«Faccio questo video per tirare fuori un po’ di cose nella speranza che possa far bene anche a me». Il messaggio di Fedez iniziava proprio così. Pubblicata il 17 marzo sul suo profilo Instagram, la clip mostrava il cantante con le lacrime agli occhi.
Raccontare la malattia per spezzettarla, non per sminuirla
Una confessione, la sua, emotivamente difficile ma potentissima. Che trova la forza proprio nella sincerità e nell’umanità del messaggio. Un messaggio che arriva a tutti, che non può non toccare, creando vicinanza fisica ed emotiva, e che non può non far riflettere sul senso innato di eternità che abbiamo e che, quando dobbiamo fare i conti con una malattia come il cancro, inevitabilmente vacilla.
Negli occhi di Federico, in quel primo video e nelle le foto che ha continuato a postare dall’ospedale e una volta tornato a casa, si leggono sì la paura e la sofferenza, ma anche un elogio della condivisione della malattia. Raccontare quello che sta succedendo per dividere il peso. Per farsi coraggio, per non sprofondare. Non certo per minimizzare la paura, ma per diluirla, “spezzettarla”.
Condividere per andare avanti
Federico aveva già parlato, raccontando di quell’ansia che a volte lo attanaglia. E come lui in questi mesi lo hanno fatti in tanti, dall’ex calciatore Gianluca Vialli, che da 4 anni lotta anche lui contro il tumore al pancreas, all’allenatore del Bologna Siniša Mihajlović, che deve affrontare ancora la leucemia. Condividere, quindi, come potere per andare avanti, un passo alla volta.
Condividere la malattia aiuta a trasformare la fragilità in forza
Dirlo a milioni di persone come ha fatto Fedez oppure a poche come potremmo fare noi non fa differenza: sezionare una paura non amplifica quel dolore né lo rende più accettabile, gli dà solo una forma nuova, aiuta a gestire meglio la preoccupazione. Un po’ come succede con le fiabe: non ci dicono che i mostri non esistono, ma ci dicono come affrontarli. E che vincerli è possibile. parlando della sua malattia sui social, tenendoci informati, con la dovuta distanza e delicatezza, mettendoci la faccia, l’anima, le emozioni, Federico ha compiuto un gesto tre volte rivoluzionario. Primo: è riuscito a trasformare la fragilità in forza, accettando di non essere perfetto e chiedendo aiuto nel modo più giusto che ci possa essere. Perché solo mostrando la propria debolezza si fa capire alle persone che ci stanno accanto, come la famiglia, qual è il modo migliore per esserci vicine.
Comunicare la malattia cancella lo stigma sul corpo malato
Poi ha spazzato via quel preconcetto, quello stigma sociale che ci fa ancora sentire in colpa e vergognare del nostro corpo malato. E infine ha riacceso i riflettori sulla malattia oncologica e sull’importanza degli screening e delle diagnosi precoci. Non ci resta che dirti grazie, Federico. E che la tua fiaba, come tutte, abbia un bellissimo finale.
(di Paolo Guiddi, testo raccolto da Marta Bonini)