Si va dalle pellicole di plastica trasparente ai fogli di carta assorbente o di alluminio, così diffusi in cucina nella conservazione dei cibi: tutti definiti MOCA, Materiali e oggetti a contatto con gli alimenti, che però necessitano di alcuni accorgimenti nell’utilizzo per evitare rischi per la salute. A fare chiarezza ci ha pensato l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, con un vademecum, che aiuta anche a riconoscere le sigle riportate sui contenitori e a capire come lavarli, a che temperature impiegarli e quanto riutilizzarli.

Materiali attivi, passivi e “intelligenti”

I materiali per la conservazione possono essere di vario tipo e si distinguono per la loro funzione, che può essere passiva, attiva o intelligente.

I materiali passivi sono quelli classici, che servono ad avvolgere il cibo per poterlo conservare in frigorifero o nel congelatore, come alluminio, carta, pellicola, in modo da evitare il contatto con microrganismi, batteri o agenti chimici esterni.

I materiali attivi assorbono o rilasciano sostanze per migliorare la qualità dell’alimento confezionato o per prolungarne la conservazione, come per esempio gli olii essenziali che limitano il deterioramento e sono rilasciati progressivamente nell’alimento, oppure alcuni inserti che, assorbendo l’umidità, mantengono la freschezza del prodotto più a lungo, come i fogli assorbenti nelle vaschette della carne.

I materiali intelligenti aggiungono un’altra funzione: forniscono informazioni al consumatore sullo stato di conservazione dei prodotti, come per esempio le etichette in grado di cambiare colore in base alla degradazione del cibo o a seconda della temperatura a cui sono tenuti, indicando così se questa è troppo bassa o troppo alta.

Usa-e-getta o multiuso

Se per vetro, ceramica e legno non ci sono particolari indicazioni perché sono di per sé multiuso, previo lavaggio accurato, per gli imballaggi in plastica serve maggiore cautela. Per esempio, i contenitori in polietilene, molto diffusi in cucina, riportano alcune sigle o simboli che indicano la possibilità di uso in forno tradizionale, microonde o lavastoviglie. Lo stesso vale per alcuni prodotti in acciaio, specie se colorati, che andrebbero lavati solo a mano per evitare la dispersione di sostanze potenzialmente nocive. Le vaschette in alluminio usa-e-getta, invece, non vanno nel forno a microonde, mentre possono essere usati contenitori specifici, anche in materiale simil-cartaceo, ma ciascuno deve riportare le indicazioni del produttore, solitamente nella parte sottostante la sigla relativa al riciclo dei rifiuti). Come riconoscerle?

Quante plastiche, come usarle

Si fa presto a dire “plastica”: di materiali derivati ne esistono di vario tipo e sono contraddistinti da sigle come Pet, Pp, Pe, ecc. Essendo frutto della lavorazione del petrolio con aggiunta di additivi o altre sostanze (coloranti, plastificanti, antiossidanti, ecc.) che servono a migliorarne la resistenza, leggerezza e durata, devono seguire norme di uso specifiche per evitare la migrazione dei componenti nel cibo o nelle bevande.

Le principali sono Pet (polietilentereftalato), il materiale di cui è costituita la maggior parte delle bottiglie di acqua e altre bevande. È instabile al calore, quindi si deve evitare l’esposizione a fonti di calore.

Pp (polipropilene), impiegato per contenitori per alimenti trasparenti con coperchio, stoviglie e tappi. Generalmente è stabile, quindi non comporta migrazioni, alle temperature di congelamento (fino a -30°C) e alle alte temperature (fino a 120°C).

Hdpe o Pe (polietilene ad alta densità), usato per i tappi di bottiglie, contenitori non trasparenti per conservare alimenti, utensili, è più sicuro per il contatto con alimenti caldi e acidi perché non ha additivi.

Ldpe (polietilene a bassa densità), utilizzato per i sacchetti di plastica per congelare, i guanti del reparto ortofrutta al supermercato, alcuni contenitori per succhi di frutta non in cartone. Non è idoneo per il contatto con alimenti caldi ed è sconsigliato riutilizzarlo.

Infine il Pvc (polivinilcloruro) può essere contenuti in pellicole e contenitori per alimenti, è ritenuto meno sicuro per la maggiore probabilità di migrazione se a contatto con alimenti caldi o grassi, per i quali è sconsigliato l’uso.

Non va dimenticato il Ps (polistirolo), di cui sono fatte le vaschette per la carne, il pesce o i gelati. Specifico per le temperature fredde, garantisce una non migrabilità, ma è sconsigliato il contatto prolungato nel tempo e l’esposizione ai raggi UV.

Il silicone e il forno a microonde

Come spiega l’Istituto Zooprofilattico, «risulta stabile a temperature da -60 a +230° C e può essere utilizzato in forno a microonde. L’utilizzo del silicone come stampo da forno è sicuramente tra i più diffusi, ma alcuni studi hanno osservato che al primo impiego ad alte temperature si verifica un’elevata migrazione di sostanze nell’alimento. Il principale consiglio quindi è sempre quello di leggere attentamente le istruzioni, al fine di determinare le temperature alle quali può essere utilizzato».

Alluminio: quando usarlo e quando no

I metalli sono molto utilizzati nel settore alimentare, sia sotto forma di alluminio che in leghe come nel caso dell’acciaio, per pentole, posate, elettrodomestici, lavabi, ma anche per contenitori usa e getta. Proprio l’alluminio necessita di qualche accorgimento, se si tratta di fogli per la conservazione usa-e-getta. Può infatti “reagire” a contatto con alcuni ingredienti acidi come il pomodoro, il vino e il succo di limone. Le recenti linee guida del ministero della Salute prevedono che non è idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi (come appunto il pomodoro o il limone) o fortemente salati; è destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate (0 – 4° C) oppure, se non refrigerate, per tempi non superiori alle 24 ore. In caso di temperatura ambiente può essere usato oltre le 24 ore solo con questi alimenti: prodotti di cacao e cioccolato, caffè, spezie ed erbe infusionali, zucchero, cereali e prodotti derivati, paste alimentari non fresche, prodotti della panetteria, legumi secchi e prodotti derivati, frutta secca, funghi secchi, ortaggi essiccati, prodotti della confetteria e prodotti da forno, a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio. «Quanto sopra – precisa il vademecum dell’Istituto Zooprofilattico – non si applica ai materiali e agli oggetti di alluminio ricoperto, purché lo strato a diretto contatto con gli alimenti costituisca un effetto barriera».

Lattine e coating interno

Uno degli esempi di alluminio rivestito è rappresentato anche dalle lattine, che presentano una pellicola interna, detta coating: è polimerica o resinosa, dello spessore di circa un ventesimo di foglio di carta. Deve rispettare alcuni standard di qualità, previsti dalle norme, in modo da garantire la sterilizzazione, essere «applicabile a tutti i tipi di alimenti e bevande, prevenire la migrazione di elementi chimici dai metalli in quantità tali da compromettere la salute umana», ecc. Per questo il rivestimento interno non andrebbe mai grattato o rovinato.

Carta da forno e per le fritture: quale usare

Anche la carta è molto utilizzata, ma per ovviare la caratteristica di essere facilmente impregnabile con liquidi e grassi, viene solitamente unita a paraffine specifiche o ad altri materiali idonei al contatto con gli alimenti. «La carta da forno, per esempio, è composta da polpa di pura cellulosa ed è resa impermeabile da uno strato di silicone antiaderente. Può essere utilizzata in sicurezza fino a temperature di 220° C, ma al di sopra potrebbe rilasciare sostanze dannose o addirittura incendiarsi a temperature superiori a 440° C – avverte l’Istituto Zooprofilattico – Talvolta si trova in commercio anche la cartapaglia: associata a uno strato di pellicola plastica che la rende più resistente, è il materiale ideale per assorbire l’olio rilasciato dagli alimenti fritti; spesso al suo posto si utilizza impropriamente la carta assorbente da cucina che, se decorata, non risulta idonea a questo utilizzo». Carta e cartone non rivestiti sono invece ideali per avvolgere cibi secchi. «Anche la carta riciclata può essere impiegata, ma solo per quest’ultima tipologia di alimenti (riso, pasta, legumi secchi, ecc.)».

Padelle in teflon e rame

Le padelle sono in larga parte rivestite di plastiche, che permettono l’anti-aderenza, come il teflon (Ptfe). Gli studi condotti finora dimostrano che è sicuro, anche se accidentalmente ingerito in minima parte in caso di danneggiamento o graffiatura. Questo perché i polimeri sono inerti e quindi non sono trasformati all’interno del nostro organismo. È comunque sempre bene sostituire quanto prima una padella rovinata.

Oltre a quelle di alluminio, particolarmente adatte alle cotture che prevedono l’uso di acqua, ci sono quelle in rame, un materiale costoso, che rende gli utensili pesanti e poco maneggevoli. Non essendo idoneo al contatto con gli alimenti, le pentole in rame sono ricoperte internamente con uno strato di stagno. In alternativa esistono i colaminati, che abbinano al rame altri materiali come acciaio e alluminio, e sono utilizzati per le cotture con una distribuzione uniforme del calore dei cibi, come polenta, creme o caramello.

Vetro e ceramica

Il vetro è uno dei materiali migliori dal punto di vista della sicurezza alimentare grazie alla resistenza ad alte temperature e alla varietà di impiego, insieme al basso rischio di migrazione di sostanze pericolose. E’ riciclabile al 100%, ma ha come svantaggio il peso e la fragilità. La ceramica, oltre che per le stoviglie, è utilizzata anche per alcune pentole anti-aderenti, purché risponda a standard di legge. Le autorità europee, però, stanno modificando le norme: «Studi recenti riportano che livelli di acidità estremamente elevati (pH 2-3) possono determinare un incremento nel rilascio di tali sostanze e una linearità diretta tra rilascio di metalli e incremento di temperatura è stata riscontrata per quelle ceramiche cotte a più basse temperature (900° C) durante il loro processo di produzione» spiega il vademecum. Per questo si stanno abbassando i limiti di migrazione per piombo e cadmio, includendo anche altri metalli attualmente non normati e potenzialmente nocivi che possono essere presenti nelle ceramiche. «È comunque sempre consigliato leggere attentamente le istruzioni d’uso delle pentole in terracotta, riportanti le temperature alle quali possono essere esposte» concludono gli esperti.