Da tempo ci sentiamo dire che per ottenere o mantenere un lavoro bisogna conoscere le Stem, ovvero le materie tecniche e scientifiche. Ora la carta vincente è lo “Stemanesimo”, cioè un mix di discipline che ruotano attorno ai numeri, come la matematica, e attorno alla persona, come la storia e la filosofia. Vediamo cosa significa concretamente e perché potrebbe rivelarsi una bella chance per noi.
Stemanesimo, un approccio che si ispira ai geni del passato
«Ci troviamo in un momento storico che si può definire Stemanesimo: si tratta di superare il dualismo tra sensibilità umanistiche e competenze tecnologiche e beneficiare dell’apporto combinato di entrambe» dice Raffaella Temporiti, responsabile Risorse umane di Accenture Europa. «Come azienda intendiamo ricercare, formare e valorizzare figure professionali ibride».
L’invito ad abbattere le barriere tra i saperi arriva da più fronti. «L’uomo nasce multidisciplinare e i grandi protagonisti della storia, da Leonardo da Vinci a Cartesio a Copernico, erano esperti in campi molto differenti» sostiene Giulio Xhaët, partner della società Newton, dove sviluppa progetti di innovazione e trasformazione digitale per le aziende, e autore del nuovo libro #Contaminati (Hoepli). «La specializzazione cresce con la rivoluzione industriale, ma oggi ci sono gli algoritmi efficienti in ambiti settoriali. A noi spetta risolvere questioni complesse dove non esistono regole fisse. Occorre sia nello studio sia nel lavoro imparare a ragionare in modo “contaminato”, collegando cioè diversi saperi».
Gli fa eco Marco Magnani, docente di Financial Economics all’universita Luiss e autore di Fatti non foste a viver come robot (Utet), saggio che fin dal titolo unisce un verso di Dante Alighieri a un richiamo cyborg: «L’educazione classica sarà preziosa per consentire all’uomo di usare la tecnologia senza esserne sopraffatto e per affrontare le questioni etiche poste dall’Intelligenza artificiale».
Un’opportunità per le donne
Come ottenere tutto ciò? «Il modello di società 5.0 promosso dal governo Abe in Giappone mette al centro l’uomo insieme alla creatività, all’inclusione e alla sostenibilità» suggerisce Walter Ruffinoni, che guida la branch italiana del colosso giapponese NTT Data. «Se l’Italia si ispirasse a questo approccio, potremmo dar vita a un nuovo Rinascimento che vedrebbe tra i protagonisti le donne.
Le caratteristiche della leadership del futuro sono femminili: a cominciare dall’attenzione alla persona e all’ambiente. Le donne, però, possono giocarsi bene questo ruolo se coltivano, come hanno sempre fatto, le discipline umanistiche e le affiancano, fin da bambine, a quelle tecnico- scientifiche».
Che lo Stemanesimo sia la via maestra per far entrare e progredire nel mondo del lavoro le donne lo sostiene anche Raffaella Temporiti: «I corsi ibridi sono in grado di accogliere una popolazione maggiormente bilanciata tra uomini e donne, per questo sono la formula che adottiamo per raggiungere la parità di genere in azienda entro il 2025».
Una sfida per la scuola
Il mix di materie umanistiche e scientifiche è quindi un’ottima carta, ma perché diventi vincente occorre altro ancora. «La scuola deve sviluppare le soft skills dei ragazzi: dal pensiero critico all’empatia» aggiunge Magnani. «Occorre rivedere i metodi di insegnamento e i criteri di valutazione: migliorando sia il quoziente intellettivo sia quello emotivo dei giovani».
Si tratta, inutile negarlo, di una sfida enorme per il nostro sistema scolastico. «La consapevolezza di una formazione ibrida fuori dai percorsi tradizionali si sta pian piano sviluppando anche da noi» dice Giulio Xhaët. «Abbiamo alcuni buoni esempi all’estero a cui guardare: la Finlandia, dove non si insegnano le singole materie ma si sviscerano vari argomenti sotto diversi punti di vista, o il Center of science and imagination in Arizona, che riunisce scienziati e scrittori, fino alla London Interdisciplinary school».
Mentre la scuola è chiamata ad attrezzarsi, anche il singolo può fare la sua parte. Ne è prova Marta Palvarini che, partita con la sua laurea in Storia, ha fondato la casa editrice Asterisco ed è diventata game designer: «Alla mia formazione da storica ho aggiunto la matematica per poter studiare e progettare giochi di ruolo». Ma che c’entra la storia con, per esempio, un gioco di ruolo fantasy come Dungeons & Dragons? «Occorrono ottime conoscenze storiche per creare, per esempio, ambientazioni verosimili» risponde Marta Palvarini. Per costruirsi un percorso professionale di questo tipo servono fantasia, tenacia e anche coraggio. «Vero» concorda Giulio Xhaët. «L’importante è muoverci senza tralasciare le nostre passioni. In un curriculum di solito le troviamo elencate tra gli hobby, perché magari temiamo che non siano coerenti con la nostra formazione di base. Invece è importante valorizzare i nostri molteplici interessi, la nostra capacità di appassionarci ad ambiti diversi. Perché, non dimentichiamolo,le passioni ci fanno rendere al meglio. E sanno meglio di noi chi siamo».
A lezione di pensiero critico
Il pensiero al domani ma anche le emergenze di oggi ci spingono a conoscere le nuove tecnologie, i cambiamenti climatici e il future critical thinking. Con questo obiettivo ai giovani tra i 15 e i 23 anni è proposto “Future camp”, la summer school di Impactschool, l’organizzazione fondata da Cristina Pozzi e Andrea Dusi per promuovere una riflessione strutturata sul futuro. Da metà giugno partono le lezioni frontali in 8 città italiane, per ottenere una borsa di studio c’è tempo fino al 20 maggio. Per informazioni, www.impactschool.com.
IN LIBRERIA
Ecco 3 libri per approfondire l’argomento: