In Cina quasi l’80% dei contagi accertati da coronavirus pare sia stato causato da soggetti asintomatici. A dirlo sono i dati di un report che si riferisce alle prime settimane di gennaio, quando non erano ancora scattate le misure di contenimento. Oggi gli scienziati ritengono che le infezioni “reali” non documentate fossero l’86%. Un altro studio, appena pubblicato sulla rivista Science, conferma che non vanno sottovalutati i cosiddetti “casi fantasma” degli asintomatici.
Contagi reali e “nascosti”
Secondo le analisi condotte dagli scienziati dell’Imperial College di Londra, coordinati da epidemiologi della Columbia University di New York, per ogni soggetto a cui è diagnosticata l’infezione da Sars-Cov-2, ce ne sono da 5 a 10 non tracciati, magari asintomatici o con sintomi molto lievi. Questo, però, non li rende incapaci di trasmettere il coronavirus, anzi: secondo la ricerca sarebbero responsabili di quasi l’80% delle nuove infezioni. Il valore di questo “sommerso” è potenzialmente elevatissimo soprattutto in quei Paesi dove non sono ancora scattate misure di contenimento o sono entrate in vigore molto tardi. Secondo una stima dei ricercatori, negli Usa a fronte di 3.500 casi ufficiali ce ne sarebbero 35mila effettivi.
«Su questo aspetto ci sono conferme anche dall’Italia. A darcele è lo studio sistematico sui tamponi sul caso di Vo’ euganeo, in Veneto, a distanza di 15 giorni: per ogni contagiato con sintomi ce n’erano 3 asintomatici, dunque soggetti a rischio di contagio per gli altri» conferma il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano.
Chi sono gli asintomatici
La ricerca è stata condotta dal professore ordinario di Immunologia clinica dell’Università di Firenze, Sergio Romagnani, secondo cui la percentuale delle persone infette asintomatiche è risultata altissima (50-75%). In maggioranza si tratta di giovani. Da qui l’importanza dell’isolamento sociale. Un’altra parte importante di soggetti asintomatici è poi rappresentata da medici e infermieri, che spesso sviluppano un’infezione senza rendersene conto, con il rischio poi di veicolare il virus a colleghi o pazienti.
«Certo l’efficacia di contagio da parte di un asintomatico è inferiore rispetto a un soggetto che presenta evidenti sintomi, come possono essere la tosse o gli starnuti, per ovvi motivi, ma comunque un asintomatico è fonte di trasmissione del virus» aggiunge il virologo. Riprendendo l’esempio di Vo’ euganeo, Romagnani ha sottolineato l’importanza dell’isolamento, che ha permesso un drastico calo di contagi (da 88 a 7 entro 10 giorni) e una più rapida guarigione nei soggetti infettati: nel 60% la malattia si è risolta in 8 giorni.
Un falso mito: contagi più lievi?
Secondo Jeffrey Shaman, coordinatore dello studio anglo-americano, l’importanza delle diagnosi è fondamentale : «Anche se si prende la malattia da una persona con sintomi lievi, non significa che la si prende in maniera leggera. Si potrebbe ugualmente finire in terapia intensiva».
«Una volta trasmesso, il virus è identico, dunque, potrebbe colpire in modo più o meno intenso a prescindere da come ha colpito il paziente da cui proveniva» conferma Pregliasco. Da qui l’importanza di aumentare i test, ribadita anche dall’Oms nelle scorse ore, con un appello a intensificare l’uso dei tamponi.
Aumentare i tamponi?
Molti esperti sono concordi sulla necessità di incrementare gli accertamenti per identificare eventuali “casi fantasma”. «Un semplice messaggio per tutti i Paesi: test, test, test. Fate il test a ogni caso sospetto di COVID-19» ha twittato Walter Ricciardi. Il consulente del ministero della Salute e rappresentante italiano dell’Oms ha ripreso il monito ad aumentare i tamponi lanciato proprio dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale i positivi vanno isolati, rintracciando tutti i suoi contatti, anche se asintomatici. Una linea già abbracciata dal Veneto e dalla Toscana.