Lo smart working e la didattica a distanza costringono a passare più tempo davanti ai dispositivi elettronici, con effetti negativi sulla vista. Ecco perché e quali sono i consigli dell’esperto per proteggere gli occhi.
Troppe ore davanti a pc e smarthone
Secondo l’Unesco oltre 1 miliardo di giovani nel mondo si è trovato costretto a seguire le lezioni scolastiche via web. Tra i 9 e i 12 anni le lezioni digitali a distanza si sono sommate alle 4 ore che i bambini trascorrevano davanti a pc, smartphone e tablet già prima dell’emergenza Covid. Nella fascia tra i 13 e i 18 anni i ragazzi sono arrivati a passare anche 7 ore al giorno davanti ai devices, con picchi maggiori per chi era già abituato a chattare sui social o a guardare serie tv. Una recente ricerca ha confermato che ogni giorno si dedicano in media 3,5 ore alla televisione, 4,5 al pc e 3 ore e 53 minuti al cellulare. Il sondaggio, condotto da Vision Direct su un campione di 2.000 persone, ha mostrato come gli italiani sono quelli che dedicano mediamente più tempo ai dispositivi elettronici: 6.235 ore all’anno, pari a 17 ore e 51 minuti, che nell’arco di una vita possono arrivare a 47 anni, contro i 45 degli abitanti dei Paesi Bassi, ai 44 degli Stati Uniti e i 34 del Regno Unito.
Tutto ciò, però, ha un impatto negativo sulla vista: «Negli ultimi 10 anni c’è stato un forte aumento di miopi in età adolescenziale proprio per un maggior ricorso alla cosiddetta accomodazione prolungata, legata all’uso di dispositivi elettronici. Per questo motivo consigliamo di effettuare delle pause, guardando dalla finestra, e di invogliare i bambini a trascorrere più ore all’aria aperta. Si è visto, infatti, come bimbi che trascorrono più ore fuori casa peggiorano meno di quelli che stanno più tempo in casa davanti a tablet o Tv » spiega Carlo Orione, referente Liguria dell’AIMO, l’Associazione Italiana Medici Oculisti.
I danni alla vista
Uno dei maggiori disturbi che si verificano quando si passano troppe davanti agli schermi è la Computer Vision Syndrome. Gli studi mostrano che la visione prolungata di dispositivi come pc o smartphone causa una diminuzione del cosiddetto ammiccamento: gli occhi vengono chiusi e strizzati meno, riducendo il film lacrimale, cioè la quantità di lacrime che normalmente idrata gli occhi, permette di vedere nitidamente e protegge da corpi estranei e possibili irritazioni da sostanze esterne. «Il disturbo dell’occhio secco è in assoluto quello più frequente ed è tanto maggiore quanto più si è concentrati. Questo perché l’acqua contenuta nelle lacrime, che sono salate, evapora, e provocano un senso di bruciore agli occhi. Quando si sta molto tempo davanti a uno schermo retroilluminato, come quelli di pc, tablet e smartphone, si riduce il numero di ammiccamenti e questi diventano meno completi. La conseguenza, dimostrata da numerosi studi, è che da semplice disturbo dell’occhio secco si può passare alla vera e propria malattia dell’occhio secco» spiega Maurizio Rolando, professore di Oftalmologia all’Università di Genova e vice presidente della European Society of Dry Eye, la Società europea dell’Occhio Secco.
La malattia dell’occhio secco
Sono 300 milioni le persone nel mondo che soffrono di secchezza oculare. «La malattia dell’occhio secco compare con maggiore frequenza in chi lavora o sta più di 4 ore al giorno davanti a un dispositivo. Uno studio recente, però, ha mostrato come una permanenza di 8 ore, come quella che si sta registrando tra bambini e ragazzi, porta a un aumento dell’incidenza fino al 40%» spiega l’esperto, che aggiunge: «Fortunatamente, se si interviene in modo tempestivo c’è una possibilità di reversibilità. In particolare, si è visto che riducendo a 2 ore al giorno l’uso di devices per 20 giorni i sintomi regrediscono». Le ricerche hanno mostrato come «il fenomeno è maggiore quando si utilizza il computer verticale, che porta a ridurre di più gli ammiccamenti, rispetto all’uso di laptop, che portano a guardare verso il basso, riproducendo il movimento e la chiusura dell’occhio simile a quando si legge un libro» spiega Rolando.
Perché le donne sono più a rischio
Se di recente sono aumentati i sintomi di malattia dell’occhio secco trai giovani, le donne rimangono particolarmente colpite, soprattutto in peri-menopausa o in menopausa. La secchezza oculare, infatti, si presenta con maggiore frequenza negli over 50 (20/30% dei casi) e nello specifico tra la popolazione femminile, con un’incidenza doppia rispetto a quella maschile. «Ciò è dovuto agli squilibri ormonali, che si verificano maggiormente in chi soffre di ovaio policistico o, appunto, in menopausa. Questo perché la produzione delle mucine, ossia le secrezioni che proteggono da agenti batterici o chimici e che sono presenti anche nelle lacrime, è legata agli ormoni sessuali. Quando si verifica uno scompenso tra estrogeni e androgeni o tra estrogeni e progesterone, ne risente anche la presenza di film lacrimale e può comparire il disturbo dell’occhio secco» spiega l’esperto di oftalmologia.
Altri effetti negativi: la luce blu
«Il dibattito sulla luce blu è ancora aperto, anche se non esistono studi clinici che abbiano dimostrato finora che la luce blu in sé abbia un effetto negativo sulla vista. Sono invece provate le conseguenze in termini di disturbi del sonno, perché interferisce sulla produzione di melatonina, e sulla frequenza dell’ammiccamento, portando quindi alla malattia dell’occhio secco» spiega l’esperto, che aggiunge: «L’occhio secco, se trascurato, può portare a disturbi anche molto seri perché causa una risposta di tipo infiammatorio nell’organismo e dunque a una risposta immune». I campanelli d’allarme più tipici vanno dall’offuscamento della vista fino al dolore. Gli esperti avvertono: occorre intervenire per tempo, ai primi sintomi. Ma come?
Come proteggere gli occhi
Un primo consiglio è quello di seguire la tecnica del 20-20-20, suggerita anche dalla Società Scientifica americana TFOS (Tear Fil & Ocular Surface Society): «È un’ottima tecnica e consiste nell’interrompere la visione a computer o smartphone o tablet ogni 20 minuti, chiudendo gli occhi per 20 secondi o guardando un oggetto lontano 20 piedi, cioè circa 6 metri. In questo modo si rilassa la muscolatura generale e anche quella dell’occhio» spiega il professor Rolando.
Gli esperti consigliano anche un altro tipo di pausa: «Vale sempre la regola di sospendere il lavoro ogni 40/50 minuti guardando oltre i 3 metri per 10 minuti. Gli occhiali, invece, non servono per riposare la vista, ma per correggerla quando un medico oculista lo ritiene necessario. Se non vi è un difetto visivo gli unici occhiali che possono essere utili sono quelli che proteggono dal sole. Infine, per quanto riguarda i colliri, uno studio statunitense ha evidenziato come l’assunzione di atropina molto diluita in collirio, assunta una volta al giorno, possa rallentare la progressione miopica» spiega Orione, ricordando come si tratti di una terapia che va prescritta e seguita da un esperto.
A questi consigli si aggiungono le indicazioni sulla distanza e posizione a cui tenere i dispositivi, e sui locali in cui studiare o lavorare: «La distanza dipende dalla grandezza del dispositivo e dei caratteri. Un consiglio è di tenere il tablet od il libro posizionato come se fosse appoggiato ad un leggío in modo da avere tutta la pagina alla stessa distanza. Più sono lontani, comunque, meno affaticamento si avverte nell’uso prolungato. Quanto ai locali, se ben illuminati consentono un minor sforzo visivo e sono sempre da preferire, ma la luce migliore rimane sempre quella naturale. Quando possibile, quindi, è meglio studiare all’aria aperta alzando ogni tanto lo sguardo verso l’infinito, oppure, se costretti in casa, studiare davanti ad una finestra o a uno specchio che permette di allungare la distanza focale» aggiunge l’esperto AIMO.
L’importanza della prevenzione
Ancora più importante è la prevenzione: «È raccomandato l’uso di lacrime artificiali, purché siano prodotti validi: spesso quelle in commercio a poco prezzo sono soluzioni molto diluite e poco efficaci. È meglio farsi consigliare da un esperto e in ogni caso utilizzarle prima di avere bruciore agli occhi, perché a quel punto non sono sufficienti: servirà una vera terapia antinfiammatoria della cornea prescritta dal medico oculista. Se trascurata, infatti, può portare a risposte immunitarie dell’organismo che possono causare alterazioni della cornea o effetti negativi sulla congiuntiva» conclude l’esperto.