A Malnate, comune di quasi 17mila abitanti tra Varese e Como, è entrato a regime il sistema alla Csi adottato per smascherare e multare chi non raccoglie le deiezioni del proprio cane. I primi verbali sono stati notificati ai maleducati, finiti nel mirino grazie alla comparazione delle tracce genetiche lasciate dai fidati amici a quattro zampe, schedati.
Schedato il Dna dei cani
Tutti i proprietari di cani del comune – 2.150 residenti – nei mesi scorsi sono stati invitati a portare cuccioli ed esemplari adulti negli ambulatori dei veterinari convenzionati. Agli animali è stato prelevato un campione di saliva, in modo indolore e senza alcuna spesa per gli accompagnatori, e i tamponi sono stati inviati a un laboratorio privato di genetica e servizi di Cremona. I tecnici specializzati hanno estratto i Dna dalle cellule canine e con i risultati delle analisi hanno creato una banca dati. Le guardie ecozoofile volontarie di Malnate, una volta completato il data base, hanno cominciato a setacciare strade e aree verdi per raccogliere piccole porzioni di deiezioni. La polizia municipale, chiamata a gestire le fasi successive, ha inviato le provette ai genetisti cremonesi. Sono stati loro a estrarre i Dna e a confrontarli con quelli inseriti nella banca dati. E così, partendo dalla “identificazione” dei cani, si sono individuati i padroni incivili.
Piovono le prime multe
La catena funziona, si andrà avanti a oltranza. Le prime multe, da 75 euro ciascuna, sono partite qualche settimana fa. Un paio di persone hanno già pagato. Restare fuori dal radar e dalle maglie degli accertamenti alla Csi è difficile, almeno per i residenti. È stata notificata una sanzione da 50 euro, dopo una serie di inviti bonari, anche a chi non ha portato il cane a fare il prelievo di saliva e ora dovrà provvedere, pena conseguenze più pesanti.
Perché c’è voluta la prova del Dna?
Ma perché si è arrivati a questo punto? L’assessore all’Ecologia del comune, Giuseppe Riggi, ammette: “Adottare questa soluzione è stata una sconfitta, la dimostrazione che con le altre opzioni abbiamo fallito. Le campagne di sensibilizzazione e i tentativi di educare a comportamenti civici non hanno funzionato”. Il sistema punitivo basato sul Dna dei cani, invece, sta dando risultati positivi. “L’annuncio della scelta di creare il data base è stato un deterrente. Il numero delle deiezioni lasciate in giro è diminuito. Con la notifica delle prime multe – continua l’assessore – la situazione è migliorata ulteriormente, soprattutto nelle strade e nelle piazze”.
Sistema e sperimentazione a costo zero
Il sistema, all’avvio e in queste fasi, non sta costando nulla alle casse comunali e ai cittadini educati o senza cani. “Le spese per la creazione della banca dati e per i prelievi e i campionamenti sono state sostenute dall’azienda che cura la raccolta dei rifiuti, come previsto dall’appalto. Il fondo messo a disposizione da questa società – che in altri anni si è fatta carico di problematiche diverse – copre anche l’esborso per i test e i confronti del Dna effettuati nel corso di un anno, tra i 250 e i 300, stando alle stime. Poi, per affrontare i costi delle comparazioni genetiche, si useranno i soldi delle multe pagate. L’importo della sanzione non è stato calcolato a caso e neppure per fare cassa: la tariffa del laboratorio è di 48 euro a pratica e in più ci sono le spese amministrative e di notifica dei verbali”.
Altri comuni interessati al sistema
Continua l’assessore all’Ecologia di Malnate: “Abbiamo preso spunto dalla sperimentazione che era stata annunciata in una zona di Napoli e poi non è andata in porto. Noi non ci siamo fermati a metà. Abbiamo portato a temine il progetto, reso operativo. Siamo il primo comune a raggiungere l’obbiettivo finale, pieno. Credo che il nostro sistema sarà presto esportato. Mi hanno chiamato 80 tra sindaci e colleghi, interessati all’iniziativa e propensi a replicarla, per avere informazioni generali e dettagli sui costi”.
C’è chi dice no: il fronte contro
Ma non tutti gli osservatori sono entusiasti. Anzi. Eugenio Bove è il referente nazionale del progetto “proprietario cinofilo responsabile” del Csen (il Centro sportivo educativo nazionale, ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni) e fa l’istruttore nei corsi organizzati per chi ha un cane e vuole imparare a gestirlo al meglio. Lui si schiera nel fronte contro. “Negli esami cui sottoponiamo i corsisti – racconta – tra gli argomenti oggetto della prova scritta c’è anche la raccolta delle feci. Ecco, la cosa più importante è lavorare per educare ad avere comportamenti corretti. Minacciare di usare addirittura il Dna – va giù durissimo – secondo me è una forma di terrorismo. Provoca tensione: è come dire ‘guardate che vi prenderemo’. Ma la repressione, da sola, non hai mai dato grandi risultati. Per la soluzione del problema delle deiezioni non raccolte – ripete – prima viene l’educazione, la forma di prevenzione più efficace. Poi ci vogliono i controlli. Qualche multa – ammette comunque – male non fa”.
Le aree cani: un problema nel problema
Un altro problema, evidenziato sempre da Bove, è quello delle aree cani: “Ci sono, ma non vengono gestite bene. E diventano terra di nessuno. Un proprietario fuma, un altro legge il giornale, un altro ancora smanetta con il telefonino. Non ci si occupa dei cani. Figuriamoci cosa succede per strada. Si va sempre di corsa, si esce a portare il cane per il giro serale con il pigiama sotto l’impermeabile… Figuriamoci se ci si ferma a ripulire. I proprietari e gli animali, però, sono anche abitudinari: seguono sempre lo stesso percorso e alla stessa ora, si fermano negli stessi punti. Altro che Dna. Basterebbe, per prenderli in flagranza, mettersi in borghese lungo il solito tragitto e guardare”.
Coldiretti plaude e rilancia
Più che positivo, invece, il commento di Coldiretti. “La prova del Dna inchioda i proprietari incivili. Possono essere finalmente smascherati i maleducati proprietari dei cani responsabili degli imbrattamenti di marciapiedi e giardini pubblici. Era troppo facile restare impuniti, nonostante le sanzioni. Portare a spasso l’amico più fedele dell’uomo, a Malnate e nei comuni che replicheranno il sistema, non sarà più una passeggiata rilassante per chi fa il furbo e fa finta di non vedere i ‘ricordini’ lasciati da Fido”. Non solo. “L’analisi del Dna – rilanciano dall’associazione di categoria – potrebbe avere ulteriori applicazioni per la gestione della popolazione canina in altre situazioni gravi, come l’abbandono degli animali, il randagismo e le attività illecite, a cominciare dalle gare clandestine”.
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