«Svela l’indicibile che c’è in un maschio», secondo Roberto Moliterni
Quando ho capito che non mi piacciono le poesie, tranne quelle di Neruda, perché parlano di sesso e non di languidi sentimenti o fiori appassiti fra le pagine di un libro. Quando voglio fare l’amore in un certo modo, cioè possibilmente sfasciando tutto. Quando ho dovuto scegliere una racchetta e, invece di ascoltare l’insegnante di tennis, che me ne consigliava una leggera e precisa, ho preferito comprare quella di Andy Roddick, in pratica una clava, che però mi avrebbe regalato un dritto devastante. Non ho mai vinto una partita, m’importava solo che, durante il gioco, uscissero dei dritti che mi facessero sentire potente. Ho pensato a tutti questi “quando” mentre leggevo “L’animale che mi porto dentro” di Francesco Piccolo: è l’autobiografia, reale o immaginaria non importa, di un maschio meridionale che fa i conti con il suo essere maschio meridionale. Ma forse non solo meridionale. Mentre leggevo, ho pensato spesso al film svedese “The Square” del 2017. Il protagonista, un uomo acculturato, curatore di un museo d’arte contemporanea, fa sesso in modo molto tecnico con una donna, e questa donna, immediatamente dopo, va a chiedergli il preservativo perché vuole buttarlo, ma lui si rifiuta; lei non si arrende, gli porta il cestino: vuole sbarazzarsi delle tracce di animalità che ci sono state fra loro, mentre lui, no, vuole trattenerle e ripete, in modo infantile, a tratti comico, «Questo è mio». Anche un uomo acculturato, molto del Nord, non vuole rinunciare alla propria virilità, all’ultimo brandello di animalità. Nel suo ultimo romanzo Francesco Piccolo ci dice che ogni maschio contemporaneo è combattuto fra l’essere civile, evoluto, sensibile e l’animale che si porta dentro, fra quello che la cultura gli ha insegnato, e quello che la natura, o le generazioni precedenti di maschi, hanno imposto. E io voglio un po’ bene a Piccolo, nel senso che gli sono grato, perché svela l’indicibile che c’è in un maschio e rende più semplice a me, e a tutti i maschi, ammettere che anche noi in fondo siamo così: ci aiuta a farci conoscere senza giudizio. E se, a volte, tutti – uomini e donne – ci dicessimo un po’ più l’indicibile, forse stare al mondo, o persino cambiare, sarebbe più semplice. La letteratura serve anche a questo, a svelare l’indicibile.
«Ci insegna a leggere tra le righe di comportamenti contraddittori», secondo Daniela Collu
Quanti sono gli animali che si porta dentro un uomo? Francesco Piccolo ne individua diversi, a seconda delle fasi della vita, ma basta aver avuto un padre, un fratello o un fidanzato per riconoscere un intero zoo di istinti mal celati, soffocati, addomesticati. Cosa accadrebbe se liberassimo queste “bestioline” dal gioco delle parti, se gli uomini mostrassero la loro indole naturale, la loro wilderness senza sovrastrutture? Ci si aspetterebbe un tripudio di istinti primordiali e mammiferi in calore. E invece io penso che vedremmo molto altro. Li vedremmo piangere ed essere teneri, per esempio, senza la vergogna di essere meno maschi; potrebbero vivere il sesso mettendo da parte il gusto della performance di chi è cresciuto negli spogliatoi maschili a fare a gara a chi ce l’ha più lungo; riuscirebbero, chissà, a guardare le donne trovando qualcosa di più della loro madre o della prossima preda. Potrebbero addirittura aggiustare una mensola senza fare necessariamente la ruota del pavone, o confrontarsi sul lavoro abbandonando quel senso della conquista del territorio che manco in Game of Thrones. Potrebbero avere a che fare con il fallimento senza distruggere tutto come i bambini alle prese con un puzzle; sarebbero liberi di sentirsi persi, fragili, soli, e non dovrebbero fingere di fronte a un branco di altri persi, fragili, soli (e bugiardi) come loro. Forse saremmo tutti più liberi e spontanei, il nostro slalom femminile tra il maschio ancestrale e l’uomo civilizzato sarebbe più facile, e anche loro risparmierebbero una discreta faticaccia. Perché lo sforzo, dice Francesco Piccolo, è «rintracciare il rapporto tra quello che ti hanno imposto di essere e quello che hai cercato di essere». E noi donne ci lamentiamo tanto delle gabbie sociali che ci hanno imposto negli anni? Almeno noi le abbiamo subìte, loro se le sono autoimposte in nome di chissà quale virilità da proteggere! È un buon trattato di etologia il libro di Piccolo, ci insegna a leggere tra le righe di comportamenti contraddittori e a prima vista immotivati, e forse è lì che troveremo i maschi di oggi: eternamente combattuti tra un “Va’ dove ti porta il cuore” e un “Comportati da uomo”.
Il romanzo da leggere
Nel libro “L’animale che mi porto dentro” (Einaudi editore) Francesco Piccolo mostra le contraddizioni del maschio di oggi. Il protagonista ricorda emozioni, amori, relazioni del passato. E, episodio dopo episodio, porta allo scoperto il bisogno di sentirsi parte del “branco”, il desiderio di vivere “una virilità disordinata, ribelle, brutale”. A dispetto dell’uomo educato e sensibile che ha sempre pensato di essere.