Nuove restrizioni, viaggi bloccati, focolai. Quella che stiamo vivendo non è l’estate della “liberazione dal Covid” che aspettavamo. La curva dei contagi torna a impennarsi e la variante Delta è responsabile di più della metà dei casi. Perciò, per diminuire il rischio contagi senza ricorrere a nuove chiusure, dal 6 agosto il Green pass sarà obbligatorio per entrare al ristorante, al cinema, in palestra, allo stadio e in molti altri luoghi chiusi o affollati. Un modo per dare una spinta alla campagna vaccinale, che mostrava i primi segni di rallentamento.
Al 23 luglio aveva completato il ciclo solo il 54% degli italiani over 12 – per l’immunità di comunità serve almeno il 70% della popolazione totale – e nella fascia 12-19 anni la percentuale precipitava all’11%. «Prima dell’introduzione del Green pass obbligatorio, la quota di chi stava prenotando la prima dose si stava assottigliando» conferma Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità. «Dai nostri dati emerge che più di 8 iniezioni su 10 sono seconde dosi». Ma i restii sono tutti “no vax”? No. Ci sono anche tante persone indecise e dubbiose, come dimostrano le tante lettere arrivate in redazione, piene di domande. Noi le abbiamo girate agli esperti per fare chiarezza.
Dicono che i vaccini anti-Covid siano una terapia genica sperimentale: è così?
L’affermazione si riferisce ai vaccini a Rna messaggero, come Pfizer e Moderna, ed è vero che entrambi per agire si servono del codice genetico del virus. Ma, come spiega Rocco Russo, responsabile del tavolo tecnico vaccinazioni della Società italiana di pediatria, le terapie geniche già da anni sono usate con successo in altri campi della medicina e per alcuni vaccini, come quello contro l’Ebola.
«Il meccanismo di funzionamento del vaccino anti-Covid non ha nulla di misterioso. La differenza con i vaccini tradizionali è che mentre prima iniettavamo il virus stesso, inattivato o attenuato, adesso per avviare la risposta immunitaria inviamo alle cellule le informazioni prese dal codice genetico del virus (Rna), che si distrugge subito dopo. Questo significa che non entra nel nucleo delle nostre cellule, quindi il nostro Dna non viene alterato». Dunque il vaccino può essere definita una terapia genica perché si serve del codice genetico del virus, ma non è sperimentale, in quanto da anni in diversi campi della medicina, tra cui l’oncologia, vengono utilizzate queste tecniche.
Se anche molti medici non fanno il vaccino anti Covid perché dovremmo fidarci?
Non è vero che sono molti i medici non vaccinati. Il report del governo parla di un 2,36% di sanitari non ancora vaccinati, ma il dato riguarda l’intera categoria, che va dagli infermieri agli operatori sociosanitari. Secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, i medici non vaccinati sono appena lo 0,2% del totale.
Perché è importante vaccinare anche gli adolescenti se sono quasi sempre asintomatici?
I giovani non sono esenti dal rischio di sviluppare forme gravi della malattia. Da inizio pandemia sono morte in Italia 28 persone fino ai 19 anni, con circa 300 ricoveri. «Numeri bassissimi, ma che ci suggeriscono che oggi nessuno ha la garanzia di superare brillantemente la malattia, perché il Sars-Cov-2 è imprevedibile e lo conosciamo ancora poco» spiega il pediatra Rocco Russo. «I virus sono patogeni molto insidiosi anche sul lungo periodo: gravi malattie come il linfoma di Brukitt hanno origine virale. Infine, più di uno studio mostra che le conseguenze del Covid si fanno sentire a distanza di mesi anche in giovani asintomatici o con sintomi che non richiedono il ricovero in ospedale. Per esempio compaiono affaticamento, difficoltà a concentrarsi e a volte problemi respiratori».
Molti pediatri consigliano di rimandare il vaccino anti Covid sui più giovani. Perché tanto timore?
Spiega Russo: «Tra gli effetti collaterali molto rari dei vaccini a Rna c’è la comparsa di miocarditi e pericarditi, in particolare tra gli adolescenti maschi. In Europa sono stati registrati in tutto 321 casi. Sono infiammazioni che si risolvono con la normale terapia, e dopo avere esaminato i casi le autorità sanitarie hanno stabilito che il rapporto rischio-beneficio resta nettamente a favore del vaccino».
Sul timore di imprevedibili effetti a lungo termine, il pediatra aggiunge: «Stabilire le conseguenze a lunga distanza è impresa quasi impossibile, ma questo vale per la stragrande maggioranza dei farmaci, non solo per i vaccini. Il rischio zero in medicina non esiste, la decisione va presa valutando, appunto, i vantaggi in rapporto ai rischi».
Se io sono vaccinato, quindi protetto, come può nuocermi il fatto di stare nella stessa stanza con un non vaccinato?
In 1 o 2 casi su 10, il virus “buca” la protezione del vaccino. È rarissimo che la persona in questione si ammali, ma se è fragile o molto anziano il rischio sale. «Inoltre, il vaccinato positivo a sua volta potrebbe propagare il virus» sottolinea l’esperto dell’Iss. «I focolai delle ultime settimane fanno pensare che un minimo di contagiosità esista».
Perché si dice che i non vaccinati sono un pericolo per la collettività?
«Se il numero dei vaccinati non raggiunge una certa soglia, almeno il 70% della popolazione, non si riesce ad arginare la trasmissione del virus, con il rischio dell’aumento numero di malati gravi e morti» spiega Paolo D’Ancona dell’Istituto superiore di sanità. «A oggi non siamo in grado di convivere in tranquillità con il Sars-Cov-2 anche perché dobbiamo fare i conti con l’incognita varianti. Più il virus si trasmette, più si replica con il rischio di svilupparne di nuove. Più contagiose, come nel caso di Alfa a Delta, ma anche più aggressive o meno sensibili ai vaccini».
Se non ci vaccinamo i contagi risaliranno e quindi rischiamo nuovi lockdown?
«Oggi l’indice di trasmissione Rt è tornato sopra l’1 ed è in peggioramento: vuol dire che ogni persona infetta ne contagia almeno un’altra» dice D’Ancona. «Se il trend prosegue, abbandonare mascherine al chiuso e distanziamento sarà molto difficile e con l’autunno potrebbero arrivare nuove restrizioni. Anche l’obbligo del Green pass in ristoranti e cinema va in questa direzione. Serve a mettere in sicurezza i luoghi pubblici a rischio affollamento».
Allora a che servono i vaccini? E quanto ci proteggono dalle varianti?
«Innanzitutto i vaccini hanno un importante effetto indiretto: mettendo al sicuro me salvaguardo anche gli altri, in particolare gli anziani e i fragili. È vero che esiste sempre una piccola quota, fisiologica, di persone che si contagiano nonostante siano state immunizzate, ma è altrettanto vero che la loro capacità di trasmettere la malattia è ridotta» dice D’Ancona. «E c’è un effetto diretto fondamentale: il vaccino protegge chi lo fa dallo sviluppare una malattia grave. Le stime dell’Istituto superiore di sanità ci dicono che la protezione dal contagio è tra l’80% e il 92% a seconda dell’età. Le percentuali superano il 95% se parliamo di protezione dalla malattia, malattia grave e decessi. La protezione è garantita anche con le varianti, inclusa la Delta. Secondo le prime stime fatte in Inghilterra, con la doppia dose si arriva intorno al 90%».