Lo scorso anno la Giornata della Colletta alimentare, organizzata dalla Fondazione Banco Alimentare, ha permesso di raccogliere 8.200 tonnellate di alimenti in circa 13.000 punti vendita in tutta Italia. Circa 5 milioni e mezzo di italiani hanno consegnato parte della loro spesa ai 145.000 volontari coinvolti per l’occasione.
Quest’anno siamo alla 22esima edizione dell’iniziativa, che si svolge sabato 24 novembre. È il momento più conosciuto e più “pubblico” dell’attività del Banco Alimentare, il quale, durante tutto l’anno, si adopera per recuperare le eccedenze di alimenti dalla grande distribuzione, dall’industria alimentare, dalla ristorazione e dal catering, distribuendo in tutti oltre 91.000 tonnellate di cibo ai bisognosi.
Come funziona la Colletta alimentare
Torniamo al meccanismo della colletta, piuttosto noto: entriamo in un supermercato per fare la spesa e troviamo i volontari che ci invitano a riempire un sacchetto a parte con alimenti – niente freschi o cibi deperibili – che poi pagheremo normalmente alla cassa e consegneremo agli stessi volontari all’uscita. Un gesto di solidarietà semplice e a misura del portafogli di ciascuno. Dove vanno a finire i prodotti che abbiamo affidato agli operatori? Con l’aiuto del presidente della Fondazione Banco Alimentare Andrea Giussani, proviamo a riscostruire il percorso della scatoletta di pelati o di tonno, o di omogeneizzati, dal momento della donazione fino alla tavola della persona in difficoltà.
Il percorso dell’alimento donato
Partiamo dai punti vendita, che vanno dai superstore ai negozi medio-piccoli. “I piccolissimi sono esclusi per esigenze di logistica”, spiega Giussani – ma vedremo come spesso tornano in gioco, alla fine del percorso. I volontari, ricevuta la spesa donata dal singolo consumatore, dividono immediatamente gli alimenti per tipologia e preparano gli scatoloni, i quali vengono pesati ed etichettati sul posto. “Pelati, 10 kg”, e via, accatastati in un angolo. I volontari sono per lo più adulti attivi. In occasione della Colletta il numero sale: ai 1.800 volontari “stabili”, operativi per le normali attività della fondazione, si uniscono giovani, studenti, pensionati, affiliati alle stesse strutture caritative che riceveranno il cibo, associazioni come quelle degli Alpini in pensione e – da quest’anno – anche dei Bersaglieri. Questo rinforzo porta alla poderosa cifra di 145.000 persone. Cosa fanno dopo aver inscatolato? Caricano i mezzi che passano a raccogliere le derrate (anche più volte nel corso della giornata, sempre guidati da volontari), per consegnarle al magazzino di prossimità più vicino.
La logistica
“Il Banco ha 21 magazzini regionali, stabili, che usa per tutto l’anno”, spiega il presidente. “A questi si aggiungono circa 110 magazzini attivati solo per la Colletta, presi in comodato gratuito da aziende o amministrazioni pubbliche, oppure affittati a prezzo calmierato. Nel trasporto godiamo anche dell’aiuto di mezzi della Protezione civile, dall’Esercito, dall’azienda Galbani e delle Poste. A seconda della zona e dell’entità dei volumi, ci organizziamo per distribuire gli alimenti alle associazioni caritative nei mesi successivi. Hanno scadenza piuttosto lunga, quindi abbiamo tutto il tempo: servono dai 2 ai 4 mesi per esaurire la scorta accumulata con la Colletta”.
Come funziona? Semplicissimo: ogni associazione destinataria concorda una quantità di cibo, manda il suo mezzo, carica quanto gli spetta e organizza in autonomia la distribuzione.
La consegna dei “pacchi famiglia”
Come? Delle 8.000 associazioni convenzionate con Banco Alimentare, il 77% consegna “pacchi famiglia” ai suoi indigenti. Scatoloni misti, spesso con una integrazione di prodotti freschi donati da negozietti o produttori di paese (ecco che rientrano dalla finestra i piccoli punti vendita). Il 10% sono residenze: case di accoglienza per giovani, famiglie, migranti, madri sole. Il 9% sono mense, ossia associazioni organizzate per distribuire pasti in precise location. Il 3% unità di strada che si occupano dei senzatetto. L’1% empori che ricreano una sorta di supermercato temporaneo in cui l’indigente può fare la spesa gratis presentando un apposito voucher.
Chi sono i beneficiari della Colletta alimentare
Proviamo anche a tracciare un profilo dei destinatari finali delle donazioni, che sono 1.540.000. Secondo le statistiche interne del Banco, per il 23% vanno da 0 a 15 anni, per il 70% da 16 a 65, per il 7% sono over 65. Oltre il 50% sono donne, poco meno del 40% sono persone non di origine italiana.
Quanto all’identità delle associazioni, prevalgono quelle di matrice cattolica, con le Caritas che toccano il 40%, la Conferenza di San Vincenzo (8,5%); altre chiese non cattoliche sono il 2,5%, ma ci sono anche strutture laiche.
La convenzione con il Banco – gratuita – si attiva dopo una richiesta scritta, la presentazione dei documenti, comprovanti l’organizzazione dell’attività, e dei fascicoli degli assistiti (tutti quanti), dei quali l’organizzazione del Banco non trattiene i nominativi per ovvie ragioni di privacy, ma solo i profili anagrafici per compilare le statistiche. Due-tre volte l’anno le associazioni ricevono una visita di controllo da parte del Banco stesso, che verifica e monitora l’operatività.
Dove vanno a finire gli alimenti donati con la Colletta alimentare
Un donatore può sapere che fine ha fatto la scatoletta di tonno che ha donato? Quasi. «Tutti gli alimenti sono tracciati, da quando entrano negli scatolini nel punto di raccolta fino alla consegna all’associazione caritativa», spiega il presidente. “Quindi non possiamo seguire la singola scatoletta di tonno, ma lo scatolone di tonno donato in un preciso supermercato, sì. Pochi, però, ci chiedono chiarimenti su questo: dopo 30 anni di Fondazione e 22 di Colletta alimentare, la gente si fida di noi”.