Prima le alluvioni in Germania e Belgio, seguite da quelle in Cina; poi le “bombe d’acqua” nel nord Italia che hanno portato ad allagamenti, infine i roghi in Sardegna: fin dove è colpa del clima o del meteo più o meno impazzito e dove invece c’è una responsabilità diretta dell’uomo sulle gestione del territorio?
Riscaldamento globale ma non solo
Gli esperti avvertono da tempo delle conseguenze del surriscaldamento globale e la sensibilità nei confronti dell’impatto delle attività umane è cresciuta negli anni, anche grazie a movimenti come i Fridays for Future lanciati dalla giovane attivista Greta Thumberg. Ma attribuire la responsabilità al clima non basta da solo a spiegare alcuni fenomeni, anche molto recenti. Ad esserne convinti sono molti esperti, come il climatologo Massimiliano Fazzini, responsabile del gruppo sui cambiamenti climatici della Sigea, la Società italiana di geologia ambientale e docente all’università di Chieti.
Su alluvioni e clima abbiamo la memoria corta
«Partiamo da un presupposto: è provato che la mente umana è riluttante a ricordare eventi meteo importanti. Accade spesso che un temporale, anche molto forte, accaduto un anno prima, sia dimenticato. La prima conseguenza è che, quando si verifica nuovamente un anno dopo ci sembra il più forte che abbiamo osservato. È appunto una premessa doverosa, per capire che la percezione dei fenomeni è anche molto influenzata da fattori emotivi, psicologici e ambientali-culturali. Oggi, infatti, disponiamo di un’informazione molto presente, costante, che tende a porre attenzione su fenomeni attuali, facendoci dimenticare rapidamente quelli passati. Questo, però, non significa che qualcosa stia cambiando, tutt’altro» spiega il climatologo.
Il clima sta cambiando
«Le evidenze scientifiche ci dicono, comunque, che il clima sta cambiando: l’aumento della temperatura degli ultimi 30 anni è continuo a importante, così come è dimostrato che l’instabilità dell’atmosfera è sempre più elevata. Quest’ultimo fenomeno ormai non riguarda più neppure l’estate, ossia la stagione dei temporali anche di una certa intensità, ma anche la primavera e l’autunno» spiega l’esperto.
Nel giro di poche settimane abbiamo assistito a una serie di eventi che hanno attirato l’attenzione dei media: all’estero le alluvioni in Germania e Belgio hanno causato circa 220 vittime e oltre 150 persone risultano tuttora disperse. In Cina le inondazioni che hanno colpito la provincia centrale cinese dell’Henan, e soprattutto il capoluogo Zhengzhou, hanno causato circa 70 morti. A questi episodi avvenuti all’estero si sono aggiunti violenti temporali e grandinate anche nel nord Italia, che hanno provocato allagamenti. Si tratta di una coincidenza o questi fenomeni estremi stanno aumentando?
Ma quando è “vero” cambiamento?
«Dal punto di vista scientifico non abbiamo dati che questi eventi estremi, eccezionali, siano assolutamente dipendenti dal cambiamento climatico. Ciò che conta, nella scienza e nello studio del clima, sono le variabilità statistiche di certi fenomeni: il semplice fatto che accadano episodi diversi in zone differenti tra loro, seppure importanti, non permette di affermare che siano collegati tra loro. Ciò che conta è che i fenomeni siano aumentati in modo consistente: se per esempio, 10 anni fa erano 10 in una zona e oggi sono 100, allora qualcosa è cambiato. Insomma bisogna ragionare sul lungo periodo oppure sull’intensità» dice l’esperto dell’Università di Chieti.
Fenomeni più intensi
Un parametro da tenere in considerazione è l’intensità dei fenomeni, in termini numerici oggettivi: «Se vogliamo essere scientificamente seri, quando si verificano le piogge occorre misurare i quantitativi, non la nostra percezione. È capitato anche a me, di recente, in occasione di un temporale violento a cui si è unita una grandinata. Alla misurazione reale erano appena 20mm in 30 minuti, cioè un quantitativo che si era verificato anche 3 o 4 volte all’anno in passato» chiarisce l’esperto.
Nel caso della Germania, si è parlato di “catastrofe” e di peggior evento meteorologico degli ultimi 30 anni. In effetti gli esperti hanno riferito di 250 mm di acqua caduti in 3 giorni, cioè il quantitativo di piogge che normalmente si registrano in 3 mesi. Gli effetti della precipitazione, però, sono stati amplificati anche dall’azione diretta dell’uomo.
Quanto c’entrano cementificazione e urbanizzazione
Come hanno mostrato le immagini delle tv tedesche, in molti casi le abitazioni travolte dalla furia delle acque erano state costruite a ridosso degli argini di fiumi, come il Reno. Lo stesso è accaduto più volte anche in Italia e casi clamorosi si ricordano anche in anni più lontani, come le tragedie del Polesine (1951) di Sarno (1998) o, più di recente, di Genova e delle Cinque Terre (2014). «È chiaro che se all’intensità dei fenomeni si aggiunge il fatto di aver costruito dove non si doveva, come lungo gli argini dei fiumi, si pone un altro problema, che riguarda le azioni dirette e immediate dell’uomo, spesso sciagurate. È quanto accade anche con i recenti incendi in Sardegna» commenta l’esperto.
Gli incendi dolosi in Sardegna
Se è indubbio che la temperatura globale è in crescita, infatti, i roghi in Sardegna sono invece responsabilità diretta dell’uomo: «In questo caso parliamo di azioni dolose, per interessi privati o di poca gente, che finiscono per cancellare ettari di boschi e vegetazione. Non è concepibile e questo esula dal cambiamento climatico anche perché le condizioni meteoclimatiche in Sardegna in questi giorni non sono estreme, ma del tutto normali per il periodo: c’è aria calda, secca, con vento di maestrale che è quello dominante sull’isola, ma non si è verificata nessuna estremizzazione climatica. Il vento soffia a 30/40 km orari, che sono consueti, e le temperature intorno a 30 gradi sono in media con il periodo» conclude il climatologo della Società italiana di geologia ambientale.