Col passare delle settimane e alla luce dei dati raccolti finora è possibile avere indicazioni più precise sui tempi di incubazione del coronavirus, ma anche sulle procedure da seguire una volta giudicati “guariti”, sia dopo il ricovero in ospedale, sia se i sintomi da coronavirus sono stati lievi e tali da potersi curare a casa. Ecco le indicazioni dell’esperto.
Incubazione: da 2 a 14 giorni
Uno degli interrogativi maggiori riguarda il tempo di incubazione, perché da quello dipende l’opportunità di procedere a isolamento per chiunque sia entrato in contatto con una persona infetta. «Nella stragrande maggioranza dei casi è di 5/6 giorni, ma il range varia da un minimo di 2 a un massimo di 12/14 giorni. Ecco perché la quarantena è fissata in 14 giorni, l’arco di tempo entro cui si manifesta la malattia dopo il contatto con il virus» spiega Fortunato D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, che aggiunge: «Da questo punto di vista si confermano le indicazioni valide fin dall’inizio. Ciò che invece cambia sono i tempi di contagio».
Da controllare: i contatti nelle ultime 48 ore
L’analisi dei dati raccolti finora ha portato a modificare a livello internazionale le indicazioni sulla contagiosità, recepite anche da una circolare del ministero della Salute: «Il nuovo documento e le linee internazionali suggeriscono di rintracciare tutte le persone che sono state a contatto stretto con un soggetto positivo nelle ultime 48 ore dalla comparsa dei sintomi della malattia. Non più, dunque, nei 14 giorni precedenti, che rappresentavano una finestra temporale eccessivamente ampia» spiega D’Ancona.
La guarigione: dopo 15 giorni dalla dimissione
Ma una volta considerati “guariti”, si può stare tranquilli? «Una volta guariti, si diventa portatori convalescenti. Significa che per non essere più contagiosi occorre che passino 15 giorni e soprattutto che ci siano due tamponi negativi, da effettuarsi nell’arco delle 24 ore per evitare un falso negativo» spiega il virologo Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. «Anche nel caso di sintomi lievi, senza ricovero né tampone, occorrono due settimane dalla fine dei sintomi per essere sicuri di non trasmettere il contagio» spiega D’Ancona, dell’Istituto Superiore di Sanità.
Che fare quando si esce dall’ospedale
Le dimissioni, dunque, non rappresentano sempre la parola “fine”. Di fronte alla carenza di posti letto «se le condizioni lo permettono si può tornare a casa, ma occorrono alcune precauzioni. Il paziente deve indossare una mascherina e stare in isolamento, possibilmente in un appartamento in uso soltanto a lui. Se non si può, occorre limitare i contatti con i familiari che, se si avvicinano, devono indossare a loro volta una mascherina. Mascherina e occhiali servono anche quando si cambiano le lenzuola o si rifà il letto» spiega l’epidemiologo, dal momento che il coronavirus può attaccare anche la mucosa degli occhi, dando luogo a congiuntivite. «Se non si può disporre di un bagno ad uso esclusivo, quello condiviso va disinfettato accuratamente perché è possibile che il paziente possa ancora rilasciare il virus» consiglia D’Ancona.
Cosa sono le dimissioni protette
Per evitare che chi è stato malato possa trasmettere nuove infezioni una volta dimesso, si moltiplicano le iniziative per trovare alloggi alternativi alla casa di residenza. A Genova, per esempio, è operativa una nave-ospedale, che accoglie chi è in condizioni di lasciare una struttura ospedaliera a terra, ma è bene che non torni a casa. Si tratta del traghetto Gnv Splendid che ospita 25 pazienti in cabine singole del ponte 7 della nave, trasformate in alloggi attrezzati. A bordo ci sono 6 medici, 12 operatori socio-sanitari, 15 infermieri, 2 psicologi e 2 fisioterapisti, tutti volontari. Sempre in Liguria, alla Spezia, la Protezione Civile ha messo a disposizione l’ex ospedale militare Falcomatà, mentre a Cairo Montenotte (Savona) sono stati resi disponibili 50 posti presso la scuola di Polizia penitenziaria. A Novara, in Piemonte, la Prefettura e Federalberghi ha individuato quattro alberghi dove ricoverare i malati meno gravi o in convalescenza. Oltre agli spazi del demanio o a gestione pubblica in tutta Italia, anche i privati si sono attivati.