«È qui che prescrivono la cannabis?». Il ragazzo con gli occhiali è quasi intimorito. «Questo è un reparto ospedaliero, di che cosa ha bisogno?» risponde cordiale un’infermiera. In macchina c’è la nonna, ha mandato avanti il nipote a chiedere informazioni. Da anni la signora soffre di dolori atroci, quando arrivano le fitte ha difficoltà anche a muoversi. Ha provato diverse cure, collezionando farmaci dal nome difficile. Alcuni funzionano, altri meno. «Tutti hanno effetti collaterali terribili» dice. Ha sentito parlare della cannabis come medicina: «Ecco perché siamo venuti qui».
Siamo nel reparto di Terapia del dolore dell’ospedale universitario di Pisa. In Italia è quello con più pazienti che fanno uso di marijuana medica: in tutto il Paese i malati che prendono cannabinoidi sono circa 5.000, solo qui se ne contano 986, e 2 su 5 vengono da fuori regione. «La cannabis non è la panacea di tutti i mali, ma può dare una grossa mano per molte patologie: tumori, malattie reumatologiche, neurologiche e degenerative. E serve anche ad alleviare il dolore di atroci cefalee. È un rilassante naturale che migliora la qualità del sonno e favorisce l’appetito» spiega Paolo Poli, che fino all’anno scorso è stato il primario del reparto. Ora che è in pensione, Poli ha fondato la prima società medica dedicata alle terapie con cannabis, che conta al suo interno medici, farmacisti e avvocati (sirca-terapiacannabis.it). «Questo è un “hub”, un ospedale per i pazienti più gravi, che vengono girati dalle altre strutture» aggiunge il dirigente medico Giuliano De Carolis. «Le nostre équipe, composte anche da psicologi, chirurghi, reumatologi, valutano e scelgono la cura più adatta, tra cui la terapia con cannabis, che può ridurre il dolore dal 40 al 60%. In molti casi, con questo metodo riusciamo a sostituire alcuni farmaci antalgici come il cortisone, che hanno pesanti effetti collaterali. Con benefici evidenti».
Ma perché tanti pazienti vengono fino a Pisa per farsi prescrivere la marijuana? «Perché i loro dottori si rifiutano di farlo, per ignoranza o paura» riprende Poli. «Mi è capitato di litigare al telefono con il presidente dell’Ordine di una grande città del Nord. Consigliava ai propri iscritti di non somministrarla ai pazienti». Altri medici sono scettici sui possibili effetti collaterali e non se la sentono di prescriverla in mancanza di uno specifico regolamento regionale (vedi box sotto).
La cannabis che viene venduta in farmacia è simile all’erba degli spinelli. Ma si presenta in una confezione “medica”, con tanto di bugiardino. Arriva dall’Olanda, dove è coltivata in ambiente asettico, e ha principi attivi stabili e controllati. «Naturalmente noi non la fumiamo, perché la combustione fa male. Ce la preparano in bustine, come se fosse tè, e la beviamo» racconta Maria Giulia Bonarelli, studentessa universitaria della provincia di Firenze. «La sindrome del dolore pelvico mi provoca fitte lancinanti al basso ventre. Per 3 anni e mezzo, da quando ho cominciato ad avvertire i sintomi, ho preso la morfina. Ma così ero in simbiosi con il divano, perennemente annebbiata. Ho 22 anni, ma è come se ne avessi ancora 18. Per tutto quel tempo io non ho vissuto: non c’ero, ero spenta». Poi Maria Giulia ha scoperto la cannabis terapeutica. «Il dolore non è scomparso, però è diventato molto più sopportabile. Adesso riesco a conviverci. E, soprattutto, mi sento sveglia, attiva. Posso studiare e uscire con le amiche».
La marijuana cuoce come una tisana nell’acqua per una ventina di minuti. Prima di versare il decotto nella tazza, Alessandra Chiostri aggiunge del latte. «I suoi grassi servono a legare i principi attivi» spiega questa imprenditrice 58enne di Montecatini (Pi). Fino a qualche anno fa, Alessandra dirigeva alcuni centri di dimagrimento, ma quando la fibromialgia ha iniziato a morderle i muscoli della schiena e degli arti, ha dovuto mollare il lavoro. «Ho cambiato numerose terapie, e tutte avevano lo stesso effetto indesiderato: mi sentivo stonata, sconnessa, non riuscivo a fare niente, io che ero una donna così attiva» racconta, mentre prepara la sua tisana. «La canapa medica per me è stata una svolta. Mi ha rimesso in moto. Certo, qualche piccolo dolore rimane sempre, ma almeno adesso posso vivere la mia vita».
3 COSE DA SAPERE
● In Italia la marijuana terapeutica è legale? Sì. Fin dal 2007 nel nostro Paese ogni medico può prescrivere derivati della cannabis. Nel 2013 è stata aggiornata con decreto una tabella ministeriale delle sostanze stupefacenti utilizzabili in medicina e sono stati inserite preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture, a base di cannabis. Gli unici prodotti che possono essere impiegati per queste preparazioni sono esportati dall’Office for medicinal cannabis del ministero della Salute olandese.
● Quando è efficace? Nelle terapie del dolore, per sciogliere gli spasmi della sclerosi multipla, stimolare l’appetito dei malati di Aids, alleggerire i postumi della chemio.
● Dove si acquista? Con ricetta medica, nelle farmacie di 11 Regioni che hanno approvato un regolamento che garantisce la reperibilità dei preparati e anche un rimborso integrale o parziale delle terapie: Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Altrove l’iter è più lungo: oltre alla prescrizione, bisogna avere l’ok del ministero della Salute e della Asl per fare arrivare dall’estero i farmaci.