Dopo la stretta sugli spostamenti per contenere il contagio da coronavirus, potrebbero arrivare ulteriori restrizioni. Per esempio il controllo dei movimenti dei cittadini, com’è successo in Lombardia dove i primi accertamenti sono già stati effettuati, seppure in forma anonima. La scoperta è stata che il 40% della popolazione ha continuato a uscire di casa. Il presidente della Regione, Attilio Fontana, è pronto a ricorrere proprio al controllo degli spostamenti pur di limitarli. Ma come?
Questi controlli sono legittimi
1) L’analisi dei dati delle compagnie telefoniche
In Lombardia, secondo quanto fatto sapere dalla Regione, si è proceduto all’analisi dei dati forniti dalle principali compagnie di telefonia mobile, aggregati in forma anonima, che permettono di tracciare gli spostamenti di chiunque abbia un cellulare. «I sistemi di tracciamento sono sostanzialmente due e funzionano entrambi tramite triangolazione: o tramite la scheda sim, dunque andando a vedere a quali ripetitori di segnale si aggancia un numero; oppure tramite il GPS, la geolocalizzazione. In questo caso si effettua una triangolazione satellitare» spiega Andrea albanese, esperto in social media. «Tutte le App che permettono di effettuare tracciamenti di questo tipo utilizzano uno dei due sistemi» spiega albanese.
2) La localizzazione tramite wi-fi
Anche il wi-fi permette la localizzazione di una persona. «In questo caso, anche senza una sim, è possibile individuare un cellulare che si è collegato al wi-fi. Il sistema è sicuramente meno preciso, ma si può essere identificati anche in questo modo, così come con il semplice uso di Google. Che si usi da un computer, da un tablet o da uno smartphone, il motore di ricerca può localizzare l’utente, in questo caso con estrema precisione. Tutti noi possiamo consultare questa attività, verificando giorno per giorno e ora per ora i nostri spostamenti» spiega Albanese.
Va richiesta un’autorizzazione?
«Le App attualmente in uso agli utenti richiedono sempre l’autorizzazione alla geolocalizzazione» spiega Albanese. «Diverso è il discorso se un’autorità dovesse decidere, per questioni di emergenza sanitaria, di fare ricorso a sistemi di tracciamento: in questo caso non sarebbe richiesta l’autorizzazione ai cittadini. Va però tenuto presente che le compagnie telefoniche forniscono spesso già oggi dati relativi agli spostamenti, seppure anonimi e aggregati, a società terze come quelle che si occupano delle rilevazioni del traffico.
Cosa succede se si spegne il cellulare?
Si è tracciabili anche se il cellulare è spento? Un cellulare spento non è in grado di emettere alcun segnale, dunque né GPS, né rete telefonica né wi-fi. Può solo essere rintracciato unendo i dati di localizzazione emessi prima dello spegnimento: «Se si spegne lo smarphone, viene comunicata l’ultima posizione, quindi la cella (la porzione di territorio coperta da un ripetitore) alla quale ci è agganciati prima dello spegnimento» dice l’esperto di social media.
L’emergenza pubblica può superare la privacy
Il regolamento per la protezione dei dati nell’Unione Europea (GDPR) tutela i cittadini, ma prevede anche eccezioni per casi di emergenza e di utilità pubblica. Possibilista anche il Garante per la Privacy, Antonello Soro: «Non esistono preclusioni assolute nei confronti di determinate misure in quanto tali. Vanno studiate, però, molto attentamente le modalità più opportune e proporzionate alle esigenze di prevenzione». La conferma arriva anche da Guido Saraceni, professore associato di Informatica giuridica e presidente del corso di laurea magistrale di Giurisprudenza dell’università di Teramo. «È possibile che in una emergenza come quella che stiamo vivendo vengano momentaneamente ristretti o modificati alcuni diritti. Si tratta di salute e ordine pubblico (basti vedere cosa è successo nelle carceri) che può portare a una temporanea compromissione o mortificazione di altri valori costituzionali di rango elevato. In pratica Governo e legislatore devono operare un bilanciamento».
Esiste già un’App che traccia gli spostamenti
«In Cina è stata persino usata un’App che suonava quando una persona si trovava vicino a un’altra che aveva avuto il coronavirus o risultava positiva, scatenando il panico. Da noi un’azienda ha sviluppato un sistema per cui, scaricando una App, il cellulare traccia tutti gli spostamenti, ma quei dati rimangono assolutamente criptati e segreti a meno che la persona non sia poi dichiarata positiva al coronavirus. In quel momento l’autorità ha l’autorizzazione di andare a vedere con chi ha avuto contatto. Ma la finalità è successiva alla dichiarazione di positività e ha lo scopo di salvaguardare la salute e l’ordine pubblico. Per questo il Garante è possibilista ed entro certi limiti la privacy viene meno» spiega il docente esperto di giurisprudenza e informatica.
Gli esempi stranieri: Corea e Israele
Anche in Corea del Sud sono stati utilizzati sistemi di tracciamento molto precisi, come Coronamap, con un funzionamento analogo a quello delle App cinesi. In Israele, invece, il governo ha autorizzato l’agenzia per la sicurezza interna Shin Bet a utilizzare una tecnologia che traccia i possibili contagiati e che in passato era stata usata per monitorare i movimenti dei sospetti terroristi.