«Dormo in cucina per cercare di sottrarmi, almeno qualche ora, alle provocazioni, alle angherie, alle botte. Mi ha preso a calci e pugni perfino dopo i 2 interventi chirurgici che ho fatto all’anca». Federica, 71 anni, di Bari, docente di Lettere in pensione, è costretta a vivere con il marito, 70, anche se lui è indagato per maltrattamenti e violenza fisica. «Sono in quarantena con il mostro perché non ho ancora avuto giustizia: negli ultimi 2 anni ho depositato 3 denunce e un ricorso per separazione ma non ho ottenuto alcun provvedimento».
Il 29 dicembre ha dovuto lasciare la casa protetta dove era stata ospitata per 3 mesi: aveva bisogno di cure domiciliari. Così ora è riconsegnata ai soprusi del suo aguzzino. Fuori il coronavirus, dentro il virus della violenza. Chiuse in casa per il lockdown ci sono vite che potrebbero precipitare. Nei 338 Centri e servizi antiviolenza d’Italia si registra un calo del 55% delle denunce dall’inizio della quarantena. Il dolore resta confinato in casa, la violenza domestica non è affatto diminuita e i femminicidi continuano a sconvolgere (vedi box nella pagina accanto). Anche l’Onu lancia l’allarme. «Molte donne sono a rischio proprio laddove dovrebbero essere protette» ha detto il segretario generale Antonio Guterres, proponendo che vengano istituiti «sistemi di allarme d’emergenza nelle farmacie e nei negozi di alimentari», tra le poche attività essenziali rimaste aperte durante la pandemia.
«Mio marito è un professionista noto in città. Conosce gente che conta, si sente un potente» racconta Federica. «E forse lo è davvero, visto che non è stato ancora allontanato. Finora gli hanno solo tolto il fucile che mi ha puntato alle spalle 30 anni fa mentre cercavo di scappare con i miei figli, maschio e femmina, oggi 40enni ma all’epoca 2 bambini impauriti. Sono stata felice solo quando eravamo fidanzati all’università. Dopo il matrimonio lui si è trasformato: non voleva che insegnassi, voleva fare di me la sua colf e la sua geisha».
88 vittime di violenza al giorno, una ogni 15 minuti
Secondo l’Istat, in Italia più di 6 milioni di donne hanno subìto violenza fisica o sessuale e in 8 casi di femminicidio su 10 muoiono per mano di un familiare. Questo non è amore, il report 2019 della Polizia, registra 88 vittime di violenza al giorno, una ogni 15 minuti.
Federica, in quarantena, teme anche altro: «Sono immunodepressa ma mio marito esce ogni giorno, frequenta – e se ne vanta – l’amante. Domenica è andato nella casa delle vacanze e a raccogliere asparagi, ma nessuno lo ha fermato. Perché io non posso andare nelle case rifugio e lui può andare in giro con il rischio di contagiarmi?» si chiede con rabbia.
«Nelle strutture che restano attive, osservando le misure di prevenzione, vivono mamme con bambini. L’arrivo di una persona esterna, non sapendo se sia positiva al coronavirus, innesca purtroppo problemi di sicurezza sanitaria e mette a rischio le ospiti e le operatrici» spiega Maria Pia Vigilante, referente dei Centri antiviolenza della Puglia, fondatrice nel 1997 di Giraffa Onlus (Rete Reama-Pangea) che a Bari gestisce il centro “Paola Labriola”. «Stiamo continuando ad accogliere questo immenso dolore da remoto: abbiamo attivato un numero h24, il 3487777536. Ed è appena arrivata una buona notizia: grazie ai nuovi alloggi individuati dalla Regione chi ha necessità di lasciare la propria abitazione potrà farlo».
Abusi domestici e femminicidi: gli ultimi casi di cronaca
È stata accoltellata alla pancia e poi strangolata Lorena Quaranta, 28 anni, la studentessa di Medicina uccisa in casa dal compagno, infermiere, a Furci Siculo (Me). E non è l’unica vittima di femminicidio e violenza domestica durante questa quarantena.
A Roma una donna di 46 anni è stata accoltellata e decapitata dal figlio dopo una discussione. A Sessa Aurunca (Ce) un uomo di 52 anni, già agli arresti domiciliari, ha colpito la moglie alla schiena con un paio di forbici perché non gradiva la cena. Nel Padovano una donna di 48 anni è stata massacrata a colpi di mattarello dal marito di 58. Si è salvata solo grazie all’allarme dei vicini.
A chi puoi chiedere aiuto
1522 è il numero del servizio pubblico di help line contro violenza e stalking, gratuito anche dai cellulari e attivo 24 ore su 24. Gli operatori sono addestrati a parlare in codice con le donne, in modo da non insospettire i mariti violenti che possono ascoltare le chiamate (www.1522.eu).
Youpol è l’app della Polizia nata contro il bullismo e ora implementata per segnalare i reati di violenza domestica. Scaricandola sul cellulare si possono inviare – anche in anonimato e se si è testimoni – messaggi, foto e video: le segnalazioni sono geolocalizzate in tempo reale.