Per le coppie gay la sentenza della Cassazione che ha negato la paternità al padre non biologico, è stata un “fulmine a ciel sereno”. Nonostante le difficoltà incontrate per diventare genitori, negli ultimi tempi è cresciuto il numero di coloro che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata andando all’estero, perché in Italia è vietata. Per la maggior parte di loro il desiderio di diventare genitori e padri si è realizzato proprio rivolgendosi alle strutture che praticano la gestazione per altri, soprattutto in Canada o negli Stati Uniti.
A coronare definitivamente il sogno mancava – ma in alcuni casi era già arrivato – il riconoscimento della paternità anche nel nostro Paese, attraverso la trascrizione all’anagrafe dell’atto di nascita del bambino nato all’estero. Ora la Cassazione si è pronunciata, limitando di fatto le possibilità per le coppie gay a quella che è definita “adozione particolare” del figlio avuto grazie al seme del partner. Immediata la reazione di molti padri omosessuali italiani: “Ho appreso la notizia con profondo dolore e dispiacere. Credo che sia l’ennesimo caso di diritti negati a un bambino. Ora in molti si rivolgeranno alla Corte europea per i diritti umani per ribaltare la sentenza” spiega Andrea Simone, giornalista, autore di Due uomini e una culla (Golem Edizioni) e padre, insieme al marito Gianni, di Anna.
Lo stop al riconoscimento della paternità
I Supremi giudici si sono pronunciati con una sentenza destinata a lasciare il segno, dopo aver sollevato polemiche non solo all’interno della comunità gay. Per le coppie omogenitoriali non viene prevista la possibilità di trascrivere all’anagrafe l’atto di nascita del bambino nato all’estero, riconoscendo la paternità sia al padre biologico, quello che ha donato il seme e che dunque è considerato padre a tutti gli effetti, sia al partner. È il caso dei bambini nati in un paese straniero grazie alla gestazione per altri tramite madri surrogate. “È una decisione che trovo assurda: un padre, anche se non biologico, ma che un bambino stesso vede come suo papà, che lo cresce e lo educa, perché non deve diritto ad avere la piena genitorialità? Chi meglio di lui ha diritto?” incalza Andrea Simone, che aggiunge: “È assurdo, come le motivazioni della sentenza”.
Le motivazioni della Cassazione
Le sezioni unite della Cassazione, nel depositare la sentenza, hanno rigettato la domanda di riconoscimento da parte di una coppia omosessuale che, grazie alla gestazione per altri da parte di due donne (una aveva offerto gli ovociti, l’altra aveva portato avanti la gravidanza), aveva avuto due figli. Il ministero dell’Interno, però, si era opposto alla trascrizione all’anagrafe che avrebbe riconosciuto la paternità anche al padre non biologico, riferendosi all’articolo 12 della legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita, che in Italia vieta la pratica alle coppie omosessuali e pone una serie di limiti anche a quelle eterosessuali.
La Cassazione ha accolto il ricorso del Viminale, nell’intento anche di tutelare la madre surrogata, “ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione”. “Sono motivazioni pretestuose. Non è una madre, ma una portatrice – spiega Andrea Simone – In molti paesi quando una donna portatrice mette al mondo un bambino per conto di una coppia di aspiranti genitori, lo fa rinunciando al figlio. È una sua libera scelta, nessuno la obbliga, neppure il bisogno di soldi: in America e in Canada la cifra che le viene corrisposta non le cambia il tenore di vita, perché per la maggior parte va all’agenzia che fa da intermediaria. Chi parla di sfruttamento delle donne spesso non sa che, per esempio, nel Regno Unito e in altri paesi esiste la gestazione per altri altruistica, cioè chi lo fa non riceve alcun compenso in denaro”. “Lo stesso vale per l’Australia o la Georgia, dove è persino reato ricevere un compenso per la gestazione per altri”.
Riconoscimenti di Sindaci e giudici: i precedenti
“Io speravo che non si verificasse una situazione del genere, perché sono sempre di più, anche in Italia, i casi di famiglie con due padri riconosciuti dai Sindaci e dai tribunali locali” racconta Andrea Simone, al quale a ottobre il Comune di Milano ha riconosciuto la paternità legale della figlia Anna, nata in California proprio grazie alla gestazione per altri. Il suo non è l’unico caso. Sempre a Milano lo scorso dicembre l’amministrazione ha riconosciuto “in pancia” il figlio di una coppia lesbica, dunque prima del parto. In quel caso si era trattato di una decisione a scopo precauzionale, per l’aggravarsi delle condizioni della madre che stava portando avanti la gravidanza. Facendo leva sulla giurisprudenza internazionale, in molti hanno chiesti ai Sindaci e ai tribunali di esercitare i poteri di “ufficiali dello stato civile”, per superare i limiti della legge italiana. Una delle prime sentenze di questo tipo è stata quella del Tribunale dei Minorenni di Roma, che nel 2014 ha garantito l’adozione co-parentale alla madre non biologica di una coppia lesbica, confermata poi dalla Cassazione due anni dopo.
Nel 2015, invece, è stata la Corte d’Appello di Torino a sancire per la prima volta il diritto alla trascrizione del certificato di nascita, con due madri, anche in Italia. Lo stesso è accaduto nel 2017 a Trento, dove l’atto è stato autorizzato dal Sindaco su disposizione della Corte d’Appello locale, per il bambino di una coppia gay nato con maternità surrogata all’estero. Quanto all’adozione, è stato il Tribunale dei Minori di Firenze due anni fa a riconoscerla a due padri italiani che avevano appunto adottato un bambino in Gran Bretagna.
Pioggia di ricorsi
Per le numerose coppie omogenitoriali che hanno seguito percorsi analoghi, dunque con richiesta di riconoscimento della paternità anche in mancanza di legame biologico col bambino, si annuncia una serie di ricorsi, soprattutto alla Corte europea per i diritti umani. Già nei mesi scorsi, a farsi portavoce dei diritti delle coppie omosessuali era stato l’avvocato Alexander Schuster, di Trento. E’ stato lo stesso legale a trovare, però, un aspetto positivo al pronunciamento degli “ermellini”. Secondo Schuster viene superato il limite dell’orientamento sessuale per il “genitore intenzionale”, ossia quello non biologico, prevedendo per lui la possibilità di fare ricorso alle “adozioni particolari”.
I limiti
Restano però alcune limitazioni: l’adozione, secondo diversi legali, non tutelerebbe fino in fondo i diritti dei minori e non sarebbe completa, perché non metterebbe il bambino nella stessa posizione di un figlio legalmente riconosciuto o trascritto all’anagrafe. Il caso specifico su cui si è pronunciata la Cassazione, inoltre, presenta una problematica in più, ma non rara: “I due bambini nati dalla gestazione per altri, ma con due ‘madri’ diverse, non sono considerati fratelli, ma solo figli del padre biologico, dunque non sono ritenuti figli a tutti gli effetti anche per il ‘padre intenzionale’ o ‘sociale’, come viene definito il partner” conclude Andrea Simone.