Si fa presto a dire “mollo tutto”. Ma d’estate il sogno di cambiare vita in apparenza irrealizzabile sembra meno lontano, complici i ritmi più lenti, la distanza dalla routine, il tempo per riprogettarsi un futuro. Lo confermano le 3 storie che abbiamo raccolto e un’analisi condotta dalla società di recruiting Hays Italia e dalla piattaforma digitale per il benessere mentale Serenis su un campione di quasi 1.000 lavoratori e lavoratrici.
Cambiare vita: cosa sognano gli italiani
L’8% ha già pianificato la fuga dalla propria quotidianità, il 25% prevede di farlo più avanti, per il 50% è un sogno nel cassetto che rimarrà tale. Andando nel dettaglio, tra le motivazioni ci sono la ricerca della felicità, una migliore qualità della vita, avere ritmi meno frenetici e ridurre lo stress. Chi rinuncia al sogno di lasciare il lavoro è invece frenato dalla paura di fallire o di perdere denaro e dalle conseguenze sulla propria famiglia. Tra le mete più gettonate dove rimettersi in gioco ci sono le città marittime, le isole, la montagna, luoghi dove avviare un’attività autonoma o lanciarsi in un progetto nuovo, come il classico agriturismo o b&b.
Cambiare vita: Sara Rossini, 44 anni
Ho preso il largo insieme alla mia famiglia e ora viviamo in barca
Mamma di Iago, Nina e Timo, una barca come casa, Sara Rossini, digital creator, riesce ad attirare intorno alle sue “imprese” sempre una piccola folla di appassionati. Ci siamo anche noi di Donna Moderna tra i follower del suo profilo @sailing_shibumi su Facebook e Instagram: abbiamo seguito Sara nel 2020 quando con la famiglia aveva deciso di cambiare vita, vendere la casa di Milano e partire a bordo del bialbero di 56 piedi “Shibumi”, direzione Oceano Atlantico. Il Covid aveva rallentato i loro piani, costringendoli a una sosta forzata a Formentera.
Oggi Sara, il marito Stefano, i ragazzi e il cane Pepper vivono ormeggiati a Lanzarote in attesa di riprendere il largo e finanziare nuovi progetti: portare la barca a Capo Verde e ripartire verso il Brasile. I figli vanno a scuola e non fanno più homeschooling, sono bilingue, giocano nella squadra di rugby. Stefano, avendo finito l’aspettativa dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare, fa il pendolare tra la Spagna e l’Italia. Sara non è certo ferma: oltre a portare avanti i suoi progetti digitali e a gestire barca e figli, ha pubblicato un libro, Mamma & Marinaia (Il Frangente), in cui dispensa consigli pratici per chi sogna di navigare con i più piccoli. E racconta la sua bellissima, a tratti spesso faticosa, storia di 20 anni di navigazioni estive, di cui 16 con bambini a bordo, «inclusi successi e fallimenti» precisa.
«Oggi il bello, e lo stimolo, della nostra vita – e anche la parte un po’ più difficile – è riuscire a far coincidere le esigenze di tutti: lavorative, economiche, pratiche. La vita a bordo è un continuo rimettersi in gioco e cambiare i piani, il nostro nomadismo è difficile da spiegare a chi sta a terra. Chi vive in barca parte, magari si ferma un paio di anni, poi riparte… È un’esigenza di libertà e un insegnamento per i ragazzi: abbiamo mostrato loro che è importante credere nei propri sogni e che con fatica e sacrificio si possono realizzare. Quest’estate, per esempio, affittiamo un van scassatissimo e giriamo per l’Europa, sarà un altro viaggio memorabile».
Alessandro Brunello, 48 anni
In Puglia ho trovato la mia “decadente felicità”
Ognuno ha la sua ricetta della felicità e Alessandro Brunello, un passato come comico, produttore tv e startupper del crowdfunding, un presente come consulente e autore di manuali di finanza, l’ha scoperta a 46 anni. Quando, stufo di una vita che girava vorticosa da un paio di decenni «tra eventi fighissimi, briefing e un sacco di altre cose con il nome inglese» in 39 giorni ha mollato la sua Milano ed è partito per Taranto. Con l’intento di “diventare un vero terrone”, nel senso più filosofico del termine.
La scelta è arrivata nell’estate del 2022. «Mi sono trasferito in Puglia l’8 settembre, il giorno dell’armistizio» racconta. «Ma ho deciso a giugno, quando durante un’intervista mi sono bloccato e focalizzato su un’immagine precisa: io, al mare, al Sud, lontano dal mio vortice di iperproduttività. Ero abituato a gestire lo stress, avevo girato il mondo seguendo le rotte dell’innovazione tecnologica tra gli Stati Uniti, l’Africa, i Paesi arabi… Non era la città a non piacermi più, ero io a non piacermi più a Milano. Al Sud ho riscoperto il valore del tempo e conosciuto una decadente felicità».
Cresciuto a Baranzate di Bollate, circondato «da una forte matrice culturale meridionale», ha capito che la South way of life era il suo Eldorado. «Certo, ho dovuto mollare alcuni lavori e adottare nuove abitudini, come la controra: mai cercare un negozio aperto prima delle 16… In cambio ho un ritmo di vita più dilatato, guadagno un terzo ma spendo anche un terzo». A seguire il sogno di Alessandro, la compagna Eleonora, la figlia teenager, tre cani, un gatto e un via vai di amici che fanno tappa tra la Valle d’Itria, dove ha ristrutturato un trullo, e Taranto, dove è facile incontrarlo al porto mentre armeggia con la sua piccola barca «al costo di una moto usata».
Alessandro Vitale, 32 anni
A Londra coltivo orti urbani. E faccio la mia rivoluzione
In America e in Inghilterra è già un mito per i suoi video che insegnano a trasformare terrazzi e giardini urbani in orti bio dal sapore mediterraneo. Ma c’è da scommettere che Alessandro Vitale alias @_spicymoustache_ diventerà una star anche in Italia. Il 27 agosto esce Giardinaggio ribelle (Corbaccio), manuale di consigli per far germogliare il proprio pollice verde. «Sono nato vicino a Verona e ho passato l’infanzia in campagna con mio nonno» racconta. «Quando è mancato, ho perso il contatto con questa mia parte green. Mentre studiavo Scienze della Comunicazione ho lavorato per un brand di scarpe e in un’azienda vinicola, ma non ero soddisfatto. Così, nell’estate dei miei 22 anni, ho deciso di lasciare l’Italia per Londra senza la minima idea di come mi sarei mantenuto. All’inizio lavavo i bicchieri in un pub alla sera e di giorno facevo tatuaggi. Sono stato poi responsabile in una ditta di trasporti e in una di delivery, ero apprezzato così mi sono detto: se sono tanto bravo, provo a mettermi in proprio».
L’idea di un progetto social tra giardinaggio e cucina è nata per caso («A Londra avevo iniziato a piantare semini di peperoncino in casa»), ma il successo è il frutto di dedizione («Ho studiato videoediting di notte»). «A chi mi dice che fare orti biologici in città è impossibile, rispondo che è molto più importante mangiare senza pesticidi che preoccuparsi dell’aria inquinata. La mia rebellion è questa: essere più autosufficiente possibile, evitare sprechi in cucina, non dipendere dalle corporation alimentari».