Oggi ai propri figli si può dare anche il cognome materno. Ma nella pratica, avviene veramente? La riforma del cognome, di fatto, è attuata?

La sentenza della Corte Costituzionale viene applicata?

La sentenza 131 del 2022, con cui la Corte Costituzionale dichiarò illegittima l’attribuzione automatica del solo cognome paterno, è legge, ma nella pratica non viene applicata. Molte persone non ne conoscono neanche l’esistenza perché di fatto i Comuni, mancando di linee guida per attuarla, fanno fatica anche a comunicarla ai cittadini. E così procedono a tentoni, contando più sul buon senso e la buona volontà degli amministratori e dei dipendenti che su indicazioni del Governo. Di fatto oggi è ancora il padre l’attore della denuncia e i Comuni, alla nascita, non hanno un modulo in cui entrambi i genitori possano operare la scelta o, almeno, il padre dichiari di farla anche con la responsabilità della madre. Lo stereotipo del padre che trasmette il proprio cognome alla discendenza, insomma, è ancora molto forte.

Che significato ha questa sentenza?

Eppure la portata storica di questa sentenza è enorme, come ci spiega Rosanna Oliva De Conciliis, presidente onoraria della Rete per la parità. «La sentenza 131 è stata il culmine di una battaglia durata 40 anni, iniziata nel 1960 con la famosa sentenza nata dal nostro ricorso che aprì alle donne le principali carriere pubbliche. Poi nel 1975 arrivò la riforma del diritto di famiglia, quindi la cancellazione delle norme sull’adulterio femminile e di quelle sulla punizione dell’aborto. Il problema è che le sentenze della Corte Costituzionale sono legge, ma poi bisogna tradurle in pratica». Senza contare, comunque, che una vera e propria legge ancora oggi non esiste. «Questa sentenza invitava il Parlamento a legiferare, ma la risposta è stata una silenziosa inerzia, a cui si è aggiunta quella ancora più grave della crisi di Governo. Uno stallo totale. Ci sono ben sei disegni di legge depositati tra Camera e Senato, ma oggi queste proposte non valgono più».

Come si registra il doppio cognome?

Se è vero che una legge non c’è, però abbiamo la sentenza, che ha la sua forza. Quindi oggi come funziona l’aggiunta del cognome materno? È possibile farlo? Come? I Comuni si muovono a macchia di leopardo. Purtroppo, come ormai sempre più spesso in Italia, la differenza la fa il posto in cui si nasce, per caso o per calcolo. Milano è diventato un punto di riferimento nazionale. «A Milano finora hanno chiesto l’aggiunta del cognome della mamma tra le 120 e le 150 coppie, e il Comune ha provveduto alla registrazione» racconta Fabrizio Donatiello, dirigente dell’Ufficio cambio nome e cognome alla Prefettura di Milano. Perché la Prefettura? «La registrazione del nuovo nato, come sempre, si svolge in Comune dove – se i funzionari sono preparati e attenti – viene chiesto ai genitori quale sia la loro scelta che, poi, viene comunicata alla Prefettura».

Come si fa ad aggiungere il cognome materno da adulti?

Chi invece vuole aggiungere il cognome della mamma da adulto, deve rivolgersi direttamente alla Prefettura dove, fatti i dovuti controlli, si potrà procedere alla modifica. Il problema è che mancano delle linee guida da parte del Ministero dell’Interno (da cui dipende la prefettura), per cui in certi Comuni la procedura è già in fase avanzata, in altri no».

Si deve compilare un modulo speciale?

A Pavia e Lodi esiste già un modulo con le dichiarazioni di volontà comune e l’ordine dei cognomi scelto, ma restano esempi isolati, sicuramente modelli pilota a cui ispirarsi. Oggi, quindi, se una persona vuole aggiungere il doppio cognome del nuovo nato/a in comune, deve poter contare su una buona dose di fortuna, trovare cioè un funzionario preparato e disponibile e un’amministrazione sensibile al tema ed efficiente.

Qual è l’ordine dei cognomi? Chi lo decide?

Ma una disciplina univoca occorre anche per evitare confusione quando non ci sono indicazioni chiare da parte dei genitori. Spiega sempre il dottor Donatiello: «Per esempio qual è l’ordine dei cognomi? Alfabetico? O prima il padre e poi la madre? Chi lo decide? In Spagna, per esempio, se i genitori non si mettono d’accordo sull’ordine dei cognomi, per legge decide il funzionario dell’anagrafe. Non è così raro trovare coppie “confuse”, per esempio con fratelli dai cognomi diversi. Un figlio potrebbe prendere il cognome prima del padre e poi della madre, l’altro figlio prima della madre e poi del padre, il terzo solo della madre. E inoltre, come ci si regola con chi ha tre nomi e quattro cognomi? Si rischia di moltiplicare all’infinito i cognomi, a ogni generazione». Non sono dispute da niente ma scelte basilari, da cui dipende poi la vita delle persone.

Perché questa possibilità si conosce così poco?

Insomma, occorrerebbero indicazioni precise da parte del Ministero dell’Interno, e per questo i sindaci si lamentano. Parla per tutti Maria Terranova, presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e sindaca di Termini Imerese (Palermo). «La parità effettiva dei genitori oggi non esiste e la sentenza è di fatto inapplicata. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio. Il nostro Comune si è attivato dal 1° giugno e da allora abbiamo esaudito quattro richieste, ma manca ancora una campagna di informazione: molti cittadini non conoscono neanche questa possibilità». In attesa quindi di una circolare più precisa e di moduli ad hoc, è importante sapere che questa possibilità esiste, sia per i neo genitori (molto orientati alla bigenitorialità e all’abbattimento degli stereotipi), sia per gli adulti: anche da grandi quindi si può aggiungere il cognome della propria mamma. Un modo per recuperare l’invisibilità della donna nella linea di discendenza.