L’attrice Francesca Neri non lavora più dal 2015 per le difficoltà legate alla sua malattia che, scopriamo in questi giorni, è la cistite interstiziale. L’attrice lo ha rivelato in un’intervista a Verissimo, preceduta da un’altra intervista del marito e da un articolo sul Corriere della Sera, dove non era chiaro di che problema si trattasse.
Ce ne siamo occupati anche noi, sulla scia di un grande shock collettivo, per tentare di fare chiarezza. Negli stessi giorni l’attrice pubblicava un’autobiografia, Come carne viva (Rizzoli) in cui racconta anche della malattia (oltre che della fibromialgia) e di questi ultimi anni di grave difficoltà, proprio a causa della cistite interstiziale
Il coming out dell’attrice in tv ha creato paura e sconforto
Ma raccontare in tv di soffrire di un disturbo raro e invalidante come la cistite interstiziale può rivelarsi un boomerang. Ne è convinto il professor Mauro Cervigni, presidente della ESSIC, la società scientifica che detta a livello mondiale indicazioni per la diagnosi e la cura del disturbo. Di malattie rare come questa infiammazione cronica della vescica è doveroso parlare. Può aiutare chi ne soffre a riconoscersi e accelerare diagnosi spesso difficili. Ma il coming out di Francesca Neri, le interviste in cui l’attrice ha rivelato di aver sofferto di «un dolore fisico enorme» e di aver «pensato al suicidio», secondo il professore rischiano di alimentare paura, sconforto e panico in chi le ascolta.
La cistite interstiziale è una malattia rara
Per fare chiarezza sul disturbo partiamo dalle cifre allora. Le stime parlano di 1,9 diagnosi ogni 10mila persone. «Sono numeri che devono confortarci, come sapere che, se ben diagnosticata, con questa patologia si può convivere» spiega il professor Cervigni. «Oggi chi ne soffre, e nel 70 per cento dei casi parliamo di donne, riceve una diagnosi con un ritardo di 5-10 anni e vede in media 7 specialisti tra urologi e ginecologi. Con i nuovi indirizzi terapeutici, i pazienti, se trattati adeguatamente, non guariscono ma hanno una buona qualità di vita. Si può tornare al lavoro, incontrare persone, riavere un’intimità con il partner». Le parole del professore smorzano un po’ il clamore, e anche l’alone di mistero nato intorno a questa patologia, che è poco conosciuta anche tra i medici
Le cause sono ancora incerte
«È una malattia multifattoriale, dalle origini ancora incerte, quindi si parla piuttosto di sindrome» precisa l’esperto. «Alla base ci possono essere infezioni, raramente batteriche e talvolta virali come quella da Papilloma virus, frequente soprattutto nelle giovani. Ma possono avere un ruolo importante anche un trauma fisico o chirurgico e perfino di tipo emotivo. Recentemente sta prendendo piede l’ipotesi di una disfunzione della mucosa che riveste internamente la vescica: lo strato protettivo di mucopolisaccaridi, di cui l’acido ialuronico è l’elemento più importante, si assottiglierebbe e in alcuni casi scomparirebbe. E così le sostanze tossiche presenti nelle urine, penetrando attraverso la mucosa, infiammerebbero la parete vescicale» .
I sintomi e gli esami giusti da fare
Ma come si scopre? I sintomi iniziali sono gli stessi di una normale cistite. L’unica differenza è che allo stimolo frequente a urinare e al dolore mentre si fa pipì può aggiungersi un senso di pressione addominale. Quando però si hanno attacchi ripetuti nell’arco di sei, otto mesi che non passano con l’antibiotico e l’urinocoltura è negativa, si può sospettare una cistite interstiziale. «Dopo aver escluso la cistite batterica e altre malattie più importanti come i tumori, l’endometrosi pelvica nella donna o la prostatite cronica nell’uomo, ci si concentra sulla vescica con test clinici specifici, a partire dall’esame urodinamico, una sorta di elettrocardiogramma vescicale che mostra come funziona questo organo» spiega il professor Cervigni. «Spesso infatti per via del dolore la vescica è troppo contratta e la sua capacità diventa ridotta: se normalmente è tra i 400 e i 600 cc, può arrivare a ridursi fino a 50 cc, pari a una tazzina di caffè. Per questo c’è l’urgenza di svuotarla di continuo, operazione che a sua volta crea altra sofferenza perché il pavimento pelvico, dolorante, non si può rilassare. Si può arrivare a urinare perfino 30-40 volte nell’arco della giornata». Un altro esame di grande aiuto è la cistoscopia, cioè l’inserimento attraverso l’uretra di un tubicino con in cima una telecamera per visualizzare la vescica. «Viene effettuato in sedazione perché da svegli molto spesso non si possono vedere i segni della malattia. Mentre il paziente è addormentato, invece, la vescica viene riempita al massimo e quindi svuotata: così si possono osservare sanguinamenti o addirittura vere e proprie ulcere al suo interno».
Il farmaco e le altre terapie
Le cure sono in continua evoluzione e sicuramente non ce n’è una valida per tutti i casi. «Attualmente l’unico farmaco specifico per questa patologia è il PPS (pentosanpolisolfato)» spiega il professor Cervigni. «Ma si sono rivelati efficaci anche degli integratori a base di acido ialuronico (che si può anche inserire direttamente in vescica con una sottile cannula), quercetina, acido alfalipoico e curcuma che, agendo sul microcircolo, riducono l’infiammazione e quindi il dolore. Sono stati eseguiti anche studi clinici molto promettenti sulla PEA, un cannabinoide prodotto dall’organismo con proprietà antinfiammatorie, e sull’aloe: estratta a freddo dalla pianta originale, agirebbe sempre sul microcircolo della parete vescicale».
La terapia del dolore e gli esercizi
Queste cure devono essere accompagnate, soprattutto all’inizio, dalla terapia del dolore. «Al primo posto c’è l’amitriptilina, farmaco molto diffuso tra gli antidepressivi. Questi, oltre a risollevare l’umore, riescono a bloccare i recettori del dolore e a ridurre il livello delle sostanze pro-infiammatorie » aggiunge il professor Cervigni, che sottolinea il ruolo della fisioterapia del pavimento pelvico, oggi molto in voga. «Gli esercizi devono essere però di rilassamento e non di contrazione. In genere queste terapie si fanno per trattare l’incontinenza urinaria e il prolasso, ma chi soffre di cistite intestiziale ha il problema opposto, cioè l’ipertono, una contrazione eccessiva del pavimento pelvico dovuta al dolore. Occorre quindi praticare esercizi e tecniche di rilassamento specifici, come yoga mirato e streching profondo» conclude l’esperto.
A chi chiedere aiuto
Per avere informazioni sulla malattia e per trovare i centri specializzati puoi rivolgerti all’AICI-onlus, Associazione Italiana Cistite interstiziale, aicionlus.org.