Oggi che attraversiamo la fase più tragica dell’emergenza coronavirus ci riesce difficile pensare a cosa succederà dopo. Gli ultimi dati sembrano indicare un rallentamento del contagio in Italia ma siamo, purtroppo, il primo Paese al mondo per numero di decessi. Non c’è dubbio che le conseguenze di questa crisi si faranno sentire a lungo, ma in molti, tra esperti e analisti economici, già sono convinti che la società dopo la pandemia sarà molto diversa da quella che sia siamo lasciati alle spalle.
Cambierà il modo in cui viaggiamo e usufruiamo degli spazi pubblici…
Com’è successo dopo l’11 settembre, saranno le regole di viaggio a cambiare per prime. L’industria aeronautica è stata la prima a essere colpita con il blocco dei voli da e per molti Paesi, in primis la Cina, dove il virus si stava diffondendo. All’inizio dell’emergenza, molte compagnie continuavano a far volare i loro aerei, anche se vuoti, per non perdere il loro turno all’interno della programmazione degli aeroporti, ma oggi, con metà mondo in quarantena e la maggior parte dei grandi scali occidentali fermi, non mancano le compagnie che hanno fermato la loro flotta, come ha fatto, ad esempio, EasyJet.
Quando torneremo a viaggiare, lo faremo molto probabilmente con regole del tutto nuove, scrive Gideon Lichfield su MIT Review, la rivista del Massachusetts Institute of Technology (MIT). I controlli cambieranno e non è difficile prevedere che come, dopo gli attacchi terroristici, furono introdotte nuove misure di sicurezza fino a quel momento impensabili, ci abitueremo al controllo della temperatura, ai tamponi veloci e alla quarantena forzata (se positivi) una volta arrivati in un aeroporto straniero. Nei Paesi asiatici che per primi hanno affrontato il diffondersi del virus, d’altra parte, questi misure sono già realtà. Si pensi alla Corea del Sud, che grazie a un’azione tempestiva è riuscita a invertire la curva dei contagi in sole due settimane, che sottopone i viaggiatori in arrivo al test per il coronavirus, mentre a Shanghai e a Hong Kong, che stanno gradualmente “riaprendo”, sono state adibite strutture apposite, gestite dai governi locali, dove chi viene dall’estero è sottoposto a test e quarantena preventiva.
C’è anche chi ipotizza una sorta di passaporto “sanitario” da esibire insieme a quello che utilizziamo di consueto, ma è troppo presto per dirlo: certamente, luoghi affollati come aeroporti e stazioni diventeranno sempre più “contactless”, privi di contatto, e lo stesso succederà alla maggior parte dei luoghi pubblici. Come ha spiegato anche il sindaco di Milano Beppe Sala in uno dei suoi video su Facebook, le grandi città devono prepararsi a cambiare il modo in cui pensano i luoghi di ritrovo, dai cinema alle sale da concerto, dai mezzi di trasporto agli stadi fino alle scuole, e adattarli di conseguenza. La pandemia ci ha già fatto vedere immagini che credevamo impossibili, come le strade di New York deserte o piazza San Pietro con al centro solo il Papa e nessun fedele, ma è solo l’inizio del modo in cui cambierà il nostro rapporto con i grandi spazi aperti e con i luoghi al chiuso destinati al ritrovo di molte persone.
… ma cambierà anche il modo in cui faremo la spesa, andremo al ristorante e ci saluteremo
Di conseguenza, cambieranno anche le nostre abitudini quotidiane, a cominciare dal modo in cui facciamo acquisti. In molte città italiane, come ad esempio a Milano, nell’ultimo mese è esplosa la richiesta per le consegne a domicilio, al punto che i ritardi della grande distribuzione sono diventati oggetto di immagini satiriche sui social, della serie “Ho ordinato la spesa online e mi arriverà alla fine della quarantena”. Scherzi a parte, però, è vero che in Italia siamo molto indietro sull’agenda digitale rispetto ai Paesi come la Cina, dove gli acquisti online sono molto più sdoganati (e di conseguenza tutta la catena è più veloce), cosa non da poco conto quando si vivono misure di restrizione come quelle in atto oggi, che potrebbero non diventare così rare. E per quanto riguarda gli acquisti dal vivo, anche quelli saranno sempre più contactless.
Usciti dalla fase dell’emergenza sanitaria, la ripresa sarà graduale e procederà molto probabilmente per blocchi: non riaprirà tutto nello stesso momento e per farci un’idea di come potrebbe andare è sempre utile guardare a chi ci è passato prima di noi. Aaron Fox-Lerner su Eater ha raccontato ad esempio la situazione a Pechino dove da pochi giorni hanno riaperto anche i ristoranti, dopo uno stop di quasi due mesi. Pechino non è più la città fantasma che era qualche settimana fa ma ci sono ancora delle regole molto rigide per chi vuole mangiare fuori, dal distanziamento dei posti a sedere fino alla disenfezione dei locali. Intervistando i ristoratori locali, però, il giornalista rileva come a tutt’oggi per molti cittadini cinesi l’opzione preferibile rimanga la consegna a domicilio.
The Art Newspaper parla invece della riapertura dei primi musei in Cina, in Corea del Sud e in Giappone. Oltre alle severe misure di sanificazione cui vengono giornalmente sottoposte le sale, la prenotazione online è obbligatoria, all’ingresso viene effettuato il rilevamento della temperatura corporea, si entra a gruppi che non possono superare un numero prestabilito e ai visitatori viene chiesta la carta d’identità che riporta il codice sanitario personale. Cambierà certamente, anzi è già cambiato, il modo in cui ci salutiamo: niente baci, abbracci o strette di mano, almeno finché non capiremo come il virus definitivamente come si comporta il virus, mentre le mascherine, da sempre considerate un gesto di senso civico nelle società asiatiche (non infettare gli altri se si hanno sintomi influenzali), sono entrate nella nostra vita per rimanerci: non è impensabile che le indosseremo anche al lavoro.