Siamo usciti sul balcone con Matteo in braccio che avevo paura mi volasse giù e abbiamo acceso la torcia del cellulare. La nostra vicina anziana era già lì. Ciao ciao signora, fa Matteo. Il quartiere ci aspettava, o almeno mi pareva così. Eravamo i nuovi inquilini del 6° piano, quelli sempre con la faccia all’ingiù e all’insù, gli eterni affamati di luce e di aria, gli entusiasti di aver conquistato una casa con vista che ci regalava un’alba perfetta ogni mattina.
Avevamo eretto il balcone a nostro nuovo altare prima ancora che da 3 settimane diventasse l’unica zona franca consentita, il nuovo hangar della nostra resistenza: la mia malattia cronica mi aveva costretta a un esilio dalla redazione prima del tempo; un incidente sul lavoro aveva bloccato il mio compagno a casa; la serrata delle scuole aveva recintato i nostri figli nelle loro camere. Avevo allestito sul balcone un piccolo parco giochi dove Matteo si divertiva a lanciare bolle di sapone, ma la prima pioggia di quasi primavera ce l’aveva portato via, insieme ai colori dell’arcobaleno su quel lenzuolo bianco che per senso del dovere avevo imposto al piccolo di realizzare. Rimaneva solo la scritta con pennarello indelebile “Andrà tutto bene”: nella sfiga, un buon auspicio.
Mentre osservavamo le luci muoversi sui balconi e la musica invadere l’orizzonte, con la coda dell’occhio vidi il mio compagno piangere. Ci sono commozione e dolori che è giusto lasciar defluire senza parole, pensai. Ma alla fine del flash mob, al posto di abbracciarlo, gli dissi che mettere a tutto volume l’inno di Mameli sembrava roba da fascisti. Sì, si dicono anche cose molto stupide quando dovremmo essere tutti più buoni, ma ogni sera di queste infinite sere e mattine e pomeriggi abbiamo bisogno un bersaglio che si immoli per la nostra causa: scarichiamo la tensione sul più forte, perché sappiamo che saprà reggerla. Dal 2° piano Rino Gaetano inizia a cantare Ma il cielo è sempre più bluuuuuuu uh uh. Mio figlio grande apre la sua camera-bunker urlando: che cavolo è sto casino! Ma voi siete scemi eh. Ciao.
Sì, ciao Milano che dal mio balcone sei così strana, silenziosa, sospesa come le nostre vite e la nostra famiglia che ancora non so come ne uscirà: forse piegata, forse spezzata, di certo stremata da una convivenza che ogni giorno che passa si addolcisce e si irrigidisce. Ci amiamo ma ci respingiamo, ci baciamo ma ci spaventiamo, sogniamo desideri che non avevamo. Abbiamo tanta paura, sì, ma se osiamo dircelo la scansiamo, la minimizziamo, la ridicolizziamo. Ce la litighiamo.
Dai, andiamo a dormire, ora, che domani è un altro giorno uguale agli altri da inventarci. Ma se rimarrà solo questo il problema, famiglia mia disordinata e adorata: che bello vivere come in una bolla di sapone, per sempre così.
#lenostrevitesospese
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