Era il 1996 quando, prima tra i mammiferi, fu clonata la pecora Dolly. In questi quasi 30 anni sono nate copie genetiche di bovini, ovini, suini, cammelli, cani (il primo in Corea del Sud nel 2005) e perfino di un furetto del Nordamerica (accolto come soluzione agli animali in via d’estinzione). Ora le opportunità – e le richieste – aumentano, e si allargano ai pet.

Il fenomeno delle cliniche per clonare gli animali

Perdere il proprio cane o gatto è infatti un dolore straziante, lo sanno bene tutti coloro che lo hanno vissuto e c’è chi per affrontarlo e superarlo si affida anche a questi sviluppi, dibattuti, della scienza. Barbra Streisand nel 2018 per stringere tra le braccia due cuccioli clonati della sua Samantha, un Coton de Tuléar morta a 14 anni, si è rivolta alla clinica texana ViasGen, una delle strutture che in giro per il mondo praticano la clonazione di animali. Ce ne sono altre, dalla Corea alla Cina, e ora una anche in Europa: a Marbella, in Andalusia, da circa un anno è attiva Ovoclone.

A fronte di una spesa di 55.000 euro per un cane e 50.000 per un gatto, si possono conservare a tempo indeterminato le cellule dei propri amici a 4 zampe per poi dare vita a cuccioli geneticamente identici all’originale. Un’aberrazione per alcuni, «un’opzione per tutti quelli che ne fanno richiesta» secondo Enrique Criado Scholz, Ceo del Gruppo Ovo (di cui fanno parte Ovoclinic, cliniche di riproduzione assistita, e Ovobank, la prima banca di gameti europea). Da embriologo ha lavorato all’istituto Humanitas di Milano e negli States, prima di far ritorno in Spagna dov’è nato 47 anni fa.

Ovoclone: la clinica in Spagna

«Al momento abbiamo un centinaio di clienti che saranno presto qualche migliaio, perché la domanda è in crescita e perché in pochi anni la tecnologia permetterà di limitarne il costo». Dopo essersi reso conto che le tecniche di riproduzione assistita per gli esseri umani e per gli animali sono simili, «nel 2020 ho aperto Ovohorse in cui, con un team di veterinari e scienziati, ci occupiamo di riproduzione e clonazione equina». I cavalli clonati, infatti, già da qualche anno sono accettati nelle competizioni ippiche e dal 2012 partecipano anche ai Giochi Olimpici.

«Subito dopo ci sono arrivate richieste per la clonazione di cani e gatti. Così abbiamo inaugurato Ovoclone, anche se in realtà non promuoviamo la clonazione tout court, bensì suggeriamo ai proprietari di crioconservare la linea genetica dei loro beniamini (per 3.000 euro iniziali e 150 euro all’anno di mantenimento, ndr) in attesa che, nel giro di 3-4 anni, la clonazione costi meno». Dando anche il tempo al proprietario di valutare cosa fare. «Capita che ci chiamino disperati il giorno dopo la morte dei loro pet, ma a quel punto non si può più intervenire». Al momento i laboratori Ovoclone hanno fatto nascere 5 cuccioli cloni – «siamo appena gli inizi» precisa Criado Scholz – e altrettanti sono in gestazione. «Il processo inizia con una piccola biopsia. Il veterinario prende un pezzetto di pelle dell’animale, da cui noi poi preleviamo le cellule che servono alla riproduzione» spiega il Ceo.

Clonare animali domestici: come funziona

Il business della clonazione si è sviluppato grazie alla scoperta che la sequenza del Dna è identica in ogni tipo di cellule del corpo. Tutti i cloni sono concepiti sostituendo il nucleo di un ovulo non fecondato con il nucleo di una cellula del corpo (detta somatica) dell’animale che s’intende “duplicare”. L’embrione così ottenuto viene poi impiantato nell’utero della “madre surrogata” che partorirà il cucciolo. Chiariamo: l’idea di clonare gli animali d’affezione fa pensare spesso a una scelta poco etica e azzardata. L’associazione animalista Peta, per esempio, parla di una a di «moda crudele per fare soldi».

Criado Scholz, lui stesso affezionato padrone di un pastore tedesco, risponde stenendo che «gli animali coinvolti non soffrono minimamente. Per quanto riguarda il guadagnare sul dolore dei proprietari, questi ultimi sanno bene che con la clonazione non avranno indietro il cane di prima, perché ogni essere vivente è unico. Sarà semplicemente un suo gemello genetico».

Questione carattere: sarà lo stesso?

Come sarà allora il suo carattere, che non è determinato dai cromosomi? «Molto probabilmente, se un clone viene allevato nello stesso ambiente e con lo stesso tipo di educazione dell’originale, si comporterà quasi nello stesso modo» dice Criado Scholz. Impossibile, però, chiederlo a chi ha già fatto quest’esperienza. «Firmiamo accordi di riservatezza strettissimi» precisa «ma posso assicurare che una nostra cliente italiana non vede l’ora di abbracciare il suo cucciolo. Abbiamo infatti da poco effettuato il trasferimento degli embrioni, sapremo presto se la madre surrogata è incinta e potremo raccontarlo pubblicamente».

Clonare animali domestici: le testimonianze

Online si trovano varie testimonianze. Un poliziotto americano in pensione ha saputo di poter clonare la sua Princess, un meticcio tra un Shih Tzu e un Lhasa Apso, pochi minuti prima che il veterinario la operasse per un cancro. Sono poi nati due cloni indistinguibili l’uno dall’altro. Anche il cane lupo Willow (star di Instagram come @Wander_With_Willow) è stato “duplicato” dopo che, a 2 anni, è stato investito da un’auto scappando dalle mani del dog sitter. Di fronte al rischio di queste perdite improvvise entrano in campo anche le assicurazioni.

La compagnia Wallife prevede, per esempio, un prodotto su misura. «Con quasi 16 milioni di animali domestici in Italia e un’incidenza del 20% di decessi causati da incidenti, proponiamo la polizza “Pet Lover”. Gli assicurati, versando un premio tra i 30 e i 60 euro al mese, possono scegliere tra diverse opzioni d’indennizzo: il rimborso per l’acquisto di un nuovo animale, il supporto a organizzazioni per la protezione degli animali fino alla clonazione» spiega Maria Enrica Angelone, presidente della compagnia.

Resta un dubbio: si tratta di soluzioni lungimiranti o manie da ricchi? E si aggiunge un’altra cruciale domanda: perché duplicare un animale, che pure abbiamo tanto amato, invece di adottare uno dei tanti abbandonati?