Il 23 settembre presso la sede dell’Onu, a New York City, si terrà il Climate Summit, con le Nazioni Unite impegnate per fare il punto sul cambiamento climatico, sulle azioni da intraprendere e i programmi da sviluppare per contrastare l’impatto dell’uomo sul clima, con proposte raccolte da tutti gli Stati.
Intanto, fuori, sfilano le manifestazioni studentesche che rilanciano l’appello dell’attivista svedese sedicenne Greta Thumberg: salvate il nostro futuro.
La giornata aperta ai giovani
Sulla carta, le intenzioni dei governi sono molto nobili. Nella realtà, ancora difficili da applicare. E proprio questa difficoltà ha scatenato i movimenti dei giovani di tutto il mondo, sull’onda dell’iniziativa di Greta. La Thunberg ha raggiunto New York a fine estate in barca a vela, attraversando l’Atlantico assieme a Pierre Casiraghi, per essere presente al summit “young” del 21 settembre, la giornata in cui i giovani attivisti si riuniranno per elaborare proposte da discutere all’assemblea generale il 23. Un viaggio dimostrativo sul Malizia II, yacht a emissioni zero del nobile monegasco, per non prendere l’aereo e non consumare anidride carbonica. Tutto bene, a parte lo scivolone d’immagine causato da un portavoce del co-skipper tedesco Boris Herrmann, che ha riferito alla stampa tedesca che diverse persone voleranno a New York per riportare l’imbarcazione in Europa, vanificando lo sforzo dell’andata.
Al summit dei giovani c’è anche una italiana
Da quando Greta ha iniziato gli “scioperi del venerdì” per il clima, in Svezia, nell’agosto 2018, la sua battaglia è diventata quella di una intera generazione. L’organizzazione Fridays for future, supportata anche dal WWF, prevede circa 2400 eventi in tutto il mondo durante la settimana del Climate Summit di New York, dal 20 al 27 settembre. Il culmine proprio il 21, quando al fianco di Greta e degli altri giovani attivisti siederà anche Federica Gasbarro, 24enne aquilana trapiantata a Roma, studentessa di scienze biologiche e unica italiana presente.
«Mi sono avvicinata al movimento poco dopo la sua nascita», ci spiega Federica mentre prepara le valigie, «ci ho pensato tra settembre 2018 e gennaio scorso, a febbraio ho preso una decisione. Non mi ero mai messa in gioco direttamente. Pensavo di poter dare un contributo nella battaglia per l’ambiente, ma dal laboratorio, come scienziata. Poi ho sentito parlare Greta, il suo mi è sembrato un movimento che riconosceva l’ambiente come patrimonio di tutti. Ci ho trovato ogni tipo di persona e, anche se resta un movimento giovanile, gli adulti danno il loro contributo – infatti sono nati anche i gruppi ParentsForFuture. Hanno affiancato noi giovani e continuano a sostenerci».
La proposta italiana al summit dei giovani
Federica spiega di voler portare una proposta per la riduzione dell’anidride carbonica in atmosfera: «Un progetto per depurare l’aria inquinata attraverso i fotobioreattori: sono microalghe che producono nutrienti e che oggi vengono sfruttate dalle industrie farmaceutiche. Hanno la capacità di assorbire anidride carbonica e produrre ossigeno. In un anno assorbono 150 volte più CO2 degli alberi. Nel dettaglio, quelli che propongo io sono impianti alti due metri, da collocare in luoghi inquinati per depurare l’aria di una città». La giovane attivista italiana sta per scrivere un libro: «Raccoglierà le esperienze di tutti gli ultimi mesi della mia vita, in una prima parte autobiografica, e avrà anche una parte dedicata alla divulgazione scientifica».
A che punto sono le politiche salva-pianeta?
Torniamo alla scienza: quali sono i temi in discussione al Climate Summit? Ricordiamo tutti la Cop21, la storica conferenza tenutasi a Parigi nel 2015 che ha fatto da spartiacque e prevedeva una serie di interventi e azioni proprio in questa ottica. Semplificando, l’incontro all’Onu mira a verificare come i Paesi stanno portando avanti quei programmi. Dentro quei punti programmatici (siglati da 190 Paesi, ma mai ratificati dagli Usa, che potrebbero uscire del tutto nel 2020) ci sono il limite all’innalzamento della temperatura nel prossimo secolo (non oltre i 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali), la transizione alle fonti di energia rinnovabili, la caccia alle risorse finanziarie da usare per decarbonizzare l’industria, l’applicazione più ampia del concetto di sostenibilità a settori come l’agricoltura e l’industria stessa, con l’utilizzo efficiente e rispettoso delle risorse naturali e il rispetto della biodiversità.
“Mitigamento” e “adattamento” sono le parole chiave per il clima
Tutte le azioni da mettere in campo per aiutare i Paesi meno sviluppati ad adeguarsi costerebbero 100 miliardi di dollari l’anno. Due i pilastri del programma mondiale. Il primo è il mitigamento – ossia tutte quelle azioni che mirano a inquinare di meno, a riciclare, a ridurre il consumo di risorse, a deforestare in modo sostenibile. Il secondo è l’adattamento, ossia le azioni di contrasto agli effetti più gravi del cambiamento climatico. Parliamo di soluzioni come dipingere di bianco strade e tetti delle abitazioni per un migliore termo-regolazione, o costruire infrastrutture cittadine smart che sappiano resistere ai fenomeni atmosferici più violenti, o ancora sistemi di allerta precoce per salvare più vite possibili in caso di disastro. Su questo ha posto l’accento, di recente, un gruppo di pressione, la Global Commission Adaptation, guidato dall’ex Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, del fondatore della Microsoft Bill Gates e da Kristalina Georgieva, direttrice generale della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Il rapporto della Commissione propone investimenti per 1,8 trilioni di dollari (sono mille e ottocento miliardi, ndr) a livello globale dal 2020 al 2030, e sostiene che potrebbero generare 7,1 trilioni in benefici.
Tornando agli obiettivi del primo punto – il mitigamento – ci sono evidentissime difficoltà: gli Stati Uniti, che come detto non hanno ratificato gli accordi della Cop21 per volontà del presidente Donald Trump, noto fan del carbone, sono in testa al gruppo di Paesi scettici sul tema del climate change. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro è su quella linea e non ha voluto ospitare in Brasile la prossima conferenza annuale sul tema (che infatti si terrà in Cile, in dicembre). La verità è che ci si scontra sui dati dei report scientifici e, in parallelo, sui finanziamenti per le attività necessarie a sostenere le politiche pro clima, spezzettati e insufficienti rispetto al fabbisogno. E intanto il pianeta non aspetta.