Individuare precocemente possibili metastasi dopo un tumore alla mammella è una delle sfide principali e più impegnative della medicina attuale. Ma qualche speranza arriva da uno studio, condotta da un team di ricercatori dell’Università di Bari insieme a colleghi della Sheffield University nel Regno Unito, che hanno individuato 31 geni che costituiscono una vera e propria “impronta genetica” che permettono di individuare i meccanismi con cui si formano le metastasi ossee in pazienti con tumore al seno. La scoperta sarà utile nella diagnosi precoce proprio delle metastasi e anche per altri tipi di cancro.
Dal tumore al seno alle metastasi ossee
La premessa è che l’apparato scheletrico, e dunque le ossa, sono il sito più frequente di metastasi legate a neoplasie della mammella. Ma ad oggi non esistono biomarcatori che permettano di fare una diagnosi precoce sulla formazione delle eventuali metastasi ossee nelle pazienti con tumore al seno. Significa che, come spiegato i ricercatori baresi, «non si è ancora in grado di prevedere in alcun modo se ci sarà o meno una metastatizzazione scheletrica nelle fasi precoci della malattia». Il Centro di Ricerche Oncogenomiche della U.O. di Oncologia Medica dell’Università di Bari, però, ha appena concluso una ricerca che rappresenta una svolta e che consiste in una «biopsia liquida». «Siamo partiti da una correlazione clinica nota tra tumore alla mammella e metastasi ossee, e abbiamo indagato proprio le pazienti con questo tipo di neoplasia perché le metastasi ossee sono molto invalidanti e dolorose, prevedono la radioterapia, sono difficilmente curabili, determinano fratture patologiche» spiega Raffaele Palmirotta, professore di Medicina di laboratorio dell’Università barese e tra gli autori della ricerca.
Cos’è la biopsia liquida
La tecnica usata è la cosiddetta «biopsia liquida»: partendo da un campione di sangue periferico e dalle sue caratteristiche molecolari, si possono quindi individuare “tracce” di un tumore. Come spiegano i ricercatori, infatti, «i tumori solidi notoriamente rilasciano cellule vitali nel circolo sistemico attraverso la rete vascolare che li circonda». Queste cellule, una volta nel sangue, possono raggiungere e stabilizzarsi in sedi distanti dal tumore, dando luogo a metastasi.
La tecnica si basa sul principio di RNAseq, ossia un’analisi di Rna di ultima generazione, applicato alle cellule tumorali circolanti, le cosiddette CTCs: in pratica sono stati analizzati i geni delle cellule tumorali del cancro al seno che si trovano in circolazione nel sangue, per identificarne un gruppo che permetta di scoprire, fin dalle fasi precoci, l’osteotropismo, cioè la tendenza delle cellule tumorali a localizzarsi nelle ossa, dando luogo a metastasi allo scheletro.
Le implicazioni pratiche
Poter individuare le cellule tumorali circolanti nel sangue, dunque, assume un’importanza fondamentale perché possono essere considerate come marcatori per eventuali prognosi o anche diagnosi precoci «in numerose neoplasie solide», come spiegano i ricercatori. I ricercatori baresi hanno individuato un totale di «31 geni che nel loro insieme costituiscono un’impronta genomica di osteotropismo. È quella che in inglese è definita finger print genomico» conferma Palmirotta.
Lo studio è stato condotto su una quarantina di donne con tumore dalla mammella, di età compresa tra i 36 e i 78 anni. Ora l’obiettivo è di procedere con una validazione clinica su un campione più ampio per poter rendere utilizzabile questo esame negli ospedali. Nel frattempo è già in corso un nuovo studio anche su altri tipi di tumori.
La nuova tecnica serve anche per altri tumori
«La tecnica «potrebbe permettere di individuare, nelle fasi precoci della malattia, i pazienti che possono presentare delle metastasi ossee non soltanto in caso di cancro mammario» – spiega il professor Palmirotta – «Al momento stiamo lavorando anche su altri tumori e in particolare a quelli del colon, ai polmoni e alla prostata». Con una diagnosi precoce, si potrebbero avere conferme con esami radiologici per poi iniziare un’adeguata terapia precoce.
Il lavoro del team italiano, intitolato Correlation between targeted RNAseq signature of breast cancer CTCs and onset of bone-only metastases, supportato anche da fondi regionali, è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista British Journal of Cancer del gruppo editoriale Nature. Hanno partecipato il professor Raffaele Palmirotta, insieme ai ricercatori Domenica Lovero, Stella D’Oronzo, Raffaele Palmirotta, Paola Cafforio e Eleonora Lauricella, in collaborazione con colleghi dell’Università di Sheffield.