Tutto nella realtà che ci circonda è regolato da computer. Perciò, sin da piccoli, i nostri figli dovrebbero imparare a capire come funzionano da dentro, attraverso il coding, cioè la programmazione. Non stiamo parlando di qualcosa di riservato ai maschi appassionati di videogiochi: questa attività non conosce differenze di genere, anzi interessa anche le femmine. Il coding non solo è divertente e dà conoscenze tecniche, ma offre anche validi strumenti per affrontare meglio la vita.
Qui scopri perché saper programmare fa bene ai bambini e alcune informazioni utili su come e quando iniziare.
Mette in moto il cervello
«È probabile che solo una piccola percentuale dei nostri figli farà l’informatico di professione. E non occore essere dei genietti in matematica per capire come si programma un computer» dice Barbara Laura Alaimo, pedagogista e cofondatrice di Coderdojo Milano. «Quello che si apprende con i nostri corsi è la logica, il cosiddetto pensiero computazionale: cioè il modo di ragionare dello scienziato, che scompone problemi, sperimenta e cerca soluzioni. Una risorsa che si potrà applicare alla vita di tutti i giorni, proprio come leggere e scrivere, che è indispensabile anche a chi non fa lo scrittore».
Incoraggia il libero arbitrio
«Dallo smartphone al forno a microonde, siamo letteralmente circondati da oggetti hi-tech. Avvicinarsi sin da bambini al coding e all’informatica significa imparare a non essere succubi della tecnologia, ma apprezzarla per le opportunità che offre» spiega Pier Luca Lanzi, professore del Politecnico di Milano, Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria. «Se vogliono essere padroni del mondo in cui vivono, i nostri figli hanno bisogno di capire come funzionano gli oggetti e non solo di usarli». Un concetto che Barbara Laura Alaimo enfatizza così: «Saper maneggiare gli strumenti informatici è il modo migliore per farne buon uso: favorisce un approccio sano verso la tecnologia e ne limita gli eccessi, come l’utilizzo smodato del telefonino o fenomeni ben più pericolosi come il cyberbullismo».
Sviluppa la creatività
«Il gusto di inventare qualcosa è un’esperienza entusiasmante. Imparare a programmare è uno stimolo a creare, a progettare oggetti e aggiungere qualcosa al mondo» fa notare il designer Massimo Banzi, co-inventore di Arduino, il dispositivo elettronico per progettare prototipi in modo semplice. «Esplorare, provare, sbagliare e, poi, arrivare alla soluzione: l’approccio al coding fa crescere l’autostima dei nostri piccoli» aggiunge la Alaimo. «E poi qui non è come a scuola, dove l’errore non è ammesso. Ho progettato un codice che non va? Lo cancello e lo rifaccio, cercando di capire perché non ha funzionato. Il digitale consente di sbagliare a costo zero. Perciò è un’ottima palestra per confrontarsi con le proprie insicurezze» precisa l’esperta.
Stimola il lavoro di squadra
Nel mondo scientifico le scoperte di una sola persona sono messe immediatamente a disposizione di tutti. Così avviene in un laboratorio di coding: le soluzioni non vanno mai a vantaggio del singolo, ma dell’intero gruppo con cui si sta lavorando. «Questo insegna ai bambini che copiare non è necessariamente una cosa brutta: apprendere dagli altri un modo di fare corretto, senza rubarlo ma riconoscendolo come tale, è una tappa importante di crescita» dice ancora la Alaimo. «Utile anche a migliorare il confronto con i coetanei, perché ci si abitua ad accogliere il punto di vista diverso e a lavorare insieme sullo stesso progetto».