L’estate scorsa ci chiedevamo se fare subito e tutti la quarta dose oppure aspettare il “nuovo” vaccino. Nelle ultime settimane si è riaperto il dibattito sull’utilizzo o meno della mascherina. E ora il tg ci informa dell’arrivo di Cerberus, una variante con un nome che è già un programma.
Tanti i dubbi a cui rispondono due massimi esperti
Diciamolo, il Covid19 fortunatamente con il passare del tempo ha diminuito la sua pericolosità ma non la confusione e i dubbi che genera. Quelli, anzi, aumentano di giorno in giorno. Abbiamo girato le domande che tutti ci facciamo a due grandi esperti: Fausto Baldanti, direttore UOC di Microbiologia e Virologia alla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università degli Studi di Milano
Cerberus, l’ultima arrivata tra le varianti, ci deve preoccupare?
Baldanti: «No, Omicron in tutte le sue sotto-declinazioni genetiche, incluso Cerberus, è il risultato dei tentativi messi in atto dal virus per aggirare la barriera immunologica creata dal vaccino. È un colpo di coda del Sars-Cov2 che si sta gradualmente trasformando in un virus endemico, cioè simile all’influenza, con ondate frequenti e di limitata intensità. E a dirci che andrà così sono proprio i picchi di Omicron e le osservazioni relative a Cerberus. Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, tra metà novembre e inizio dicembre inizieranno a salire considerevolmente i casi. Ma, aggiungono gli esperti europei che hanno valutato uno studio preliminare condotto nei Paesi asiatici, non ci sono prove che questi picchi saranno associati a una maggiore gravità dei sintomi».
A proposito di sintomi: è cambiato qualcosa?
La Vecchia: «Oggi per fortuna non ci sono quasi più le polmoniti. Il virus non scende nelle basse vie respiratorie ma si ferma in alto con sintomi come raffreddore, mal di gola, tosse e, in alcuni casi, anche febbre che a volte può superare i 38 gradi».
Ci sono differenze sui tempi e i modi del contagio?
La Vecchia: «Con le varianti Omicron il contagio è più rapido rispetto alle precedenti: si risulta positivi in media dopo tre giorni, al massimo cinque, dal contatto con una persona malata. E, di solito, abbiamo visto che la positività ha una durata di sette, al massimo dieci giorni, per alcuni addirittura cinque. Non c’è comunque una durata fissa, molto dipende anche dalla reattività individuale e dallo stato di salute generale. Come sempre, in ogni caso, bisogna rispettare la quarantena, che significa stare a casa isolati finché il tampone non diventa negativo. E questo soprattutto perché se è vero che Omicron è meno pericoloso è altrettanto vero che basta pochissimo per infettarsi: il numero medio di persone che ogni malato può contagiare è passato da 2-6 del virus del 2020 a 20 di questo».
Vanno bene anche i tamponi casalinghi?
La Vecchia: «Se ci sono sintomi è difficile che il tampone casalingo fallisca. Ma in caso di sospetto è meglio rivolgersi a un ambulatorio oppure andare in farmacia, dove il personale sanitario sa come eseguire il tampone. Lasciando però passare almeno 48 ore dal contatto a rischio e possibilmente cercando di essere prudenti, soprattutto se si hanno familiari fragili. In ogni caso, se al quinto giorno il tampone è ancora negativo, si può stare tranquille».
Chi ha fatto la quarta dose ora è meno protetto?
Baldanti: «Diciamo subito che dall’inizio di ottobre tutti ricevono il vaccino aggiornato, che include le varianti 4 e 5, le più frequenti in questo momento. Questo non significa che chi ha fatto il booster in precedenza non sia protetto. In caso di contagio, le forme severe della malattia calano sia con quel prodotto sia con l’attuale. Detto questo teniamo presente che per le persone che si sono protette con la quarta dose la scorsa estate è già disponibile la quinta, da fare, come sempre, ad almeno 120 giorni di distanza dalla precedente e che contiene il vaccino aggiornato sulle nuove varianti».
Oggi invece a chi è consigliata la quarta dose?
Baldanti: «È disponibile per tutta la popolazione ma è raccomandata alle persone con malattie che rendono più fragili come le cardiovascolari, il diabete, l’obesità, le forme oncologiche, e questo vale sempre ma soprattutto negli over 65. In questi casi, come riportato a livello internazionale, è suggerita la vaccinazione. Il consiglio però vale anche per i familiari di malati e di anziani, per creare “l’effetto guscio”. E, a qualsiasi età, per chi lavora a contatto col pubblico».
Perché c’è chi si ammala nonostante il vaccino?
Baldanti: «È una questione di genetica e lo abbiamo visto qui a Pavia, tra gli operatori sanitari del San Matteo, che abbiamo seguito nel tempo: per alcuni, in buona salute e indipendentemente dal sesso, la risposta al vaccino da parte del sistema immunitario è stata inferiore alla media. Inferiore, attenzione, non azzerata. Tra chi ha contratto l’infezione abbiamo comunque registrato una minore gravità dei sintomi. È la riprova del fatto che il vaccino anche quando non evita il contagio protegge comunque dalle forme più gravi».
Se si hanno reazioni forti dopo il vaccino significa che è più efficace?
La Vecchia: «L’intensità degli effetti collaterali non è indice di un sistema di difesa dell’organismo più vivace. Dipende dalla risposta individuale al vaccino. Alcuni ad esempio hanno un rialzo febbrile brusco, con temperature persino oltre i 39 gradi. Altri un indolenzimento importante nella zona dell’inoculazione. In entrambi i casi, si tratta di una piccola tempesta citochinica, cioè un incremento temporaneo di molecole infiammatorie, scatenata dal vaccino».
Dobbiamo tornare a indossare le mascherine?
La Vecchia: «Il mondo si divide tra chi le considera utili e chi invece le vorrebbe abolire. C’è molta attesa per i risultati di un nuovo lavoro fatto da ricercatori canadesi, e tuttora in corso, sulla capacità protettiva delle mascherine. Soprattutto le Ffp2 hanno comunque un effetto meccanico di barriera che non viene messo in discussione. Secondo le indicazioni dei ricercatori del Centre of Desease Control and Prevention americano, possono aiutare a rallentare la diffusione del virus. Oltre ai luoghi dov’è di rigore, dunque, cioè ospedali e RSA, va indossata in base al buonsenso».
Lavarsi e disinfettarsi spesso le mani è ancora una precauzione valida?
La Vecchia: «Assolutamente sì. Un report del Centre of Desease Control and Prevention ha dimostrato che in questo modo si tiene lontano il 20% delle infezioni. Non è chiaro invece l’impatto del ricambio d’aria. Ma di certo, soprattutto se ci sono più persone nello stesso ambiente, aprire le finestre più volte al giorno è un aiuto in più per diminuire la concentrazione di droplet nell’aria».
Vaccinazione e Covid possono influire sul ciclo mestruale?
Amenorrea, cioè assenza di mestruazioni, oppure al contrario flusso più lungo. Sono i possibili effetti collaterali della vaccinazione anti-covid rilevati da uno studio statunitense. E confermati da molte donne. C’è da preoccuparsi? «No, perché sono disturbi transitori, causati dallo stato infiammatorio acuto generato dalla vaccinazione» spiega il professor La Vecchia. «Non ci sono invece evidenze che suggeriscano conseguenze sulla fertilità». Gli studi si stanno concentrando anche sulle donne che si sono ammalate di Covid. Per ora non è del tutto chiaro come il virus interferisca con il ciclo. Secondo alcuni ricercatori, sarebbe in grado di alterare la funzione delle ovaie e la recettività dell’endometrio. Per altri, la ragione potrebbe essere il grande stress legato alla malattia. Ma su una cosa sono tutti concordi: nessun rischio di menopausa anticipata.