Le città vuote, i negozi chiusi, le persone che camminano ad almeno un metro di distanza l’una dall’altra, sembrano scene tratte da un film. Eppure è tutto vero. È giunto il momento di attingere alle nostre risorse interiori per combattere il senso di isolamento e salvaguardare le relazioni. Ne abbiamo parlato con Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, per capire come gestire al meglio questo delicato momento.
Che cosa accade alle relazioni in tempi di coronavirus?
«Cambia tutto, dalla nostra socialità esterna a quella interna. Abituati come eravamo a pensare alla casa come un luogo di passaggio, dove meno ci si sta e meglio è, ora dobbiamo abituarci al fatto che è l’unico luogo sicuro. È una situazione che porta con sé un caleidoscopio di conseguenze riguardo alle relazioni. Se all’interno di una casa convive una coppia che va d’amore e d’accordo, allora la relazione può trasformarsi in qualcosa di meraviglioso. Viceversa, la coppia esplode. Non tutti sono in grado di sopportare l’atmosfera di intimità che si respira in questi giorni e, specie chi è già in crisi, potrebbe sentire il suo spazio forzatamente invaso. Quando saremo fuori dall’emergenza non mi stupirei se, da una parte, ci sarà un aumento delle separazioni e, dall’altra, un incremento delle nascite».
Come potrebbero reagire all’isolamento i single e chi non vive in famiglia?
«Un single è già abituato a stare solo e paradossalmente è meno a rischio di altri, perché sa come organizzare la propria solitudine».
La mancanza di alcuni rituali sociali, come l’aperitivo ad esempio, che effetti potrebbe avere su chi vive da solo?
«In questo momento non ci si può incontrare durante un aperitivo ma esiste la comunicazione via skype. È importante mantenere la massima calma e può risultare utile pensare che, nonostante tutto, siamo dei privilegiati perché per lustri e lustri, non è mai successo niente di così grave alla nostra comunità, da Lampedusa alle Alpi. Sì, ci sono state le crisi economiche, ma qualcosa del genere era impensabile. Siamo impreparati, è vero, ma dobbiamo pensare che non durerà per sempre e, prima o poi, tutto tornerà alla normalità».
Come possiamo evitare che la paura prenda il sopravvento e intacchi le relazioni?
«Non c’è da preoccuparsi, gli essere umani si adattano a tutto. Stiamo parlando di qualcosa che è insorto da poco tempo. Tra tre o quattro giorni le cose già cambieranno perché, nel frattempo, ci saremo tarati su uno stile di vita diverso dal solito. Quindi, superata la prima ondata di timore, capiremo e ci abitueremo».
Come spiegare il coronavirus agli anziani ed ai bambini?
«Dicendo la verità: che è una malattia pericolosa, che c’è da stare attenti e seguire delle norme igieniche. Il problema non va sminuito ma neanche ingigantito. I genitori, soprattutto, devono adottare un comportamento responsabile nei confronti dei figli e spiegare che alcune cose, come giocare all’aria aperta e organizzare le feste, sono semplicemente rimandate».
Stare a casa implica un tempo maggiore da dedicare ai ricordi e qualcuno potrebbe aver voglia di chiamare un ex o una persona lontana. È sempre frutto di una nostalgia circoscritta al momento?
«Credo che sia uno dei risvolti positivi di questa situazione. Mi sembra normale che le persone, avendo più tempo a disposizione, riaprano l’album dei ricordi oppure guardino il telefonino e abbiano voglia di mandare un messaggio al numero che erano abituati a comporre. Ed è altrettanto probabile che si rivalutino relazioni interrotte senza un vero motivo di fondo».
Le opinioni sul post coronavirus sono contrastanti: chi pensa che questo periodo ci servirà a rivalutare il contatto umano e chi, invece, sostiene che ci abitueremo ad evitare i contatti e troveremo nuove forme di relazione. Lei cosa ne pensa?
«Non credo che troveremo un nuova modalità di relazione, anzi, credo che questo periodo ci costringerà ad un uso talmente elevato dei social che il 4 di aprile ne avremo la nausea, diremo basta e avremo un gran desiderio di abbracciarci. Quando tutto sarà finito torneremo a una sana comunicazione verbale, visiva, percettiva e sensoriale».