Con l’avvicinarsi del Natale e soprattutto con l’allentarsi delle restrizioni, cambiano anche le norme per poter far visita ai parenti ricoverati nelle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali, che in passato sono state focolaio di contagi e dove spesso sono ricoverati pazienti anziani. Proprio per ridurre l’isolamento sociale degli ospiti e la solitudine, il ministero della Salute ha deciso di mettere mano alle disposizioni che finora avevano drasticamente ridotto (e anche vietato) l’accesso alle strutture. Tra le indicazioni del Ministero anche l’istituzione di una “sala degli abbracci” in ogni Rsa o Hospice. Ecco cosa cambia.
Tornano le visite ai parenti
Dopo una prima chiusura durante il lockdown della scorsa primavera, e le nuove restrizioni di inizio autunno, ora tornano ad aprirsi le porte delle Rsa, anche su sollecitazione degli addetti ai lavori, convinti unanimemente che gli anziani rischiano di morire anche di solitudine. Neppure gli incontri avvenuti nel periodo estivo sono stati semplici perché chi soffre di malattie cognitive e demenza spesso ha difficoltà anche a riconoscere i familiari dopo periodi di lontananza così lunghi. Ora il ministero ha fornito le indicazioni sulle riaperture, con misure di sicurezza da rispettare, a partire dai test all’ingresso per i visitatori.
Tampone rapido in entrata
Per chiunque acceda alle Rsa o agli Hospice è previsto un tampone rapido, dunque test antigenico a cui dovranno sottoporsi familiari, parenti e visitatori dei pazienti. Non si potrà arrivare con un tampone eseguito altrove, ma dovrà essere effettuato in loco, attendendone l’esito. In caso di negatività si potrà incontrare il proprio caro. Se invece si risultasse positivi non si potrà entrare, ma non solo: le visite saranno sospese per tutti anche se dovesse verificarsi qualche caso di contagio interno tra gli ospiti.
Tampone molecolare per il personale e nuovi ospiti
È invece previsto un tampone molecolare per tutti i nuovi ingressi di pazienti e per il personale in servizio presso le strutture. «Sono tutte misure accolte con favore, anche se metterle in pratica non sarà così facile. Il tampone, anche quello rapido, è importante ma comporta una serie di misure: per esempio, dovrà essere effettuato in un locale apposito, poi sanificato, dove attendere l’esito prima di accedere alla stanza del proprio familiare. Occorre anche personale sanitario per eseguirlo, ma le Rsa sono già in difficoltà per la carenza di infermieri e Oss: in Veneto, ad esempio, ne mancano 1.500. Questo sia perché in parte sono positivi a loro volta, sia perché molti hanno lasciato le case di cura per lavorare negli ospedali, dove lo stipendio è più alto» spiega Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e professore ordinario di Neuropsicofarmacolgia presso l’Università di Roma Tor Vergata.
Mascherina obbligatoria sempre
Si tratta di un provvedimento obbligato, dal momento che le mascherine sono diventate obbligatorie in tutti gli ambienti comuni, compresi gli spazi all’aperto.
Visite a chi è in fin di vita
La vera novità, invece, riguarda la possibilità di fare visita a un parente che sia in fin di vita. Questo per evitare che, come invece accaduto in pieno lockdown e fino a qualche settimana fa, non fosse possibile neppure dare l’ultimo saluto al proprio caro. L’autorizzazione, però, potrà arrivare solo dalla Direzione della struttura, «previa appropriata valutazione dei rischi-benefici».
Questa possibilità sarà offerta soprattutto negli hospice, che per loro natura ospitano proprio malati terminali. L’accesso sarà consentito solo a un numero limitato di visitatori, osservando tutte le precauzioni e raccomandazioni per limitare la trasmissione del virus. E’ un passo importante nella gestione psicologica dei pazienti? «Assolutamente sì. Va tenuto presente che la sofferenza non è solo dei pazienti, ma anche dei familiari che non possono stare accanto ai loro parenti, specie nel momento più delicato» conferma Trabucchi.
La “sala degli abbracci“
Un’altra novità riguarda l’indicazione a creare “sale degli abbracci” nelle strutture. Si tratta di spazi attrezzati in modo da permettere l’abbraccio tra familiari. Tra le prime Rsa a realizzarne una c’è la casa di riposo Domenico Santor di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, dove l’utilizzo di separatori in vetro insieme a materiale plastico, trasparente e morbido, consente appunto il contatto fisico, pur garantendo la sicurezza sanitaria. Nei divisori che separano gli ospiti dai parenti, sono stati applicati dei fori, in prossimità di diverse postazioni, con guanti di plastica collegati alla parete, dentro i quali si possono infilare le braccia e abbracciare i familiari. Cuffie e microfono permettono poi di conversare e quindi di rompere l’isolamento forzato: «Non bisogna dimenticare che è vero che alcuni parenti non fanno visita agli ospiti delle Rsa a causa di legami ormai labili, c’è pur sempre un 30% che ha dovuto rinunciare per paura di contagiare i propri cari. Purtroppo il mancato contatto visivo e fisico contribuisce al decadimento cognitivo e alla regressione dei comportamenti degli anziani. Le “sale degli abbracci” sono un modo per sopperire, anche se in minima parte, alla mancanza di un abbraccio o una carezza, per riacquisire almeno un rapporto che non sia solo tramite tablet, difficile da accettare specie da pazienti con demenza o da anziani» spiega lo psicogeriatra.
L’assistenza “telematica“
Dove non fosse ancora presente una «sala degli abbracci» il ministero ha esortato anche a implementare l’assistenza spirituale, specie nei casi di fine vita, specie in modalità telematica, ossia a distanza. «I tablet sono in uso da febbraio e marzo, ma la capacità di esprimere vicinanza è molto ridotta. Circa il 60/70% degli ospiti delle Rsa ha disturbi cognitivi: è difficilissimo spiegare loro che la persona che vedono a mezzo busto e solo in faccia tramite un tablet è la loro figlia adorata. Per questo abbiamo assistito a scene di rifiuto o pianti. Speriamo che queste aperture possano migliorare la situazione» conclude Trabucchi.