Ognuno di noi in media prende più di 1.000 decisioni al giorno. La maggior parte di queste sono poco significative e involontarie. Ma una parte di esse sono rilevanti e possono influenzare il nostro futuro, la nostra carriera, la nostra famiglia. La capacità di scegliere bene, però, non è innata. Colpa sicuramente delle cosiddette “trappole” cognitive in cui spesso incappiamo quando siamo davanti a un bivio e anche del momento particolarmente difficile e incerto che tutti stiamo vivendo.
Ma la buona notizia è che un metodo per prendere decisioni migliori esiste e si può imparare. Lo sa bene Giulia Bussi, Senior Consultant di MIDA Spa e Counsellor professionista in Analisi Transazionale che ha appena scritto il libro Decidere bene edito da Franco Angeli e che ci racconta: «Nonostante il mio lavoro, per me decidere resta la cosa più complicata della vita. Di fronte a ogni scelta di media importanza mi sento dinnanzi a una “sliding door” e rischio di restare immobile nell’indecisione. “Cosa è meglio fare?”, “Come è giusto comportarsi?”, “Quali conseguenze avrà questa azione?” sono solo alcune delle domande che mi tormentano. E per stare tranquilla, in pace con me stessa, mi piacerebbe saper prendere buone decisioni».
Ecco, partiamo proprio da qui. Esattamente che cosa si intende per buone decisioni?
«Quelle scelte che sono espressione dei miei desideri e obiettivi ma che, contemporaneamente, riescono a tenere conto degli altri, non arrecando loro danno». Come mai è così importante tenere conto degli altri? «Ci serve, ci è utile, ci fa stare bene. Provo a spiegarmi meglio. Noi siamo animali sociali che vivono dentro a dei gruppi. Prendere decisioni che accontentano anche le aspettative degli altri, che siano i nostri colleghi, gli amici o la famiglia, ci permette di rimanere dentro quei gruppi, di sentirci accettati, di avere una vita sociale soddisfacente»
A questo punto, qual è il segreto per prendere una buona decisione?
«Per prima cosa bisogna saper rinunciare. Ce lo ricorda la stessa etimologia del verbo decidere. Dal latino decīdĕre, dall’unione del prefisso de = da con il verbo caedĕre = tagliare. Quindi, letteralmente, significa tagliare da, tagliar via, dare un taglio. Quando decidiamo di fare una certa cosa, ne escludiamo un’altra: se adesso sto scrivendo questo libro, vuol dire che non sono uscità con una mia amica. Ogni volta che scegliamo, “tagliamo via” qualcosa, la perdiamo. Ed è per questo che spesso chi vuole tutto, chi non molla niente, non sa decidere».
Nessuna scelta è immune da pro e contro. Ma analizzare troppo può essere controproducente e bloccare il processo decisionale
E poi?
«Bisogna imparare a mixare il pensiero “lento”, quello cosciente, razionale che è molto potente ma un po’ limitato, a quello “veloce”, istintivo, antico, viscerale che è molto utile nelle decisioni più complesse ma che spesso zittiamo perché lo riteniamo inaffidabile»
E non è così, invece?
«Niente affatto. Ad attivare il pensiero inconscio, i processi decisionali intuitivi, sono le emozioni. Che sembrano complicare la scelta, ma che in realtà hanno un potere cognitivo enorme: ci fanno capire che cosa realmente conta per noi. Prendono per mano la mente e la portano proprio lì dove sta succedendo qualcosa di importante e noi non ce ne siamo ancora accorti razionalmente. Una scelta senza emozioni è una scelta povera, quindi più rischiosa».
Ci può fare un esempio concreto?
«Certo. Pensiamo a quando dobbiamo decidere quale casa comprare. L’ideale è mettere in azione prima il pensiero razionale che scarta in modo analitico alcune opzioni che non soddisfano i criteri fondamentali, del tipo: “Costa troppo”, “È troppo piccola”, “È lontana dalla scuola dei miei figli”. A questo punto, quando restano in gioco tre o quattro case, intervengono l’inconscio, le emozioni, il cuore. Le possibili scelte stanno lì, a sedimentare, per far venire a galla sensazioni e intuizioni antiche, vere. E l’ideale, per farlo, è distrarsi. Lascia passare qualche giorno senza pensare agli appartamenti, fai altro: il cervello comunque continuerà l’elaborazione e la decisione finale sarà quella giusta».
Sembra piuttosto facile. Ma spesso a bloccarci, soprattutto in periodi come quello che stiamo vivendo, è l’incertezza.
«È così, adesso più che mai abbiamo paura di buttarci perché è ancora più complicato interpretare ciò che accade e sentiamo di non controllare gli eventi che ci riguardano. Ma l’unico modo per non restare immobili è proprio accettare l’incertezza come condizione esistenziale, come parte della vita. Non vuol dire essere debole, incapace, tutti la sperimentano. Anzi, provare quell’incertezza è sinonimo di intelligenza perché significa rendersi conto che non puoi prevedere gli esiti delle tue decisioni. Un piccolo trucco per superarla? Concediti un rituale rassicurante, qualcosa che ti fa stare bene, che hai fatto magari in altre occasioni e ti ha portato fortuna. Il mio? Camminare».
Prima o poi a tutti capita di prendere una decisone sbagliata. Cosa possiamo fare?
«Accettare gli errori con compassione. Una parola che spesso usiamo con un significato negativo. Ma che in realtà vuol dire guardare a noi con affetto, accettarci nella nostra intierezza. Supponiamo che io abbia fatto qualcosa di cui mi pento: l’accettazione di me non afferma che la cosa sbagliata in realtà è giusta, ma vuole capire perché, come mai una scelta inappropriata mi era sembrata desiderabile. L’essere compassionevole non incoraggia quindi i comportamenti scorretti, ma riduce le probabilità che si ripresentino. Insomma, ci spinge a migliorarci».
Il libro da leggere
Decidere sembra essere il gesto di un attimo, ma in realtà è il frutto di una lunga preparazione. Chi sceglie bene, apparentemente senza sforzo, soprattutto in questi momenti così difficili e incerti, ha interiorizzato un sapere, una competenza che riesce più facilmente ad applicare. Se anche tu vuoi provare a migliorare la tua capacità decisionale, dai un’occhiata a questo libro appena uscito: Decidere bene di Giulia Bussi (Franco Angeli).
È un manuale, pratico e concreto, che fornisce tutti gli strumenti necessari per prendere buone decisioni, funzionali cioè ai propri obiettivi e alle aspettative degli altri.