Ha deciso di parlare e denunciare, Romina. È uscita dall’ombra per raccontare chi è l’uomo che le ha cambiato la vita per sempre, per sensibilizzare le persone sui pericoli dell’Hiv, per testimoniare l’importanza delle cure adeguate. L’ha fatto sedendosi qualche mese fa sulla poltrona di Porta a Porta, poi lasciandosi intervistare dalle Iene. Adesso, ricostruendo insieme a noi i passaggi drammatici della sua vicenda, in occasione della Giornata mondiale dell’Aids del 1° dicembre.
Operaia 47enne di Agugliano (Ancona), Romina Scaloni è madre di un ragazzo di 21 anni e sieropositiva da maggio 2018, quando è stata contagiata dall’uomo di cui si era innamorata. Lui è Claudio Pinti, autorasportatore 37enne, condannato in primo grado a 16 anni e 8 mesi per 2 reati: omicidio volontario nei confronti dell’ex compagna (e madre della sua bambina), deceduta per cause scaturite dall’Aids, e lesioni gravissime volontarie procurate alla stessa Romina: nel momento in cui scriviamo non è ancora stata emessa la sentenza d’Appello, che potrebbe anche rivedere la condanna.
«Conoscevo Claudio di vista, viveva in un paesino vicino al mio» racconta Romina. «Nel giugno del 2017 aveva perso la sua compagna per un tumore, e in paese si diceva che si fosse opposto all’uso della chemioterapia. Nel dicembre successivo l’ho incontrato dal parrucchiere, abbiamo iniziato a parlare e, con mia sorpresa, ne sono rimasta colpita. Dopo qualche giorno mi ha scritto su Facebook e ci siamo scambiati i numeri di telefono, fino al nostro primo appuntamento».
«Dopo 3 mesi intensi, tutto è precipitato quando mi sono ammalata: non voleva andassi al pronto soccorso». Per Romina inizia quella che sembra essere una storia d’amore perfetta, con un uomo romantico e attento che, però, la trascinerà nel baratro. «Ero innamorata, ma c’erano momenti in cui venivo assalita da una sensazione di inquietudine a cui non sapevo dare una motivazione. Poi cacciavo i brutti pensieri e tornavo a godermi quella storia d’amore che mi aveva travolta come un uragano». Intanto, le settimane trascorrono in armonia, Romina conosce i genitori di Claudio, i suoi fratelli e sua figlia, che oggi ha 9 anni.
«Sono stati 3 mesi intensi, ma tutto è precipitato un giorno di aprile, quando mi sono svegliata con febbre e placche alla gola che si sono protratte per 3 settimane. Pensavo fosse una banale influenza, ma continuavo a stare male. Come se non bastasse, Claudio non era d’accordo che andassi al pronto soccorso. Un giorno mi ha accompagnata, ma una volta arrivati in ospedale ha avuto da ridire su tutto, dai medici ai farmaci. Questo atteggiamento mi infastidiva: stavo molto male, non sopportavo che dovesse lamentarsi di ogni cosa». Tra loro cominciano i primi screzi, tant’è che Romina decide di allontanarsi per un po’. «La situazione precipita quando sua cognata mi scrive in chat: “Come stai? Hai fatto dei controlli, viste le condizioni di Claudio?”. Non capivo a cosa si riferisse, l’ho chiamata e ho scoperto la verità più amara della mia vita: “Claudio ha l’Hiv”, queste le sue parole».
«Dalle indagini è emerso che la sua vita era tutt’altro che morigerata: da circa 10 anni frequentava siti web dedicati agli incontri sessuali. Lui ne ha dichiarati 200»
«Con i farmaci tengo a bada questo mostro che è in me, ma le ferite dell’anima faticano a rimarginarsi». Quella frase detta al telefono scava un solco indelebile tra ciò che questa donna era fino a qualche minuto prima e ciò che non sarà mai più. «La stessa sera l’ho affrontato. Ero fuori di me, tutto l’amore che avevo provato si era trasformato in pochi minuti in odio e disprezzo. Quando l’ho messo con le spalle al muro ha confermato, dicendo però che era un fatto che risaliva a diversi anni prima, che ormai era guarito, tirando fuori le più assurde teorie negazioniste su questo virus. Dopo qualche settimana le mie analisi hanno confermato l’Hiv: una diagnosi che è stata una totale devastazione, pari a una sentenza di morte perché non sapevo quasi niente del virus e delle terapie che invece mi avrebbero salvata».
Romina lo denuncia, ma deve fare i conti con una vita in frantumi: una storia d’amore fallita, un virus di cui ha notizie frammentarie, un lungo ricovero in ospedale. Oggi si dice delusa non solo da Claudio, ma da tutte le persone che sapevano che lui era malato e non l’hanno avvertita. «Troppe bugie. Se con i farmaci antiretrovirali tengo a bada quel mostro che è dentro di me, lo stesso non posso dire per le ferite dell’anima, che faticano a rimarginarsi. Dalle indagini è emerso che la sua vita era tutt’altro che morigerata. Da circa 10 anni frequentava siti web dedicati agli incontri sessuali sia con uomini sia con donne: ne ha dichiarati 200. Mi sarei aspettata solidarietà dalle altre persone che Claudio ha contagiato, ma non si sono fatte sentire. Invece abbiamo il dovere di sensibilizzare sui pericoli del virus e sulla necessità di estendere il più possibile il test per l’Hiv».