Come ci si veste per un colloquio di lavoro? È vero che un tailleur comunica più serietà? Meglio gonna o pantalone, tacchi alti o mocassini, un po’ di trucco o viso acqua e sapone? E poi, è vero che per risultare credibili le donne sul posto di lavoro dovrebbero comportarsi un po’ da uomo?
Sono domande ricorrenti che rivelano come ci siano ancora molti dubbi (o pregiudizi?) su come affrontare un colloquio di lavoro, soprattutto se si è donne. Qual è allora il dress code giusto?
Attenzione alla griffe e al lusso
Secondo una ricerca della Northwestern University’s Kellogg School of Management, riportata dal Wall Street Journal, indossare un brand di lusso a un colloquio di lavoro può portare alcuni vantaggi, ma a patto che quello che si vuole comunicare è l’appartenenza a uno status sociale elevato. Secondo gli studiosi l’effetto di avere una borsa firmata, una camicia o una maglia firmata trasmette l’idea di minor empatia e calore umano. «Tutto in noi comunica qualcosa della nostra personalità, ma anche dell’umore che abbiamo in quel determinato giorno, dal tipo di scarpa alla giacca, passando per il trucco. La scelta di cosa indossare dipende naturalmente dal contesto in cui ci troviamo, perché cambia se andiamo al colloquio per un posto da dirigente di banca o in un’agenzia di creativi» spiega Ludovica Scarpa, docente di Teorie e Tecniche di Comunicazione interpersonale all’Università Iuav di Venezia.
Cosa insegna il look delle donne di potere
Se la scelta di cosa indossare va soppesata bene, per una donna potrebbe essere più difficile, perché resiste l’idea che per risultare credibili occorra puntare su tailleur più castigati e in qualche modo maschili piuttosto che su un abbigliamento più comodo. Se Sergio Marchionne ci aveva abituati ai suoi golf blu, non è affatto detto che una donna sarebbe stata altrettanto apprezzata con un abbigliamento casual. D’altra parte gli esempi si sprecano, le donne di potere puntano nella maggior parte dei casi, su abiti più rigidi: dai tailleur maschili di Margaret Thatcher (che impugnava anche la borsa come fosse un’arma) a quelli di Hillary Clinton o di Angela Merkel. «La Cancelliera tedesca ha una serie di giacchette di tutti i colori ma tutte uguali, che concorrono a dare l’idea di una grande stabilità. Come nella scelta dell’abbigliamento, è anche persona che cambia idea difficilmente. Le uniche concessioni sono al colore, tramite il quale può manifestare uno stato d’animo differente. C’era un periodo in cui ha privilegiato il rosso, ora preferisce i colori pastello» spiega Ludovica Scarpa, autrice di Capirsi, istruzioni per l’uso (Mondadori).
D’altra parte che la tendenza stia cambiando è dimostrato da altri modelli. L’ex First Lady americana, Michelle Obama, ha dimostrato di saper “osare” anche con colori molto accessi, abolendo di fatto le tinte pastello e i tailleur formali delle precedenti inquiline della Casa Bianca. La Premier Dame di Francia Brigitte Macron, invece, punta su abiti che trasmettono molta decisione, grinta e, spesso, giovanilismo, in linea con il suo carattere fiero del matrimonio con un uomo tanto più giovane di lei. Che dire poi di Marissa Mayer, ex CEO di Yahoo!. Per una donna come lei, che ha rotto gli schemi assumendo l’incarico quando era incinta, anche l’abbigliamento è stato “rivoluzionato”: un solo abito nel suo guardaroba, mentre in ufficio era solita indossare cardigan comodi. Eppure era nota per essere spietata sul posto di lavoro, dopo aver licenziato il suo vice per non essere stato in grado di aumentare la raccolta pubblicitaria del portale. Come dire: l’abito non fa il monaco.
in Italia, a un colloquio il look pesa ancora
«Oggi il concetto di credibilità è meno rigido e legato all’immagine. Si bada maggiormente ai contenuti. Nelle grandi multinazionali questo elemento è ormai quasi inesistente, però nelle piccole e medie realtà, di cui l’Italia è piena, assistiamo alla necessità di avere una valutazione piuttosto marcata verso l’abbigliamento da mostrare al primo colloquio. Il consiglio, pertanto, è quello di analizzare attentamente il contesto aziendale, sfruttando tutti i mezzi di cui oggi il web dispone» spiega Giuliana Gaudiosi, HR Business Partner della Business School di Alma Laboris. Insomma, usare internet e i social (come ad esempio Linkedin) per conoscere meglio l’azienda presso la quale ci si presenta non solo è lecito, ma auspicabile.
La credibilità delle donne passa dall’outfit?
Ma allora come si trasmette la credibilità? «Per una donna può senz’altro essere più difficile decidere l’abbigliamento adatto, ma bisogna tener presente che la credibilità non dipende da ciò che si indossa, ma piuttosto dal fatto di credere in se stesse. In quest’ottica la propria sicurezza passa anche da come ci si veste. La scelta, ad esempio, se preferire pantaloni o abito/gonna, deve dipendere anche da come ci si sente: in inverno magari si possono preferire i pantaloni per una banale questione di freddo, mentre indossare un maglioncino in ufficio può esprimere la volontà di voler gestire le attività in modo più morbido» dice Ludovica Scarpa.
Qualche consiglio
In linea generale come scegliere, allora, tra gonna e pantalone, tacchi alti o mocassini, trucco e acconciatura? «La parola d’ordine è: sobrietà, unita a moderazione e attenzione all’azienda. Ma solo ci sentiamo di trasferire serenità e soprattutto libertà di azione: se la gonna fa sentire a proprio agio, non dovrebbe essere un problema. Anzi, potrebbe esserlo il contrario: non permettere la libera espressione di se stessi potrebbe mettere a disagio il candidato. Non sono questi i veri fattori di valutazione. Per quanto riguarda il trucco, se il contesto è formale si consiglia un trucco leggero; in un ambiente legato all’estetica, l’indicazione è opposta: un trucco perfetto potrebbe essere un’arma in più per il candidato. Per i capelli, massima libertà purché, ovviamente, si rispettino le generali condizioni di ordine, ma soprattutto di pulizia. Indipendentemente dal volume, dalla lunghezza, dal tipo di acconciatura» consiglia Gaudiosi.
Over 40 e 50, moderni ma in linea con l’età
Se si opta per scarpe più casual, il consiglio dei selezionatori del personale è quello di assicurarsi che siano sempre pulite. Lo stesso vale per gli abiti: anche quando non si tratta di un tailleur, è fondamentale che la camicia o i pantaloni siano perfettamente stirati. Insomma, niente sciatteria. Come sottolinea Forbes, uno degli errori più comuni, specie tra i meno giovani come gli over 40 o persino 50, è quello di indossare abiti inappropriati: spesso sono datati, rimasti troppo a lungo nell’armadio in attesa che potessero essere nuovamente utili. Meglio, invece, scegliere un abbigliamento un po’ più moderno. Capita poi che giacche e pantaloni siano troppo stretti, perché magari nel frattempo si è messo su qualche chilo. È comunque importante che l’outfit sia in linea con l’età di chi si presenta a un colloquio.
Dopo il colloquio, scatta l’informalità
Intervistati sul tema dal Forbes, molti Millennials hanno sottolineato una differenza tra l’abbigliamento per il colloquio di lavoro e quello indossato una volta ottenuto il posto. Molti hanno affermato di essersi presentati al colloquio vestiti in modo professionale, ma con la consapevolezza che, una volta assunti, non avrebbero mai più indossato gli stessi abiti. «In sede di colloquio è chiaro che l’attenzione deve essere maggiore: siamo in una situazione nella quale dobbiamo essere valutati. Nel momento in cui veniamo scelti, l’atteggiamento, anche all’interno della società, cambia rendendoci più disinvolti e dunque liberi di scegliere il nostro abbigliamento. Sono sempre meno le aziende che prevedono un dress code rigido durante l’attività lavorativa.