Ci risiamo: con le guance ancora gonfie di panettone e lo sguardo delle grande occasioni venerdì scorso i nostri bambini sono usciti da scuola correndo: sono iniziate le vacanze di Natale.
Neppure il tempo di rendersene conto che in famiglia si sta già studiando come fare lo slalom tra i riti delle Feste e i problemi di matematica del piccolo, la ricerca sull’acqua del maggiore, i libri da leggere (con relativo riassunto), le tavole di arte, 20 frasi da analizzare (analisi logica e grammaticale), due temi, un test di inglese e via così…compitando.
Secondo l’ultima indagine Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dedicata all’istruzione in Europa, le nostre scuole dell’obbligo (primaria e secondaria di primo grado) sono quelle in cui si assegnano più compiti (davanti a noi solo la Russia), per un totale di 9 ore di lavoro extrascolastico a settimana. La media del resto d’Europa, invece, viaggia sulle 4 ore settimanali. Tradotto, vuol dire meno di 30 minuti (in media) al giorno.
E c’è chi proprio non li fa. Come i nostri cugini francesi che, dopo una protesta partita “dal basso” (cioè da genitori come noi), due anni fa hanno ottenuto l‘abolizione dei compiti. All’epoca anche sui cancelli delle nostre scuole erano spuntati cartelli che invitavano a seguire l’esempio francese. Ma, di riforma in riforma, la nostra scuola si è trovata schiacciata da altri problemi. E questa battaglia è rimasta un sogno incompiuto.
Senza scomodare Walter Benjamin che, nei suoi scritti sull’infanzia, celebrò la “grazia rivoluzionaria” che è nei bambini, cioè la loro la capacità di immaginarsi le cose e la realtà, è vero che oggi (anche in vacanza) tempo per immaginare ne rimane proprio pochino. C’è sempre da fare. Anche a 6 anni. In questi giorni, poi, tra i giri per gli ultimi regalini, il cenone da preparare, le visite ai parenti, qualche giorno fuori città da organizzare e i famigerati compiti… quando c’è tempo per giocare con gli amici o fantasticare?
Se almeno a tutto questo studio domestico corrispondessero dei risultati d’eccellenza. Tornando al rapporto Ocse, cito il commento dell’analista Francesca Borgonovi «Paragonando le prestazioni medie dei Paesi partecipanti e le ore trascorse dai ragazzi: fino a 4 ore settimanali di compiti a casa si hanno conseguenze positive. Dopo le 4 ore, invece, non vi è aggiunta di effetti significativamente favorevoli». Oltre al danno la beffa! Studia, studia (a casa tua) sì ma poi?
E il motivo di questa inutilità non sta solo nella stanchezza che, dopo tante ore a scuola, interferisce con il rendimento. I compiti a casa sono, purtroppo, un affare di noi adulti. Che dobbiamo seguire i figli, dare loro una mano per trovare le fonti per una ricerca, controllare dov’è l’errore nel problema e così via. Ma quanti di noi hanno il tempo o le possibilità di fare questo lavoro? E non tutte le famiglie hanno libri o un pc. In sostanza: se gli studenti lavorano a scuola possono accedere tutti agli stessi strumenti: le spiegazioni dell’insegnante, la biblioteca, i computer e così via. A casa, invece, primeggiano solo i bambini più fortunati.
Voi che cosa ne pensate? A me sembra un tema importante e delicato allo stesso tempo. Alzi la mano chi, durante una domenica crocefissa ai compiti di italiano e di scienze, non ha inviato pensieri poco affettuosi all’insegnante di suo figlio? Aspetto le vostre testimonianze: sarebbe utile confrontarci tra noi e girare la questione a qualche esperto.
E, tra un problema e un’espressione… buone feste a tutti!