Chiusi in casa per settimane, alle prese con ritmi quotidiani stravolti, ma anche con la paura del contagio, in molti hanno accusato problemi di insonnia durante il lockdown. Purtroppo questi disturbi sono destinati a continuare anche nella fase 2 e nei mesi a venire. Secondo gli esperti dell’Associazione italiana per la Ricerca e l’Educazione nella Medicina del Sonno (Assirem), questi disturbi potrebbero proseguire a lungo, legati alle difficoltà economiche, alle incertezze sul futuro e ai carichi di lavoro aumentati con lo smart working, specie per le donne.
Fatica ad addormentarsi per colpa della pandemia
Dalla ricerca di Assirem, condotta su un campione di 1.000 cittadini italiani, emerge come la metà (50%) di coloro che riuscivano ad addormentarsi in 15 minuti, con il lockdown ha avuto più difficoltà arrivando a metterci anche più di un’ora, nonostante si vada a letto più tardi (in genere 1 o 2 ore). La prima conseguenza – grazie anche allo smart working che permette di lavorare da casa – è che anche la sveglia è stata posticipata, cambiando i ritmi quotidiani di sonno-veglia e peggiorando la qualità del sonno. Secondo gli esperti, però, neppure con il ritorno graduale alla normalità la situazione migliorerà.
Perché si dorme male
«Se nella fase di lockdown il principale motivo di ansia e insonnia era la paura del contagio, unita al cambio di orari quotidiani e alla minor esposizione al sole (che influisce sul ritmo circadiano, ossia il nostro orologio biologico) ora si vivono nuove fonti di tensione emotiva che rendono difficile l’addormentamento e agitato il sonno: si tratta di pensieri legati alle difficoltà economiche, alla perdita o timore di perdita del lavoro, alla fobia di entrare in contatto con persone contagiose sui mezzi pubblici o in ufficio e la prospettiva di proseguire con lo smart working, con tutto ciò che ne consegue specie per le donne, che sono notoriamente le più colpite dai disturbi del sonno» spiega Pierluigi Innocenti, neurologo e fondatore di Assirem.
Fase 2, le donne ancora le più colpite
«Al nostro sondaggio ha risposto l’82,9% di donne e solo il 17,1% di uomini, a conferma di quanto le prime soffrano di disturbi del sonno e siano più sensibili al problema. Il motivo non è tanto di natura genetica, fatta eccezione per le vampate notturne in menopausa. È piuttosto un diverso stile di vita: le donne hanno sempre avuto maggiori difficoltà a conciliare lavoro e famiglia e, con lo smart working, ora si trovano a occuparsi spesso anche dei figli nella didattica a distanza. Tutto questo crea uno stato di tensione anche inconsapevole e di iperattività mentale che non facilitano il rilassamento necessario a prendere sonno. Più si è in ansia, più si hanno pensieri in testa, più difficilmente ci si addormenta o si dorme bene. Il sonno diventa superficiale e interrotto da incubi» spiega l’esperto.
Incubi come i reduci di guerra
I ricercatori sottolineano come sia diminuito il numero di coloro che hanno una “buona qualità del sonno” (dal 17% all’8,2%) o “abbastanza buona” (39,6% contro il 64,9% del periodo pre-COVID). Di contro aumenta chi riferisce una qualità del sonno “abbastanza cattiva” (dal 16,1% al 37,2%) e “molto cattiva” (dal 2% al 15% attuale). Il lockdown ha portato un maggior numero di risvegli notturni (3 persone su 4 si sono svegliate al mattino presto almeno una volta alla settimana contro le 4 persone su 10 prima della pandemia) e di incubi (40% del campione contro il 10% precedente).
«Oltre alla fatica nell’addormentamento il vero campanello d’allarme è l’aumento degli incubi notturni che in alcuni casi sono analoghi a quelli di chi soffre della sindrome da stress post traumatico. È un disturbo tipico dei militari di ritorno da guerre come in Vietnam, che rivivono nel sonno situazioni traumatiche del passato». Nel caso della pandemia e del periodo successivo capita di svegliarsi improvvisamente dopo incubi che hanno a che fare con il contagio o il lavoro: «Nella nostra ricerca solo lo 0,8% ha riferito di essersi ammalata, ma ben l’8,4% (dieci volte tanto) ha detto di aver avuto paura di contagiarsi. Il fatto solo di pensarlo è una fonte di preoccupazione». Anche ora, in fase 2, sono in molti a temere di essere stati asintomatici e dunque di potersi contagiare con il ritorno alla normalità, come dimostra la corsa ai test sierologici.
Il rischio che l’insonnia attuale si cronicizzi
Proprio la prospettiva di dover convivere con il virus anche nella Fase 2 e 3 per molti mesi continua ad alimentare nuova ansia «anche quando vengono meno i fattori che l’hanno scatenata. A questa si possono unire forme di depressione per le preoccupazioni economiche e lavorative. Il rischio è di cronicizzare i disturbi del sonno. Al contrario, quando si dorme bene si riescono a prendono le giuste distanze da paure e ricordi di un periodo negativo, che a loro volta disturbano il sonno come in un circolo vizioso. Ad esempio, un soldato reduce da un fronte di guerra non dimenticherà mai quella esperienza, ma potrà superare la sindrome di stress post traumatico proprio recuperando il riposo durante il quale il cervello riesce a dissociare i pensieri negativi dalle emozioni e stati d’animo che li causano» spiega l’esperto.
Come tornare a dormire bene
«La qualità del sonno passa anche dallo stile di vita e dall’alimentazione. Una delle strade più efficaci e recenti è la terapia cognitivo-comportamentale. Si tratta di sedute con psicologi esperti in questo campo, che agiscono in due direzioni: da un lato permettono di liberarsi dai pensieri negativi che ostacolano il riposo. Per esempio molti insonni dicono di temere il momento dell’addormentamento e si agitano molto prima per la paura di non riuscire a dormire o di avere incubi. Dall’altro la terapia corregge alcuni comportamenti errati, da quelli alimentari (per esempio, cene troppo pesanti e a tarda ora) alla sedentarietà, all’eccessivo uso di dispositivi elettronici: se è vero che si utilizzano di più smartphone, tablet e pc per lavoro e didattica a distanza, è anche vero che non si dovrebbero tenere accesi o consultare alla sera, perché la luce blu che emettono inibisce la produzione di melatonina, che regola proprio il ritmo sonno-veglia» conclude l’esperto, che ricorda il decalogo per tornare a dormire bene.
Il decalogo per dormire bene
Dal decalogo degli esperti dell’Assirem ecco alcuni consigli:
– Idratarsi bevendo almeno 2 litri di acqua al giorno
– Esporsi alla luce solare per almeno 30 minuti nell’arco di una giornata
– Fare attività fisica regolare (meglio al mattino), che aiuta a rilassarsi mentalmente e fisicamente
– Seguire un’alimentazione sana con cibi ricchi di triptofano (un amminoacido precursore della serotonina, l’ormone del buon umore, che si trova soprattutto nell’albume d’uovo, merluzzo, semi di soia, parmigiano, sesamo), vitamine e minerali, privilegiando frutta e verdure fresche
– Evitare riposi pomeridiani
– Ridurre l’assunzione di eccitanti come caffè, thè, cioccolato, specie al pomeriggio
– Evitare il fumo
– Sconsigliato addormentarsi sul divano alla sera, perché si frammenta il sonno
– Consigliata invece una cena leggera e non tardi (ma evitare anche di andare a letto con troppa fame)
– No all’alcol, specie alla sera, perché all’iniziale sonnolenza segue un riposo frammentato e favorisce risvegli precoci
– Cercare di favorire attività rilassanti (bagno caldo, yoga, musica almeno un’ora prima di andare a letto)