Dopo la rivoluzione dei locali childfree, importata dagli Stati Uniti, nei nostri ristoranti potrebbe scoppiarne un’altra. Le catene di ristoranti e fast food, a New York, dal 2008 sono tenute a indicare le calorie dei piatti proposti. Alcuni ricercatori americani per otto anni hanno raccolto, letto e comparato centinaia di migliaia di recensioni online su questi locali e sono giunti a una conclusione degna di nota, contenuta in un report pubblicato da Marketing science e sintetizzato da Repubblica.it: in rete c’è stato un aumento dei commenti nei quali è entrato anche il tema della salute a tavola, un incremento ritenuto dagli autori dello studio statisticamente piccolo ma significativo. E ci sarebbe una correlazione proprio con l’indicazione dell’apporto energetico delle portate. La differenza, in particolare, l’avrebbero fatta i nuovi utenti, quelli che hanno cominciato a scrivere giudizi e valutazioni da quando nei menu è comparsa l’annotazione delle calorie.
Funzionerebbe in Italia?
Un modello da copiare e importare? Un sistema applicabile anche alla nostra ristorazione? E perché “solo” le calorie e non i principi nutritivi, altrettanto importanti, se non di più? Giorgio Donegani, tecnologo ed esperto di alimentazione, voterebbe a favore. “Nei fast food del marchio più noto in Italia- ricorda – è già possibile trovare un biglietto che riporta le calorie dei menu e la composizione dei pasti, reperibili anche sul portale italiano della catena. Le stesse indicazioni le troviamo anche sui cibi che acquistiamo in botteghe e supermercati. Ben vengano queste informazioni anche in ristoranti, trattorie e affini. Migliorare le nostre conoscenze in campo alimentare non sarebbe un male. Anzi. Avremmo a disposizione uno strumento in più, per scegliere meglio e in modo consapevole”.
Italiani: troppe calorie e piatti squilibrati
Nel nostro Paese, continua Donegani, ci sono abitudini a tavola ancora da correggere. Due su tutte. “In genere il cibo che mangiamo apporta troppe calorie, più del fabbisogno medio. La nostra alimentazione, inoltre, spesso è squilibrata: è poco ricca di carboidrati complessi, mentre abbondano gli zuccheri semplici e, per alcuni, pure i grassi”. Trovare scritti nel menu il valore calorico dei piatti e i nutrienti, dunque, sarebbe una forma di “educazione alimentare”: “Non siamo consapevoli di quante calorie apporti una pasta alla carbonara o l’osso buco con la polenta. Non sappiamo quanto apporto calorico ci dà un primo o un contorno. Avere questo tipo di informazioni sarebbe utile per tenere il conto e scegliere e combinare le diverse portate, in modo da bilanciare il tutto”. Nei fast food, rileva sempre l’esperto, “i cibi sono standardizzati e calcolare le calorie è relativamente semplice”. Nei ristoranti, invece, “sarebbe più complicato: i piatti cambiano e così gli ingredienti, i condimenti, i pesi e le porzioni, le pezzature, le modalità di cottura”.
Ansia per chi ha disturbi alimentari
Continua sempre Donegani: “Mettere nero su bianco le calorie, e magari anche i principi nutritivi, può servire. Ma bisogna fare attenzione agli effetti psicologici che potrebbe avere sulle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare e che hanno una attenzione eccessiva per tutto quello che riguarda il cibo. Non ci sono solo anoressia e bulimia. C’è anche l’ortoressia, l’ossessione per il mangiare sano, il bisogno patologico di informazioni”.
Le calorie nel menu orienterebbero la scelta del locale
Analisi simili arrivano anche da Ariela Mortara, ricercatrice e docente di sociologia del consumi alla Iulm di Milano. Che impatto avrebbero i menu ultradettagliati sugli italiani? Che cosa scriverebbero, loro, nelle recensioni? “Da quello che emerge facendo una veloce ricerca online, in Italia alcuni ristoranti già indicano le calorie dei piatti, sebbene non esista alcun obbligo di legge. Come per tutto – osserva – il gradimento per questo tipo di prassi dipenderebbe dall’interesse dei singoli per la questione specifica. Se sono un consumatore attento all’alimentazione, o se devo stare attento per motivi specifici, avere a disposizione le informazioni sulle calorie dei piatti potrà spingermi a frequentare un locale proprio per la presenza di queste indicazioni specifiche e magari scrivere una recensione positiva e quindi consigliarlo ad altri. Se non è un tema che mi interessa, o se addirittura conoscere l’apporto calorico mi crea ansia, magari questo mi porterà a dare una valutazione negativa. Avere più informazioni possibili è, a mio parere, sempre una cosa positiva. Sta poi al singolo individuo decidere che uso farne”. Certo, riconosce anche lei, per i ristoratori e per i cuochi italiani non sarebbe semplicissimo. Tutt’altro. Ciascun piatto, in una proposta culinaria con una gamma sterminata di offerte, fa a sé. “Quanto burro o quanti olio vengono utilizzati per preparare un risotto nella trattoria dietro l’angolo? E nel locale in riva al mare? Per cena o a pranzo?”.