l primo bacio con 40 di febbre, un piatto di polpette al curry, una scritta sul muro alle 3 di notte. L’amore è una questione di inizi. Ma se è relativamente facile cominciare, molto più difficile è continuare e arrivare lontano. E questo vale per tutte le coppie.
A 3 anni dall’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili, molte cose sono cambiate anche per le relazioni omosessuali. Dal 2016 il loro amore può essere celebrato e festeggiato davanti ai propri affetti e a un ufficiale civile. L’ultimo censimento risale al 2011: sono 7.513 le coppie conviventi autodichiarate in Italia. Un dato che l’Istat stesso considera fortemente sottostimato. Nel frattempo, infatti, il mondo si è trasformato: si è abbassata l’età del coming out, è mutata la composizione anagrafica della popolazione gay, è diverso il clima sociale. Quello che il tempo non ha scalfitto è l’amore di chi, occhi negli occhi, mani nelle mani, condivide da più di mezza vita gioie, dolori, quotidianità. Come raccontano le storie di queste 4 coppie di lunga data.
William Belli, 69 anni, e Vittorio Panzani, 75
«Non siamo più lava incandescente, ma abbiamo costruito una base solida che nessuno può scalfire»
Si sono uniti civilmente il 10 settembre 2016. La festa è stata organizzata da tutto il quartiere in cui vivono a Trento, Piedicastello. William, appassionato di storia dell’arte, è un docente di Francese in pensione; Vittorio è antiquario. Insieme sono stati tra i fondatori dell’Arcigay del Trentino, ai tempi in cui la comunità omosessuale italiana muoveva i suoi primi passi. Si sono conosciuti 47 anni fa a Pinzolo, di fronte agli affreschi medievali della chiesa di San Vigilio. «Per me è stato un colpo di fulmine» racconta William. «Avevo 22 anni e quando ho visto Vittorio mi sono sentito attraversare da qualcosa che ancora oggi non riesco a spiegare». L’impatto per Vittorio fu molto diverso: «William non mi piaceva, era un adolescente pieno di brufoli, pensavo sarebbe stato un flirt. La prima volta che l’ho baciato aveva la febbre a 40. Mi sono innamorato dopo, quando ho compreso che avevamo gli stessi interessi, era una persona intelligente, e poi i brufoli sono spariti». Vittorio ha sempre saputo di essere gay: «lo so dall’età di 9 anni e i miei genitori hanno subito capito».
Per William, invece, è stata più dura: sua madre, lasciata dal marito, ha dovuto metterlo in collegio e lì ha avuto il primo approccio con un ragazzo. «La mamma è venuta a saperlo leggendo di nascosto una lettera d’amore che mi aveva scritto Vittorio. È mancata a 95 anni e ha vissuto con noi fino all’ultimo. Oggi il nostro amore lo definirei così: non più la lava incandescente e mobile di quando eravamo giovani, ma una base solida che niente può scalfire». Nella loro scelta di unirsi civilmente non c’è stata voglia di ribalta: «Lo abbiamo fatto con grande emozione. Il primo regalo di nozze è arrivato da Vittoria, Cesira e Fernanda». Sono 3 donne anziane di Piedicastello, William ci gioca a carte il martedì quando fa volontariato alla Casa Aperta. Un gesto che racchiude in sé la semplicità e la naturalezza dei rapporti che sono riusciti a costruire negli anni, vivendo sempre il loro amore alla luce del sole.
Gianni Manetti, 70 anni, e Victor Palchetti-Beard, 67
«Per non vivere lontani siamo diventati fratelli adottivi: ai tempi ci sembrava una figata»
Con il loro irresistibile accento fiorentino Victor e Gianni si definiscono “diversamente ragazzi”. Sono una coppia da 43 anni. Victor è americano di Chicago: arriva a Firenze nel 1975 per studiare Lettere comparate all’università, conosce Gianni e non si lasciano più. Merito dell’indispensabile aiuto della madre di Gianni (oggi 96enne) che, per accontentare quel figlio innamorato, nel 1991 adotta Victor. «È una donna che ha solo la terza media, ma la sua è stata la più grande prova d’amore possibile». I 2 ragazzi per la legge diventano così fratelli: «Negli anni ’90 era l’unica soluzione che avevamo trovato per poter stare insieme in Italia, altrimenti Victor sarebbe dovuto tornare negli Stati Uniti. Ai tempi ci sembrava una gran figata. Oggi, per fortuna, non servono più questi escamotage: la nostra generazione ha vissuto anni difficili».
Gianni da piccolo era considerato un bimbo “strano”, era preso di mira dai bulli a scuola e stigmatizzato per l’abbigliamento vivace. Victor, nero e omosessuale, negli Usa non aveva problemi a vivere liberamente la propria sessualità: «A casa mia c’è sempre stato rispetto per le scelte di tutti. Solo un giorno, all’inizio degli anni ’80, quando si cominciava a parlare di Aids, mia madre Ruth alla fine della telefonata mi disse: “Ma tu e Gianni state attenti?”. Fu l’unica volta in cui si toccò l’argomento». Victor e il suo GianBoy (così lo chiama affettuosamente il compagno) vivono in un monolocale a Firenze con 2 cani. «Abbiamo una vita piena e tutti qui ci rispettano, la nostra casa è sempre aperta. Non abbiamo mai frequentato ambienti gay, ci siamo sempre sentiti pesci fuor d’acqua». Gianni e Victor hanno un unico rimpianto: non potersi sposare civilmente perché per la legge sono ancora fratelli adottivi. «Chi se lo sarebbe mai immaginato che un giorno sarebbero arrivate le unioni civili? Ormai è andata così».
Quando sono andata ad aprire la porta mi sono trovata di fronte una bellissima donna con il tiramisù in mano. Ho subito pensato: «È lei». non ci siamo più lasciate dal 1984
Paola Fognani, 73 anni, e Stella Marchi, 65
«Ci siamo sposate in ospedale, il giorno prima di un intervento, per poterci garantire diritti e tutele di legge»
Coppia dal 1984, unite civilmente il 28 settembre 2016, Paola e Stella sono entrambe pensionate e, quando non sono in viaggio, vivono a Roma insieme alle loro gatte. Riusciamo a contattarle tra una partenza e l’altra. «Siamo state in Argentina, Stati Uniti, Canada e Lapponia. Vorremmo tornare in Finlandia e ci piacerebbe visitare il Perù». Si sono conosciute un giorno di fine estate a casa di un’amica di fronte a un piatto di polpette al curry. «Quando sono andata ad aprire la porta mi sono trovata di fronte questa bellissima donna con il tiramisù in mano» racconta Stella, che aveva alle spalle un matrimonio fallito dopo 5 anni con un uomo. «Ho subito pensato: “È lei”».
Nel 2016 a Stella viene diagnosticato un tumore: è grave e deve operarsi subito. «Di quel periodo non ricordo quasi nulla, ho avuto come un black out» racconta. Decidono di sposarsi all’ospedale San Camillo, dove Stella era ricoverata, il giorno prima dell’intervento. «Se le cose fossero andate male, poterla lasciare come mia moglie mi dava una felicità immensa, mi consolava sapere che avremmo potuto avere diritti e tutele di legge in quanto compagne». Superato l’intervento, Paola e Stella si sono unite ancora più di prima: «Facciamo l’amore anche 3 volte al giorno. Che male c’è?». Attiviste Lgbt, continuano a scendere in piazza, oggi come ieri: «La legge per le unioni civili è stato solo il primo traguardo».
Maria Laura Annibali, 74 anni, e Lidia Merlo, 72
«Tutto quello che vogliamo è dentro la nostra casa. Il matrimonio? Mai pensato fosse così divertente»
Maria Laura ha il primato di essere, tra le coppie gay unite civilmente, la sposa più “adulta” d’Italia: aveva 71 anni quando ha detto sì, nel 2016. La sua compagna Lidia era già stata sposata con un uomo per 35 anni, insieme hanno avuto una figlia. «Ho sempre saputo di non volere quella vita, ma sentivo di dover soddisfare le convenzioni sociali e la rigida educazione della mia famiglia» racconta. «Ricordo che la mattina del mio matrimonio mio cugino mi disse: “Adesso sei veramente felice”. Io mi sentivo solo sbagliata». È a 50 anni compiuti che Lidia decide di scoprire chi è davvero: «Sono andata al Gay Village di Testaccio, a Roma, mi vergognavo da morire ma dovevo parlare con qualcuno». Quel qualcuno è Maria Laura, presidente dell’associazione Dì Gay Project: «Ero già attivista, non mi nascondevo da tempo». Invece Lidia scopre in quel momento quello che sente dentro: di fronte a Maria Laura si scioglie e 2 giorni dopo il loro incontro si dichiara, scrivendo sul muro sotto casa: “Ti amo perdutamente”.
Ecco il loro inizio, che le ha portate all’unione civile 3 anni fa. «Fino a quando avrò forza combatterò per il matrimonio egualitario» dice Maria Laura. «Sono nata nel 1944, all’epoca le persone come me erano sorvegliate. Vengo da una famiglia borghese, cattolica e fascista e ho fatto coming out a 20 anni. Io e Lidia siamo donne, lesbiche, “grandi” (a loro non piace la parola anziane, ndr): ci sono ancora molti pregiudizi su di noi. Una volta, di ritorno dal Gay Pride di Roma, siamo state insultate: un uomo ci ha detto “Andrete all’inferno”. Sul pullman una signora si lamentava: “Ma che sono ’sti froci?”. Ci siamo sposate per dare speranza alle persone della nostra età che si stanno ancora nascondendo. E combattiamo per una legge contro l’omofobia e l’adozione del figlio della partner nelle famiglie arcobaleno». Lidia aggiunge: «Alle nozze lei mi ha dedicato una poesia e io 2 parole: “Per sempre”. Siamo giocherellone, ridiamo. Tutto quello che vogliamo è dentro la nostra casa. Non avrei mai pensato che il matrimonio potesse essere così divertente».
Foto di Melissa Ianniello