Il centro Sisport alla periferia di Torino, quello dove i figli degli operai Fiat potevano giocare a pallone su un campo d’erba vera come i loro coetanei più fortunati, oggi ospita un’altra tappa di avvicinamento alla parità calcistica. Sotto un sole ancora caldo, 26 ragazze in maglia bianconera corrono, sudano, sbuffano, ridono. Scatti, ripetute, stretching. Poi gli esercizi con la palla e la partitella fra “pettorine” e “nudi”. Sotto le divise uguali a quelle dei loro colleghi maschi dagli ingaggi milionari, ci sono le giocatrici della Juventus, che il 30 settembre ha esordito nella serie A donne battendo 3-0 l’Atalanta. Il debutto del team bianconero, nato rilevando il titolo del Cuneo, rappresenta una specie di rivoluzione per il calcio femminile italiano. Che grazie gli investimenti e al ritorno d’immagine garantiti dalla Juve – e da altri club che hanno seguito la stessa strada come Fiorentina, Empoli e Sassuolo – punta al salto di qualità. Solo dal 2015, infatti, la Federcalcio concede ai club maschili di rilevare il titolo sportivo delle squadre femminili. La norma ha provocato l’arrivo nella serie A donne di big come Juventus e Fiorentina (campione 2017).
Sono tra le migliori in Italia
«Il gap da colmare con il resto d’Europa e gli Stati Uniti è ancora ampio» ammette Rita Guarino, allenatrice bianconera ed ex selezionatrice delle Nazionali giovanili dopo un passato da calciatrice. «Iniziative come questa vanno nella direzione giusta, soprattutto se ci dimostreremo in grado di puntare subito a traguardi importanti. Assemblare una nuova squadra da zero è una bella sfida, ma la rosa che ho a disposizione è ottima». In bianconero sono arrivate alcune delle migliori calciatrici nostrane, a partire dal capitano Sara Gama (presente ai Mondiali di Calcio Femminile 2019), trasferitasi dal Brescia come Valentina Cernoia, centrocampista, e Cecilia Salvai, difensore. La Juve è sempre la Juve, nel bene e nel male, e il suo shopping sfrenato tra le rivali non è piaciuto a molti. Ma le atlete italiane, a causa di una legge del 1981 mai riformata, sono a tutt’oggi inquadrate come dilettanti. Dunque più che i soldi, che continuano a essere pochini, la differenza la fanno le motivazioni: «A Brescia non mi mancava nulla, però a un progetto come questo non puoi dire di no» conferma Cernoia, 26 anni. «Ho subìto da poco un infortunio e la Juventus è la squadra giusta per rimettermi in gioco».
Per Salvai, nata a Pinerolo e a 6 esami di distanza dalla laurea in Economia, vestire bianconero ha significato avvicinarsi a casa ma anche misurarsi «con un ambiente competitivo, dove si lavora sodo e l’approccio è più simile a quello dei grandi club». Settore giovanile compreso: le ragazze che si allenano con le under della Juventus possono ottenere un posto in prima squadra nei prossimi anni. Fra le “grandi” già c’è Sofia Cantore, classe 2000, che 2 campionati fa ha realizzato 30 gol in serie C. Da Lecco si è trasferita a Vinovo, dove frequenta il liceo scientifico insieme ai giovani calciatori maschi. «Le lezioni sono calibrate sulle esigenze degli allenamenti ma è comunque un’esperienza tosta, di quelle che servono per darti una svegliata » racconta sorridendo. «Dopo il diploma vorrei iscrivermi a Giurisprudenza: qui nel frattempo posso dedicarmi in modo più completo al calcio, che è la mia passione da quando avevo 6 anni. Punto a imparare, ma anche a ritagliarmi minuti di campo per guadagnare la maglia azzurra». «Ti aspettiamo» gridano le compagne, in un clima che ancora vena la professionalità con accenni naïf e proprio per questo risulta più gradevole.
Aiuteranno il calcio in rosa
La crescita del movimento è sancita dai numeri. A festeggiare lo scudetto della Fiorentina, a maggio, c’erano più di 8.000 spettatori. Non certo tutti parenti e fidanzati. Le calciatrici tesserate in Italia sono meno di 30.000 ma aumentano in maniera costante, seppure lenta: l’obiettivo è raggiungere le 100.000 entro il 2026, magari sfruttando l’eco di un buon Mondiale nel 2019. E i riflettori che le big e i loro sponsor possono assicurare, al netto della rabbia delle società più piccole che hanno fatto crescere il fenomeno finora e che rischiano di sparire di fronte allo strapotere economico degli ultimi arrivati. Ma visti i pochi soldi elargiti finora dalla Federcalcio e dalle tv non c’erano alternative. «Vivo di calcio da 30 anni e ho sempre sperato che arrivasse un momento così. Questo step ci consentirà di migliorare l’attività giovanile» dice Guarino «e superare i pregiudizi che resistono. Alle bambine il calcio piace: sono solo prive di modelli di riferimento». Modelli che invece non sono mancati a Tuija Hyyrynen, finlandese, una delle 3 straniere tesserate dalla Vecchia Signora. «Nel Nord Europa ragazze e ragazzi giocano insieme, condividono docce e armadietti, guardano in tv le partite di entrambi i campionati. Sono cresciuta considerando il calcio un mezzo per conoscere nuove persone e nuovi posti. E poi non c’è niente di meglio di uno spogliatoio di donne per comprendere il valore della solidarietà femminile».