Che cosa significa e da dove deriva la parola “incel”

Letteralmente la parola “incel” sta per “involuntary celibate”, ovvero involontariamente celibi, ed è oggi diventata tristemente conosciuta per via delle stragi commesse da giovani uomini che si riconoscevano in quella definizione. L’ultimo è stato il 25enne Alek Minassian, che lo scorso 23 aprile si è lanciato alla guida di un furgone contro la folla di Toronto, uccidendo 10 persone e ferendone altre 16. Minassian, canadese di origini armene, è uno studente del Seneca College iscritto al terzo anno di informatica: è stato arrestato dopo circa sette minuti dall’inizio del suo attacco, un tempo brevissimo che non gli ha impedito di compiere una strage.

La parola “incel”, in realtà, ha un’origine decisamente meno drammatica: è stata coniata infatti nel 1993, quando Alana, che ha scelto di non divulgare il suo cognome, oggi 43enne e allora studentessa della Carleton University di Ottawa, l’ha usata per la prima volta per creare un sito chiamato “Alana’s Involuntary Celibacy Project”. Il primitivo blog aveva lo scopo di raccogliere le esperienze personali di Alana, che sempre riscontrato difficoltà a intessere relazioni interpersonali, e di tutte quelle persone affette da quella che potremmo definire timidezza patologica al punto da essere soli, ma senza desiderarlo. Essere involontarimente celibe è ben diverso da essere single, e in molti casi presuppone la convinzione di essere rifiutati dagli “altri” per via del proprio aspetto fisico o di alcune connotazioni caratteriali.

In una recente intervista al Guardian, Alana ha dichiarato di essere molto dispiaciuta, e arrabbiata, che la parola da lei inventata sia diventata il grido di battaglia di tutti i misogni, sia online che (tragicamente) offline. «Non è una bella sensazione, mi sento come lo scienziato che ha messo a punto la fissazione nucleare e poi ha capito che con la sua scoperta ci costruivano le armi da guerra», ha detto.

Da Elliott Rodger a Jordan Peterson: l’ideologia incel

Secondo gli amici e i colleghi di corso, Minassian era un solitario e, poco prima di mettersi alla guida di quel furgone, aveva scritto su Facebook uno stato inneggiante a quella che ora viene chiamata “ideologia incel” e che ha il suo vate protettore nel 22enne Elliott Rodger. Nel 2014, Rodger ha ucciso 6 persone (e ne ha ferite alte 14) nel campus universitario di Isla Vista, a Santa Barbara, sparando a vista le ragazze che hanno avuto la sfortuna di trovarsi sulla sua strada. La sua era un vendetta mirata: le vittime predestinate, infatti, dovevano essere tutte le “hot blonde girls” (le belle ragazze bionde) che, a suo dire, non avevano fatto altro che rifiutarlo per tutta la vita al punto che, alla sua età, era ancora vergine.

Rodger è una figura centrale per il cosiddetto “movimento incel” – la parte più estremista di una community che sul web conta thread molto seguiti su forum come Reddit e siti specifici come love-shy.com e/o incels.me – non solo per il gesto estremo commesso, ma soprattutto per il materiale “di preparazione” che ha lasciato online. Un vero e proprio manifesto, in forma di video Youtube (alcuni registrati poco prima della strage), in cui ha spiegato le motivazioni dietro alla sparatoria di quel 23 maggio, da lui definito “retribution day”, il giorno della punizione. Nei video, Rodger è in macchina mentre spiega, alternando risate isteriche a deliri di onnipotenza, perché la causa di tutta la sua infelicità sono le donne, colpevoli a suo dire di preferire ragazzi stupidi ma popolari, a lui, che si definisce senza ironia “un gentleman supremo”.

Più recentemente, il professore di psicologia riciclatosi youtuber Jordan Peterson, di cui il New York Times ha redatto un ritratto tutt’altro che lusinghiero, ne è diventato il teorico di riferimento, almeno da quando ha iniziato a parlare di “monogamia forzata” e redistribuzione dell’energia sessuale all’interno della società. A proposito di Minassian, Peterson, che insegna all’Università di Toronto, ha infatti dichiarato: «era arrabbiato con Dio perché le donne lo rifiutavano. La cura per questo male è la monogamia forzata. A dirla tutta, questa è la ragione per cui la monogamia è nata [nella società umana, ndr]». È facile intuire perché queste sono idee pericolose, oltreché prive di alcun fondamento scientifico. Di fatto, deresponsabilizzano del tutto i comportamenti e le decisioni degli uomini e categorizzano le donne come involucri, corpi privi di autonomia decisionale, al punto da poter essere “ridistribuiti” per il mantenimento della stabilità sociale.

Il cuore del problema: la misoginia

È fondamentale, a questo punto del discorso, sottolineare una cosa: e cioè che non tutti gli “involontariamente celibi” sono potenziali terroristi o sociopatici. I motivi per cui una persona (un uomo, ma anche una donna) non riesce ad avere una vita sessuale attiva sono tantissimi e, il più delle volte, non hanno nulla a che fare con la convinzione di “meritare” il sesso da un’intera porzione del genere umano. Gli incel più estremisti, infatti, sono convinti che nessuna donna possa essere a sua volta incel, perché, secondo la loro distorta versione del mondo, una donna troverà sempre qualche uomo disposto a portarla a letto. Dietro a un celibato “forzato”, invece, possono esserci ben altre motivazioni: lo stato di salute, la provenienza etnica o la collocazione geografica, la capacità economica, infine la scelta personale.

Ecco perché molti analisti del fenomeno hanno sottolineato come, in realtà, al cuore del fenomeno incel non ci sia una richiesta di aiuto ma piuttosto una mal nascosta, e spesso violenta, forma di misoginia. Ad alcuni di loro non interessa migliorare la propria condizione, lavorando su se stessi e sul proprio rapporto con gli altri, né impegnarsi per abbattere tutte quelle barriere che nella nostra società rendono la vita sentimentale delle persone più difficile, soprattutto quando queste non si allineano a determinati standard. Non credono sia utile allargare gli ideali di bellezza e desiderabilità e neanche, più prosaicamente, che sia necessaria una maggiore tutela dei lavoratori del sesso.

L’odio verso le donne non è “celibato involontario”

Secondo gli incel radicali, tutte le conquiste ottenute dalle donne (come la lotta per l’uguaglianza salariale o le leggi a sostegno delle vittime di violenza) sono una minaccia per la stabilità sociale, la bellezza naturale è l’unica cosa che conta mentre il make-up è considerato una truffa e un modo meschino di mettersi in mostra. Circolano molto online complicate tabelle di classificazione (qui raccontate da Racked) della bellezza femminile: sul podio ci sono le ragazze bionde, magre ed eterosessuali, che rispecchiano più o meno lo stereotipo della ragazza popolare americana, più in basso le ragazze di altre etnie, quelle non magre e/o convenzionalmente attraenti.

Questo tipo di uomini non può essere definito “solitario”, perché non è interessato realmente alla compagnia di qualcuno, ma è frustato perché vorrebbe possedere, come fossero oggetti, tutte le ragazze più belle che gli capita di incontrare. L’anonimato che internet garantisce ha contribuito a rendere ancora più virulenti i post degli incel più arrabbiati e a fomentare un clima di misoginia che, a ben vedere, investe oggi le community più disparate. Basti pensare a quella del gaming (chi gioca ai videogiochi online e si riprende) o ai commenti che si possono leggere sotto articoli considerati “sensibili”, che riguardano celebrity, donne di potere oppure casi di cronaca molto discussi (spesso di stupro).

Come ha scritto Catherine Bennett sul Guardian, l’odio verso le donne non è confinato ai troll di internet, al contrario è qualcosa di profondamente radicato nella nostra società: per questo è importante riconoscerlo in tutte le sue forme e individuare chi e cosa permette a questo tipo di atteggiamento di proliferare. L’ideologia incel può sembrare per estremisti e personalità borderline, ma è proprio nel calderone del sessismo che, prima o poi, qualcosa finisce per trasformarsi in femminicidio. Ed è lì che bisogna agire.