Ma come? Anni a tentare di identificare oltre stereotipi e sinonimi ingessati la “nuova terza età”, i “giovani anziani”, a cercare parole diverse per definire una fetta nuova di popolazione – quella appunto degli over 55 che invecchiano bene – per poi sentirci classificare dal sindaco di Milano Beppe Sala come “categoria fragile”?
A 55 anni lo spartiacque della “fragilità”?
Il sindaco, nell’ipotizzare un rientro al lavoro per scaglioni, sta pensando di far tornare prima gli under 55, poi un mese dopo gli over. Si scopre così che i 55 anni, per il sindaco, segnano lo spartiacque della “fragilità”: passata quella soglia, saremmo tutti a rischio di ammalarci visto che è ragionevole pensare che di coronavirus ci si ammali in funzione dell’età. Nel frattempo, però, la scienza concorda che noi donne saremmo più resistenti e ci ammaleremmo di meno, complici forse gli ormoni. È un dato su cui si sta lavorando in questi giorni anche per programmare gli scaglioni di ripresa del lavoro. Quindi – riassumendo – noi donne prima degli uomini. Subito le under 55, dopo le over.
Le tante facce delle ultra 50enni
In realtà noi donne dai 50 in su abbiamo pensato finora di essere tutto meno che fragili. E non per una questione ormonale. Siamo le donne sandwich schiacciate tra l’accudimento dei figli ancora in casa e quello dei genitori anziani. Siamo spesso caregiver, lavoriamo e ci ritagliamo anche fette di tempo per i nostri interessi. C’è chi ci chiama “perennial” o “diversamente giovani” (la caccia al copyright è ancora aperta). Fatto sta che, se stiamo bene, invecchiamo anche bene grazie alla medicina e a stili di vita sani. Abbiamo energia da vendere e ci siamo anche accorte che la creatività non diminuisce, cambia soltanto, perché aumenta la capacità di sintesi e di visione generale. L’hanno realizzato perfino certe aziende che sfruttano l’esperienza e le competenze di noi ultra 50enni per farci lavorare insieme ai giovani (si chiama reverse mentoring) in un travaso di know-how che sembra l’ideale per far lavorare tutti. E lo confermano per esempio le Magnifiche Perennial, Isabella, Marilli e Paola, tre donne over 58 (l’età della più giovane) che stanno animando un progetto social dedicato alle coetanee, ma seguito anche dai giovani. «Siamo diverse ma unite dalla voglia di trasmettere energia: la vecchiaia non deve spaventare» ci dicono. «Gli over 60 non sono più dediti solo ai consumi, come un tempo, ma all’impegno e all’immaginazione. Oggi non ci sono gli anziani ma tanti anziani diversi tra loro. Non esiste il vecchio ma tante persone che invecchiano, tanti modi di invecchiare». E il loro è gioioso. Sul profilo Istagram, che sta macinando follower, si raccontano in modo scanzonato e sincero, senza ritocchi o filtri. Testimoniano insomma come, passati i 50 anni, ci si possa rigenerare restando se stesse. Isabella ha aperto con il marito uno store di modernariato; Marilli organizza eventi e ha un suo profilo Instagram dedicato alle over 50; Paola è diventata una blogger e ha acquisito competenze digitali che spende anche con i più giovani, mentre lavora – instancabile – a progetti di comunicazione con un leader (donna) che di anni ne ha 72.
Noi 50-64enni: forza lavoro cruciale
Già, perché siamo anche una forza lavoro importante, come ci spiega il professor Domenico Bodega, economista e preside della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. «Se in un passato ancora recente gli over 50 sono stati colpiti da pre-pensionamenti e forzati all’abbandono del lavoro per fare spazio a energie giovani, ora invece i cinquantenni, al di là dalle politiche di procrastinamento dell’età pensionabile, sarà bene che mantengano il loro posto di lavoro ancora per un bel po’. Perché si è capito che se restassero a casa ora, il sistema produttivo crollerebbe. E in prospettiva, diminuirebbe anche la popolazione in età lavorativa. Siamo infatti tra i Paesi con la popolazione attiva più anziana d’Europa (prima di noi solo la Germania)». In Italia infatti ci sono più 50-64enni che 18-34enni. Insomma, non tagliarci fuori conviene a tutti.
Vuoi vedere che dopo le politiche liquidatorie, noi ultracinquantenni siamo centrali nell’economia? Intanto il marketing sta facendo a gara per corteggiarci e assicurarsi i nostri consumi: il mercato è goloso ma non ancora sfruttato a fondo, se non per il settore dei viaggi. E soprattutto dominato da cliché ammuffiti, quelli per cui agli uomini over 60 si parla di prostata e alle donne di “tenute” varie: incontinenza, denti, pelle. Allora, chiediamo solo di mettervi d’accordo: siamo forti quando vi facciamo comodo per “tenere insieme” tutto e sostituire il welfare che non c’è, ma fragili se dovete venderci prodotti di self care? Forti per tirare avanti il Paese (tra lavoro dipendente e lavoro in nero) ma fragili per tornare a lavorare in comune?