È da un po’ che non pago l’affitto a Milano, ma solo perché pago il mutuo. E, di fatto, spendo meno di quando vivevo in una stanza singola. In casa eravamo in 5 e usavamo le cassette della frutta come mensole: erano lì, spillate, al muro. Avere una casa è un privilegio, ma di quelli che ai fuorisede come me arriva spesso “da giù”: come un pacco. Io sono nata a Caserta, vivo a Milano da 6 anni e sono single. Senza l’aiuto dei miei, il mutuo me lo sarei sognato. Oggi abito in un piccolo bilocale che mi ha permesso di avere una certa stabilità. Non so se è la casa che sognavo da bambina, di sicuro è quella a cui pensavo quando cambiavo stanza ogni settimana perché non trovavo nulla per periodi più lunghi. Era un vivere incastonato tra stage, contratti in scadenza e affitti disumani. Tra fette di pizza scaldate sul termosifone, lucine sulla testata del letto per rendere mia una stanza qualunque, traslochi con valigie alte quanto me.
Affitto a Milano: non ci sono più zone economiche
Mi chiedevo sempre: ma perché nessuno ne parla? Ho scritto allora un libro con Jolanda Di Virgilio (Non è questo che sognavo da bambina, Garzanti, ndr), perché dovevo parlarne, almeno io. Sono passati quasi 2 anni e adesso se ne parla, ovunque. La protesta degli studenti è il segno che, da grave, la situazione è diventata gravissima. Anche a me un paio di anni fa è successo di pagare 800 euro per una stanza in affitto a Milano, ma adesso, è la norma. E se già prima era insostenibile, ora cos’è? Allora ci dicevamo: la bolla prima o poi scoppierà. Invece, si è gonfiata. Il fenomeno degli affitti brevi è stato il colpo di grazia, certo, e non credo sia reversibile. È scomparsa, però, anche la possibilità di optare per zone più economiche, perché con la gentrificazione è sempre più difficile parlare di periferia a Milano. Io, per esempio, vivo nel quartiere Ortica: l’ho scelto perché ai tempi era considerato periferico e aveva prezzi più bassi, ma oggi non è più così. C’è poi un fatto che rende tutto ancora più difficile: a un costo della vita alto dovrebbe corrispondere uno stipendio adeguato, eppure a Milano gli affitti sono cresciuti anche del 40% nel giro di pochi, anni mentre gli stipendi sono rimasti fermi.
Milano resta la città dove realizzarsi
La soluzione sarebbe lasciare Milano, qualcuno dice. Io credo che chi sceglie di restare lo faccia per ragioni validealmeno quanto quelle di chi va via. Se un giorno il bilancio fosse solo negativo andrò via, certo. Ma, se è vero che sognodi costruirmi una vita che mi piace, è anche vero che Milano è l’unico posto dove ora posso farlo. Se non mi fossi trasferita qui, non avrei mai scritto il libro mettendo dentro tutto ciò che ho vissuto nei 2 anni in affitto a Torino e nei 4 a Milano. È stata una fase in cui l’unica casa che sentivo tale era quella dove avevo vissuto da piccola, quella dei miei. Ricordo che, nel primissimo appartamento che andai a vedere a Milano, mi chiesero di firmare un registro indicando nome, numero di, telefono, provenienza geografica e mi salutarono dicendomi che mi avrebbero fatto sapere. In nessun colloquio di lavoro fatto finora mi sono sentita in soggezione come quella volta.
Come altre opzioni ci sono il subaffitto o il mutuo
Mi è successo anche di prendere una stanza in subaffitto: la ragazza che ci viveva sarebbe andata in Erasmus per 5 mesi. La camera era curata, la coinquilina gentile, la casa carina. Sono stati 5 mesi fantastici. Superati solo dalla gioia del giorno in cui ho avuto le chiavi di casa mia. Ho smesso di spostarmi come una trottola e di pensare, come cantava Lucio Dalla, «Milano senza fortuna, mi porti con te sotto terra o sulla Luna». Ho trovato insomma un “centro” che, in una città che non è la tua, non è poco: ti solleva da quell’enorme responsabilità di dover cercare, soprattutto. Moltissimi pagano affitti spropositati perché sanno che trovare un’alternativa è un vero inferno.
Affitto a Milano: per gli studenti costa troppo vivere dove studiano
Per quanto io sia una privilegiata, credo però di subire ancora tante ingiustizie. Accade tutte le volte in cui pago prezzi assurdi per beni primari come la, carta igienica. O quando i miei sono costretti a sostenermi, nonostante io abbia un lavoro, anzi più di uno, da anni. Fa tendenza “accusare” Milano per tutto: inquinamento, carovita, sicurezza. Io non la difendo, ma solo perché non sono qui per accusarla. Che gli affitti siano sempre più alti non è un’accusa: è un fatto. Che gli studenti non possano permettersi di vivere in città mentre studiano è un fatto, e per quanto mi riguarda un fatto grave. So che il governo ha sbloccato 660 milioni di euro per nuovi posti letto da destinare ad alloggi universitari: mi sembra un passo avanti. Ma forse il problema va guardato, partendo da una domanda: stiamo facendo abbastanza per prenderci cura dei giovani?
3 domande per capire
Era il 2 maggio quando Ilaria Lamera, studentessa fuorisede, si è accampata in tenda davanti al Politecnico di Milano. Voleva denunciare la cifra folle dei suo affitto. Da allora sono spuntate tende ovunque, da Milano a Roma, da Bologna a Firenze, al motto di “Senza casa, senza futuro”. Analizziamo il fenomeno con l’economista Azzurra Rinaldi.
Perché la protesta è scoppiata adesso?
«È un mix esplosivo legato a molti fattori. In Italia la media degli stipendi non è aumentata negli ultimi 30 anni, anzi è diminuita e la recente inflazione ha drasticamente ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. Inoltre, è nata una nuova ondata di attivismo tra i giovani, iniziata con i Fridays for Future per l’ambiente e poi allargatasi ad altri ambiti del vivere sociale. Infine, un tema presente da almeno un, decennio nelle università: soprattutto, nelle grandi città come Milano e Roma, esiste un numero ridicolo di alloggi per gli studenti, e ora che si è tornati alle lezioni in presenza è più evidente».
In Italia 9,5 milioni di abitazioni sono vuote, dice l’Istat. Potrebbe essere una soluzione? «Certo, io vivo a Roma, una città piena di strutture dismesse, dello Stato o dell’esercito, che potrebbero essere destinate ai giovani. Far pagare una stanza 600 euro è antidemocratico, perché parliamo di diritto allo studio».
Dovremmo guardare all’estero? «Sì, penso a Francia e Germania, dove c’è una politica di attrazione dei giovani, che vengono ospitati in alloggi gratuiti con la collaborazione degli enti locali. Da noi solo chi è ricco può fare figli e mandarli all’università. I ragazzi fanno bene a protestare: serve una politica che guardi al futuro e investa soldi sul futuro».