In condizioni normali servono almeno 5 anni per mettere a punto un nuovo vaccino, ma l’urgenza dettata dalla pandemia ha cambiato molte cose. E c’è chi sostiene di avercelo già, questo prodotto capace di fermare il Covid: la Russia ha registrato il suo “Sputnik” prima della sperimentazione su larga scala, la Cina lavora a 3 sieri e sta già vaccinando militari e personale sanitario. Anche negli Usa, dove il governo ha finanziato buona parte della produzione, Donald Trump annuncia l’arrivo dei primi lotti a fine ottobre.

Questa corsa ha sollevato dubbi e polemiche nella comunità scientifica, specie dopo la pubblicazione su Lancet dei primi dati sui test russi, contestati perché poco chiari. In tanti temono che questa fretta possa andare a discapito della sicurezza. «In realtà Russia e Cina seguono regole proprie e sappiamo molto poco su come sono stati testati questi vaccini» spiega Stefano Vella, infettivologo, docente di Salute globale all’Università Cattolica di Roma, e già direttore del Centro per la Salute globale dell’Istituto superiore di sanità. Intanto gruppi di ricerca sono al lavoro in tutto il mondo, ma lo sviluppo di un immunizzante è una procedura complessa e il risultato non è garantito. «Sono più di 320 i team impegnati, il 90% non ha raggiunto la fase 3 della sperimentazione, quella sull’uomo» spiega Rino Rappuoli, professore di Vaccines research all’Imperial College di Londra e chief scientist in GlaxoSmithKline vaccines. «Solo 9 aziende sono nella fase che prevede la somministrazione del siero a una vasta fetta di popolazione per valutarne efficacia e sicurezza». Chi arriverà al traguardo potrà iniziare a distribuire il vaccino.

La Commissione europea, per esempio, ha stretto accordi con il colosso Astrazeneca e con l’alleanza Glaxo-Sanofi per un totale di 700 milioni di dosi da mettere a disposizione dei Paesi membri e si punta ad avviare le campagne a inizio 2021. «Prima della metà del 2022 sarà difficile riuscire a coprire una buona percentuale di popolazione mondiale» prevede Rappuoli. «Molte aziende si sono alleate tra loro per unire le forze e accelerare i tempi, ma produrre in breve tempo centinaia di milioni di dosi, specie se si tratta di vaccini che richiedono tecniche di produzione nuove, sarà comunque difficile».

I vaccini saranno più di uno

Quello che sappiamo già con relativa certezza e che, quando arriveranno, i vaccini saranno più di uno e diversi tra loro. È la previsione fatta nelle ultime settimane anche da Anthony Fauci. Il superimmunologo consulente della Casa Bianca ha spiegato che verosimilmente i sieri saranno capaci di proteggere il 70-75% della popolazione, quanto basta a fermare la diffusione del coronavirus. Difficile però fare pronostici sull’efficacia di ognuno.

«Per funzionare un vaccino deve indurre la produzione di anticorpi neutralizzanti in qualità sufficiente a proteggerci da nuove infezioni» spiega Stefano Vella. «Ma al momento non sappiamo ancora quale sia la qualità degli anticorpi indotti dai sieri, né quanto durerà l’immunità. Lo scopriremo solo nel tempo, dopo che buona parte della popolazione sarà stata vaccinata. Se parte di loro si riammalerà poco dopo, vorrà dire che la protezione di quel vaccino ha una breve durata. Ecco perché in questo momento è importante svilupparne tanti e diversi». Le previsioni ipotizzano che si arriverà ad averne in commercio una decina.

Le agenzie preposte alla regolamentazione dei vaccini

Per arrivare sui mercati di Usa ed Europa dovranno essere validati dalle rispettive agenzie regolatorie, Fda oltreoceano ed Ema nell’Ue, che esaminano la documentazione controllando che la sperimentazione abbia seguito iter codificati. «Prima di avviare la produzione le aziende dovranno necessariamente concludere le sperimentazioni, oggi ancora in corso. Per essere immessi sul mercato i farmaci devono essere testati su decine di migliaia di persone, come stanno facendo i gruppi che hanno raggiunto la fase 3 della sperimentazione» continua il professor Rino Rappuoli. «I vaccini che la superano saranno ragionevolmente sicuri, ma è un fatto che alcune tipologie oggi siano più collaudate di altri. I prodotti a Rna o a vettori virali, per esempio, sono molto promettenti, ma fino ad oggi sono stati somministrati a poche migliaia di persone, con la sola eccezione del vaccino contro l’Ebola che è comunque recente: risale al 2019. Sarà la prima volta che verranno inoculati su intere popolazioni».

Sicurezza in primo piano

Naturale che gli occhi del mondo siano puntati soprattutto sul nodo sicurezza, specie dopo l’incidente registrato in fase di sperimentazione del vaccino Astrazeneca a inizio settembre, quando i test hanno subito uno stop dopo che un volontario aveva accusato problemi neurologici. «Di fronte a un virus che uccide ogni giorno migliaia di persone e ha messo in ginocchio l’economia mondiale, si è deciso per un’accelerazione nelle procedure. Ma è stato tolto il freno sui passaggi che era possibile sveltire, sul controllo della sicurezza non ci sono state deroghe» assicura Stefano Vella.

E il modo in cui è stato affrontato quell’incidente è la dimostrazione del rigore con cui si sta procedendo nella fase 3. «Il caso è stato reso pubblico ed esaminato da una commissione indipendente: gli esperti hanno appurato che la patologia non aveva legami con il vaccino» continua Vella. «Episodi come questi non hanno nulla di sorprendente e potrebbero ripresentarsi. Durante i test anche un incidente in motorino viene classificato come possibile evento avverso e indagato. Si deve escludere tutto, anche che il volontario non abbia avuto un giramento di testa causato proprio dal vaccino».

Un festival per capire la scienza

Il titolo è “Lezioni di medicina. Covid 19” perché sarà interamente dedicata alla pandemia la sesta edizione del Festival della scienza medica, a Bologna in versione online dal 2 al 17 ottobre. Tra gli ospiti, Bruce Beutler, premio Nobel per la Medicina nel 2011 per le sue scoperte sull’immunità contro i microbi, il virologo Andrea Crisanti, Rino Rappuoli, considerato il padre dei vaccini moderni, ed Edward Holmes dell’Università di Sydney, noto per il lavoro sui “salti” di specie dei virus. Le informazioni sono su bolognamedicina.it.