«Ciao Elisa, ti disturbo?». «Solo un attimo, scusa: sto ripassando le tabelline con mia figlia». Inizia così la telefonata con Elisa Desco, 37 anni (ancora per poco), campionessa di skyrunning nel 2014, atleta Scarpa, mamma di Lidia e Cecilia, e compagna di Marco De Gasperi, sei volte campione del mondo di corsa in montagna e suo allenatore.
Lasciati da parte i compiti e superata quella riservatezza che di solito contraddistingue le persone di montagna, si resterebbe a chiacchierare tutto il pomeriggio con loro. E non solo perché sono due grandi campioni («In realtà per le nostre bimbe il fenomeno è papà. Io sono solo la mamma»). Ma soprattutto perché quando iniziano a raccontare le loro storie di corsa, riesci a immaginarti tutto: passione, adrenalina, fatica, entusiasmo. Entusiasmo che a entrambi non è mai mancato, neanche in questi mesi difficili in cui non si sono potuti allenare e in cui la mancanza dei loro sentieri è stata così forte e pungente da far vacillare la certezza più solida, quella di non voler mollare.
«Corro più o meno da 25 anni. Da piccola non mi interessava questo sport: troppo faticoso. Ma quando ho visto una mia amica vincere una gara del paese, è scattata l’agonista che c’è in me e mi sono presentata sulla porta di casa pronta per uscire a correre: volevo vincere anche io quella coppa!». Da quel momento Elisa non ha (quasi) più smesso di correre. Uniche eccezioni: le due maternità. E queste settimane di lockdown. «Correre è una grande passione, ancora adesso faccio fatica a spiegare cosa provo esattamente: mi piace, mi fa stare bene, mi completa, mi rilassa, mi emoziona, mi fa sentire bella». Anche per il suo compagno, il “Dega”, la passione e l’entusiasmo per questo sport hanno radici lontane, antiche. «Mio padre negli anni Sessanta era un forte skyrunner e io sono cresciuto con le sue storie». Alla corsa in montagna Marco si avvicina verso i 12 anni. «Prima ho provato lo sci di fondo. Un disastro: ero sempre ultimo. Avevo qualche speranza di arrivare penultimo solo quando in gara c’era mio cugino, che era più scarso. Poi ho cominciato a correre e per me è stato più semplice. Mi veniva facile, naturale, immediato».
Ma se il movimento, il gesto atletico, almeno a loro, viene naturale, tutto il resto, successi compresi, è il frutto di un impegno costante, di una fatica che solo a sentirla raccontare toglie il fiato. «Mi alleno tutte le mattine. Esco per le 6, quando le bimbe dormono ancora e a controllare che non si sveglino c’è una zia che abita di fianco, e corro per un’ora» spiega Elisa. Lo stesso, più o meno, vale per Marco che da poche settimane, oltre a essere anche lui un atleta Scarpa, è diventato brand manager trail running. Un brand cult, una garanzia insomma. Che da più di 70 anni mette ai piedi di alpinisti, arrampicatori, runner e amanti dello sport all’aria aperta, calzature outdoor di alta qualità, conosciute in tutto il mondo. «Durante la settimana non riusciamo ad allenarci molto, ma nel weekend recuperiamo: facciamo anche sei ore di corsa» racconta.
E adesso di ripetute, di chilometri, di salite e discese, di vento sul viso Elisa e Marco ne hanno molti da recuperare. Perché in questi due mesi di lockdown gli unici chilometri che hanno potuto fare («Pochi, in realtà, perché è molto noioso!» confessa Elisa) sono stati quelli sul tapis roulant. «Per fortuna Marco anni fa me ne aveva regalato uno che non abbiamo mai usato! Ma rinunciare a correre all’aperto, lungo i sentieri, è stata durissima». La pensa allo stesso modo anche Marco, che però con la scusa di occuparsi delle mucche che suo papà tiene in una baita a 3 km da Bormio, è riuscito a muoversi un po’ di più. A risentire dell’inattività è stato sicuramente il fisico.
«La prima sera, quando ho ripreso a correre, avevo le gambe a pezzi» svela Elisa. Ma la fatica maggiore in realtà l’ha fatta la mente. «Per noi atleti non potersi allenare è dura. Ma non avere obiettivi da raggiungere come in questo momento, visto che tutte le gare che avevamo in calendario sono state cancellate, è decisamente peggio. Per non perdere la motivazione, per decidere di non mollare non servono gambe o fiato, ma testa, costanza, determinazione, equilibrio. Un mix delicatissimo, come un vaso di cristallo, e complicato» racconta Marco.
In un certo senso per Elisa è stato più facile. «Quando è scattato il lockdown e ho capito che le gare a cui mi ero iscritta sarebbero saltate, ho deciso di non pensarci. Ho staccato la testa. Ho “isolato” il cuore. Ho messo da parte la corsa, come si fa con un fidanzato che ti ha lasciata. E, come era già successo quando sono nate le bimbe, ho deciso di dedicarmi a loro».
Che questa sia stata la sua salvezza, Elisa ne è abbastanza certa anche se per una competitiva come lei non è facile non avere un podio a cui puntare. E un podio vero i due super atleti non lo avranno per un po’. Ma per tornare ad allenarsi con la stessa grinta di qualche mese fa hanno un piccolo, grande segreto: «Ci stiamo preparando a un progetto personale, a una sfida in solitaria, a una bellissima avventura» ci svelano. Qualche dettaglio in più? «Sarà entro l’estate» dice Marco. «Per l’occasione avrò un portafortuna particolare: la nuova spilletta che mi ha regalato mia figlia Lidia» ribatte Elisa. Niente altro. Ma si sa, la gente di montagna è schiva e taciturna.
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