Capezzoli femminili senza censure? Meta potrebbe presto rivedere il divieto sul seno nudo, accogliendo dopo più di dieci anni di battaglie le richieste del movimento internazionale #FreetheNipple.
Secondo la commissione indipendente di vigilanza (l’Oversight board) di Meta, azienda che controlla Facebook e Instagram, la censura a immagini che mostrano capezzoli e seni sarebbe infatti una “discriminazione nei confronti delle battaglie di emancipazione di donne, transgender, intersex e persone non binarie”.
Il caso
L’indirizzo del consiglio di sorveglianza, formato da accademici, politici e giornalisti, fa seguito alla censura da parte di Instagram di due post di un account gestito da una coppia americana transgender e non binaria. I post “incriminati”, datati rispettivamente 2021 e 2022, mostravano la coppia in posa a petto nudo, con i capezzoli coperti. Nel primo spiegavano come funziona l’assistenza sanitaria per trans, nell’altro avviavano una raccolta fondi per un intervento chirurgico importante.
Dopo una serie di avvisi del sistema di intelligenza artificiale, regolato dall’algoritmo di Meta, e le segnalazioni degli utenti, i post sono stati esaminati per potenziali violazioni delle regole. Meta li ha quindi rimossi perché in violazione delle politiche di Instagram contro l’adescamento sessuale. Una decisione assurda, hanno commentato molti utenti, che li indicavano come non offensivi. Solo grazie al ricorso, la coppia ha ottenuto il ripristino dei due post.
L’opposizione dell’Oversight Board
Da qui l’intervento dell’Oversight board secondo la quale le restrizioni e le eccezioni di Meta alle regole sull’esposizione dei capezzoli femminili sono troppe e viziate da “una visione binaria del genere e su una distinzione tra corpi maschili e femminili”. Ciò le rende “confuse”, in particolare per quanto riguarda i diritti delle persone intersessuali, transgender e non binarie.
Restrizioni, si legge nel report, che si applicano senza distinzione a immagini che vanno da scene di protesta a immagini di un parto, dall’arte ai contesti medici e sanitari (ad esempio la chirurgia o la prevenzione del cancro al seno) ma che sono “contorte e mal definite“, tanto da non riuscire a essere applicate correttamente.
Meta dovrebbe dunque “cambiare il suo approccio alla gestione della nudità sulle sue piattaforme, definendo criteri chiari per assicurare che tutti gli utenti siano trattati in modo coerente con gli standard sui diritti umani. Dovrebbe inoltre esaminare se la politica sulla nudità degli adulti e sulle attività sessuali protegga dalla condivisione di immagini non consensuali e se sia necessario rafforzare altre politiche a tale riguardo”
Capezzoli femminili, la palla passa a Meta
Nonostante le decisioni dell’Oversight board siano vincolanti su rimozione e ripubblicazione dei post, non altrettanto dicasi per le raccomandazioni di cui sopra. L’azienda di Mark Zuckerberg risponderà pubblicamente entro 60 giorni, senza tuttavia essere costretta a mettere in pratica le raccomandazioni della commissione. Dalla sua istituzione nel 2020, il consiglio ha fornito più di 130 raccomandazioni a Meta, ma l’azienda ne ha applicate poco più del 30%.
La battaglia del movimento #FreetheNipple
Dal 2012 il movimento #FreetheNipple si batte contro la censura del capezzolo femminile. La campagna, proliferata nei campus universitari americani, è stata sostenuta da numerose star di Hollywood: da Rihanna a Miley Cyrus, da Cara Delevingne a Naomi Campbell, e Lena Dunham, per citarne alcune.
Un ripensamento del colosso digitale Meta della sua politica sui capezzoli femminili rappresenterebbe una grande vittoria anche per il movimento, spesosi pubblicamente per sensibilizzare sulla causa.