Sono argomento di attualità su tutti i giornali, soprattutto nelle pagine della politica. Di bufale o fake news ormai sentiamo sempre più spesso parlare da segretari di partito e massime cariche dello Stato. Matteo Renzi le ha indicate come un pericolo che potrebbe inquinare le prossime elezioni; la presidente della Camera Laura Boldrini ha denunciato più volte le false notizie che circolano sui social e ha lanciato di recente un progetto per sensibilizzare gli studenti. Le informazioni inventate o non controllate sono sempre esistite, ma da quando usiamo Internet e i social qualcosa è cambiato: la facilità di creazione, la rapidità di diffusione e i numeri spaventosi raggiunti dalle bufale in Rete. Ne incontriamo ogni giorno e su tutti gli argomenti, dalla salute alla meteorologia. Sono sulle bacheche di Facebook, sul feed di Twitter, nelle catene di Sant’Antonio che ci arrivano sugli smartphone. Confondono le idee, fanno arrabbiare e perdere tempo per capire se sono vere o meno. Per difendersi, però, spesso basta fare qualche semplice verifica. Ecco quali sono i passi da compiere per smascherare una notizia che non convince.
Controlla l’indirizzo
Ci sono siti che “fanno finta” di essere media ufficiali, modificando leggermente il nome di quelli veri (come l’ormai famoso Fatto Quotidaino) e approfittano della scarsa attenzione del lettore per diffondere bufale; oppure pagine Facebook che mimano quelle autorizzate di cantanti o vip. Il primo passo è verificare che l’articolo che stai leggendo sia stato veramente pubblicato su quel media, controllando l’indirizzo da cui proviene; oppure che gli account Facebook e Twitter abbaino il “bollino di garanzia”, cioè la spunta azzurra che viene concessa solo a un account verificato.
Cerca su Google il nome del sito
Non tutti i siti “non ufficiali” sono bufalari, ma è bene escludere la possibilità: basta una ricerca su Google per scoprire se la pagina è già stata segnalata nelle black list di chi dedica energie e tempo libero a individuare le false fonti di informazione. In Italia tra i più attivi c’è il gruppo di Butac, Bufale un tanto al chilo: su butac.it e sui social collegati trovi la lista nera dei siti che attirano visitatori (e soldi, grazie alle pubblicità) con notizie inventate di sana pianta, distorte oppure pescate e ripubblicate dalla Rete senza nemmeno una verifica sulla loro autenticità.
Diffida dei titoli acchiappa clic
Un testo scritto quasi tutto in stampatello, infarcito di errori, con slogan urlati che mirano alla pancia di chi legge; oppure un titolo che punta soltanto a incuriosire (per esempio quelli che iniziano così: “non crederete mai cosa ha fatto…”): sono indizi praticamente certi di bufala o di notizia manipolata, cioè che mescola un fondo di verità con una buona dose di fantasia. L’obiettivo di chi le crea è quello di farti aprire il link, magari addirittura rilanciandolo sui tuoi social (attirando così nuovi lettori tra amici e contatti). Gli autori ci guadagneranno in like, contatti e introiti pubblicitari.
Verifica che la foto sia quella giusta
Nell’era dell’immagine, una foto o un video catturano l’attenzione con molta più forza della parola. Lo sanno i fotografi e i giornalisti, lo hanno imparato molto in fretta anche i “bufalari”. Così, per rendere più credibile una fake news, vengono ripescate foto che non c’entrano nulla con il fatto di cui parlano: possono riguardare qualcosa di simile successo in un altro luogo molti anni prima, o riferirsi a un evento completamente diverso (manipolato ad arte). Per verificare, usa Google Immagini. Basta cliccare sul simbolo della macchina fotografica e caricare l’immagine sospetta: esattamente come succede per le frasi, Google ti indicherà le situazioni in cui la foto sospetta è già stata utilizzata e da chi.
Fai attenzione ai numeri
Spesso chi costruisce una notizia falsa la infarcisce di dati e statistiche inventati di sana pianta. Lo fa perché le cifre danno l’impressione di accuratezza, rendendo così la news più credibile. Nella nota bufala della patente gratis agli immigrati, per esempio, venivano citati un inesistente articolo del Codice della strada e un numero sballato di senatori che avevano votato a favore. Sarebbe bastato un rapido controllo su Wikipedia e sui siti istituzionali per smascherarla. Chi cita numeri deve riportare anche la fonte per consentire un controllo. Se manca ogni riferimento, diffida.
Scopri chi c’è dietro
I motivi che si nascondono dietro una bufala vanno dalla propaganda alla provocazione. Senza dimenticare chi, diffondendo fake news, vuole portarsi a casa un bel gruzzoletto: più una pagina o un sito attirano click e utenti, infatti, più sono appetibili per gli inserzionisti pubblicitari. Il primo passo per scoprire se la notizia ha un secondo fine è quello di capire chi la diffonde. Puoi farlo in due modi: controlla il “Chi siamo”, cioè la sezione in cui dovrebbero presentarsi i responsabili del sito (se manca o è carente, allarme rosso!), oppure inserisci l’indirizzo del sito su Whois (whois.com), un servizio che fornisce gratuitamente dati chi ha registrato il dominio, quando e dove.
Attenta a questi tre
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