L’ultimo caso parla di una maestra di una scuola materna milanese sospesa e rinviata a giudizio per maltrattamenti sui bambini, dopo oltre 12 mesi di indagini: era già stata allontanata 20 anni prima da un asilo per abusi e violenze, e poi reintegrata. Una vicenda che lascia sbigottiti, ma che purtroppo non è rara: la cronaca riporta puntualmente casi di educatori e docenti coinvolti in accertamenti disciplinari e penali. I dati del Ministero dell’Istruzione sottolineano che su 800.000 insegnanti in servizio, ogni anno poco più di 2.000 sono sottoposti a indagini e procedimento. Per 29 di loro si arriva al licenziamento, mentre 746 ottengono l’archiviazione.
Altri vengono semplicemente sospesi per un periodo. «Nella maggior parte dei casi gli accertamenti riguardano una condotta scorretta in classe, magari un comportamento esagerato del docente con i bambini» spiega Paolino Marotta, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici. «Altre volte si tratta di offese o umiliazioni psicologiche, soprattutto nei confronti dei ragazzini delle medie o delle superiori. Le vicende di maltrattamento si contano sulle dita di una mano e purtroppo riguardano le fasce dei debolissimi: i bimbi della scuola d’infanzia». Ma cosa si può fare con i “cattivi” maestri? E perché allontanarli, se risultano davvero responsabili dopo un accertamento, è così difficile?
Qual è l’iter previsto dalla legge?
Il testo unico sulla scuola del 1994 e la riforma Brunetta sul pubblico impiego del 1999 sono i 2 capisaldi che regolano la quotidianità di ogni istituto e la procedura da seguire quando un caso “esplode”. «Queste norme si applicano agli insegnanti di ogni grado: dall’asilo alle superiori» spiega Elena Spina, avvocato esperta in diritto scolastico. «In genere, il controllo parte dalla segnalazione di un problema da parte dei genitori o degli alunni: l’insegnante non ha un buon metodo didattico, non va d’accordo con la classe, abusa di atteggiamenti offensivi con i ragazzi. Il preside fa partire un’indagine interna, anche chiedendo ai colleghi di osservare come si comporta il docente: una prassi non sempre efficace, perché a volte i prof si spalleggiano».
Continua Spina: «Se viene accertata la responsabilità, il dirigente fa un richiamo e cerca una soluzione, come spostare l’insegnante in una classe meno conflittuale. Ha anche il potere, per casi più seri come le offese verbali, di sospenderlo fino a 10 giorni». Quando la vicenda ha rilevanza penale, come in presenza di maltrattamenti, il dirigente coinvolge l’Ufficio scolastico regionale, che apre un procedimento che può portare al licenziamento, e nello stesso tempo allerta le forze dell’ordine, che avviano una loro inchiesta e decidono se ricorrere alle telecamere. «Ma, come in tutte le cause di lavoro, il docente accusato fa intervenire il sindacato e gli avvocati e ha diritto a una difesa. Partono verifiche, controlli medici e psicoattitudinali, udienze» dice Paolino Marotta. «I tempi si allungano, passano mesi e magari alla fine, grazie a un cavillo, il prof vince la causa e viene reintegrato nella sua scuola».
Quali controlli servirebbero?
Di “cattivi” insegnanti Alex Corlazzoli ne ha visti. Maestro anche lui, autore di Tutti in classe (Einaudi), ha le idee chiare sull’argomento: «Non giustifico i colleghi, ma se guardiamo la cronaca si tratta spesso di persone over 50, in trincea da una vita. La nostra è una professione usurante, lo stress da lavoro è dietro l’angolo: servirebbero controlli annuali per valutare il benessere psicofisico dei docenti. Invece si alza sempre più l’età della pensione, mentre la società sminuisce il ruolo dell’insegnante, perché sono genitori e figli ad avere sempre ragione».
Alla scuola italiana serve un responsabile delle Risorse Umane
Dice ancora Corlazzoli: «Certo, la responsabilità è dei dirigenti scolastici, che devono accertare bene i fatti, ma la loro è un’arma spuntata visto che non hanno il potere di licenziare. E come può essere attento e sensibile un preside che magari deve seguire 3 istituti per volta ed è schiacciato da regole e burocrazia? Bisognerebbe istituire nella scuola la figura del responsabile delle risorse umane: un professionista che monitora gli insegnanti e il loro benessere, li sostiene e intercetta le criticità. Perché intervenire subito è fondamentale per non trasformare un problema in un abuso».
Cosa possono fare genitori e studenti?
Dalla paura dei bambini di dire in casa cosa accade in classe al timore dei genitori di esporsi troppo e avere “ricadute” sui voti del figlio: non è semplice denunciare un insegnante, tantomeno capire quando è davvero necessario farlo. Alex Menietti ha scritto un ebook intitolato #dirittistudenti (Smashwords) e consiglia di non muoversi mai da soli: «È utile fare gruppo con gli altri genitori, parlarsi, farsi il più possibile il quadro completo della situazione e verificare che non si esageri a puntare il dito contro un docente solo perché severo o poco empatico».
«I consigli di classe e di istituto sono una sentinella: vigilano e hanno un ruolo prezioso, perché possono sollevare il caso al dirigente senza costringere uno studente o un genitore a intervenire in prima persona, se non se la sente. Ho visto tanti consigli di classe compatti vincere battaglie contro didattiche superate o maestri dall’insulto facile, senza bisogno di ricorrere a lunghi procedimenti disciplinari».
I numeri del fenomeno
9,2% Gli studenti che hanno ammesso di aver preso uno schiaffo in classe (fonte Skuola.net). 30% Gli studenti che dichiarano di aver ricevuto offese verbali da un insegnante (fonte Skuola.net). 746 Gli accertamenti sui docenti che vengono archiviati ogni anno (fonte Ministero dell’Istruzione). 29 I docenti licenziati ogni anno in Italia a seguito di procedimenti disciplinari (fonte Ministero dell’Istruzione).