A partire dal primo gennaio 2021, in Spagna il congedo di paternità e quello di maternità saranno equiparati. Entrambi i genitori avranno infatti diritto a 16 settimane pagate al 100% dallo Stato. Il congedo non è trasferibile, il che significa che se un genitore decide di non usufruirne, l’altro non potrà approfittare al suo posto.
Secondo quanto riporta El Paìs, questi fattori sono indispensabile per incoraggiare i padri a prendere il congedo parentale, ponendo così il Paese in prima linea per quanto riguarda la parità di genere e l’assunzione di responsabilità di entrambi i genitori all’interno del nucleo familiare. Ha spiegato infatti la sociologa Constanza Tobío al quotidiano: «In questo modo si trasmette il messaggio che gli uomini hanno il diritto e l’obbligo di fare la loro parte, esattamente alle stesse condizioni delle donne».
La legge impone ai neo genitori di prendere insieme le prime sei settimane di congedo (ovvero il primo mese e mezzo di vita del bambino, anche adottato), mentre le successive 10 sono volontarie: i genitori potranno decidere se utilizzarle a tempo pieno o condividerle tra loro ed è molto probabile che, soprattutto chi è alle prese con il primo figlio, sceglierà di prenderle tutte insieme. Fino a oggi, gli uomini in Spagna avevano diritto a dodici settimane di congedo per nascita o adozione.
Una legge apripista in Europa
Con l’introduzione della nuova legge, la Spagna supera anche i Paesi scandinavi come l’Islanda e la Svezia, dove il congedo di paternità è di 12 settimane ed è pagato all’80% dallo Stato, e diventa così uno degli Stati con la legislazione più progressista dell’Unione Europea, un traguardo dal quale l’Italia è purtroppo ancora lontana. Quando la legge è stata approvata, nel marzo scorso, la vicepresidente del governo spagnolo, Carmen Calvo, ha affermato che l’obiettivo era quello di incoraggiare la corresponsabilità e di «smettere di usare la maternità come un’arma contro lo sviluppo del lavoro e della cittadinanza femminile». Come segnala Euronews, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sottolinea infatti che la maternità continua a penalizzare le donne sul lavoro, sia in termini di accesso al lavoro che di salario, perché la pressione sociale costringe le donne «a essere le principali responsabili della cura domestica».
La necessità di nuovi patti familiari
Lo ricordava anche la direttrice Annalisa Monfreda qui su Donna Moderna in un recente editoriale, commentando la notizia delle dimissioni di Rubin Ritter, co-amministratore delegato di Zalando, per dedicarsi alla famiglia e permettere a sua moglie di concentrarsi maggiormente sulla carriera. «La scelta di Rubin svela una verità che tendiamo a minimizzare per paura di perdere quote di emancipazione: non si può davvero avere tutto, lavoro full-time per entrambi e famiglia (…) La scelta di Rubin ci dice che è tempo di progettare nuovi patti familiari. Come oltre un secolo fa è stata progettata la casalinga, oggi che la fisicità non è più la principale competenza richiesta nel mondo del lavoro, possiamo immaginare un cronoprogramma di coppia completamente nuovo, che metta sullo stesso piano le ambizioni e i desideri di entrambi». Si tratta quindi di stabilire nuove regole nella gestione e condivisione dei ruoli in famiglia, insomma, verso i quali la Spagna si è incamminata con decisione.