, ma può portare anche a questo effetto, in casi più gravi. La tricotillomania è il gesto di chi si “tormenta” i capelli arrotolandoli o, soprattutto, strappandoli, spesso in modo inconsapevole, senza rendersi conto. Può avvenire anche con i peli del corpo (braccia o gambe), con le ciglia o sopracciglia e, negli uomini, con barba e baffi. «È classificato come un disturbo ossessivo-compulsivo, che può presentarsi con intensità e gravità differenti» spiega Flavio Cannistrà, psicologo e psicoterapeuta.
Chi ne soffre?
Secondo gli MSD
Manuals, circa l’1-2% della popolazione mondiale soffre di questo disturbo, il
90% sono donne. «Solo negli Usa è interessato il 3,5% delle donne e l’1,5% degli
uomini, a un livello clinicamente significativo. In Italia è difficile risalire
a dati attendibili anche perché spesso c’è un senso di vergogna in chi ne
soffre, che porta a parlarne poco. La tricotillomania è un problema eterogeneo,
che va dal giocare costantemente con i propri peli o capelli fino a strapparli
ogni tanto, ma può arrivare a una vera e propria alopecia» spiega l’esperto.
Perché si fa?
«Le cause possono essere molte e finora non ne è stata individuata una privilegiata. Qualcuno parla di fattori anche genetici, perché può essere riscontrata anche in bambini molto piccoli, di 1 o 2 anni, altri associano il disturbo a cause alimentari, prescrivendo la riduzione o eliminazione di alcuni cibi dalla dieta, ma il fattore psicologico resta quello che trova più riscontri – dice lo psicologo – Spesso la tricotillomania è associata infatti a stati di ansia, paura e rabbia». Cosa c’è in comune con il mangiarsi le unghie o strapparsi le pellicine delle dita? «Sono paragonabili sia perché entrambi sono gesti compulsivi (non ci si riesce a trattenere), sia il fatto di essere legati a condizioni ansiogene: aiutano a convogliare la tensione o problematiche umorali, in particolare di tipo depressivo. Una differenza, invece, è il forte impatto estetico che la tricotillomania ha: mentre avere le unghie rosicchiate può essere notato, ma viene generalmente accettato, il fatto di essere senza capelli può creare forte imbarazzo, specie in una donna» spiega Cannistrà.
Quali sono gli effetti?
«La mania di strapparsi i capelli ha sia conseguenze fisiche (come alopecia, dermatiti, desquamazione e irritazioni della pelle) sia psicologiche, come la vergogna che non di rado porta a ridurre le proprie attività sociali per non mostrarsi senza capelli o con i capelli rasati» spiega Cannistrà «Va anche tenuto presente che è importante intervenire prima di arrivare a casi di tricofagia, ossia il mangiarsi i propri capelli». In questo caso il rischio è che si formino blocchi piliferi nello stomaco in grado di ostruire l’intestino.
Perché sono più colpite le donne?
In Italia si stima che siano 4 milioni le donne che soffrono di alopecia da tricotillomania, secondo molti esperti perché questa modalità per scaricare la tensione in eccesso è più tipicamente femminile. «Certamente sono di più le donne che chiedono aiuto, quando si rendono conto del problema, perché l’impatto estetico è molto forte: un uomo senza capelli non si sente così compromesso, mentre le donne spesso fanno ricorso a bandane o parrucche per nascondere il problema» dice lo psicoterapeuta.
Come si interviene?
Amy Foxwell ha dedicato a questo problema un libro, Come smettere di strapparti i capelli, dove descrive la sua storia personale e spiega alcuni esercizi che ha seguito per risolvere il disturbo. Ma possono bastare pochi gesti per cambiare comportamento e risolvere il problema? «Sì. Ad esempio io propongo la tecnica dello scotch, che fa parte delle cosiddette Terapie Brevi che creano da un lato una sorta di avversione nei confronti del comportamento problematico e dall’altro una consapevolezza che aiuta a smettere di compierlo. In questo caso non appena ci si rende conto che ci si stanno tormentando i capelli o li si sta strappando (magari anche dopo 5 o 10 minuti) bisogna mettere il nastro adesivo tra le dita, sui polpastrelli, su indice e pollice in genere. Questo semplice trucco, insieme al lavoro con lo psicoterapeuta, permette di prendere consapevolezza del meccanismo e dunque fermarsi» conclude il dottor Cannistrà.