Dalla prossima primavera sarà possibile seppellire le ceneri dei defunti in un ex bosco abbandonato di Martina d’Olba di Urbe, località della provincia di Savona al confine tra Liguria e Piemonte, recuperato e trasformato in luogo del commiato e del ricordo grazie a una cooperativa costituita da quattro giovani e a una start up. Gli interessati potranno prenotare una visita dedicata e scegliere la pianta che accompagnerà il riposo eterno, per sé, per un parente o una coppia, per un amico o anche per un animale domestico.
Riposo eterno sotto gli alberi
“Non ci saranno fiori recisi o candele né lapidi di marmo, ma solo discrete targhette. Il bosco è già di per sé una scenografia naturale meravigliosa e rasserenante. Non esisteranno recinti o cancelli e l’area sarà sempre aperta a tutti e curata costantemente. Si tratta di una alternativa ecologica ed economica ai tradizionali cimiteri”. Si pagherà in anticipo l’albero singolo, familiare o collettivo prenotato (in base alle dimensioni e alle dimensioni a partire da 400 euro) e si verserà e un contributo una tantum, 200 euro, destinato alle spese. L’idea, raccolti online i fondi che mancano per completare il progetto, è quella di esportare il modello e replicarlo in centinaia di località. “La dispersione delle ceneri – spiegano i promotori dell’iniziativa, contattabili attraverso il sito boschivivi.it e una pagina Facebook dedicata – è legale, ma ancora non è stata colta la potenzialità dei boschi come luoghi di sepoltura. All’estero questo tipo di servizio ha già grande successo e noi lo abbiamo adattato alle esigenze del contesto italiano e alla normativa vigente”.
Il punto sulle cremazioni in Italia
In Italia il numero di cremazioni cresce costantemente da anni. I dati raccolti e diffusi dalla Sefit, l’associazione che riunisce le società multiutiliy pubbliche e municipalizzate, documentano il trend: nel 2013 le spoglie cremate sono state 110.710, nel 2014 si è saliti a più di 117.956, nel 2015 a oltre 137.165 e nel 2016 oltre 141.553 (il dato è in difetto perché 4 crematori non hanno ancora mandato comunicazioni). Un italiano su 4 sceglie questa opzione. L’anno scorso sono state trasformate in cenere almeno il 23 per cento delle salme (mancano sempre 4 serie di dati), per circa il 33 per cento è stata fatta l’inumazione a terra, per il 44 per cento si è optato per la tumulazione in un loculo.
La diffusione delle cremazioni in Italia non è omogenea
Le regioni dove la cremazione è più diffusa – in termini di rapporto percentuale delle cremazioni eseguite sul territorio rispetto al dato nazionale – continuano ad essere: Lombardia (25,8 per cento), Emilia Romagna (14,6) e Piemonte (14,3), quelle che dispongono del maggior numero di impianti di cremazione operativi (12 per ciascuna delle tre regioni). La crescita percentuale maggiore nel 2016 rispetto al 2015 (anno nel quale nelle regioni interessate hanno pesato fermi e rallentamenti degli impianti) si è avuta in Sardegna (41, 8 per cento), Puglia (+39,5) e Sicilia (+21,3). Anche nel 2016, così come in precedenza, le città in cui si è registrato il maggior numero di cremazioni sono state Roma (12.376), Milano (10.776) e Genova (6.048), tutte punto di riferimento per aree molto più vaste. A seguire, con oltre 4.000 cremazioni: Mantova (4.973), Livorno (4.719), Trecate (4.302) e Bologna (4.201).
Che cosa serve per il nulla osta alla cremazione?
La materia è disciplinata da una legge nazionale, da normative regionali e da disposizioni comunali. Da luogo a luogo ci potrebbero essere delle differenze. Meglio, dunque, informarsi per tempo nel comune di riferimento. Ottima fonte di spiegazione e chiarimenti sono anche le imprese funebri e le associazioni di settore e siti a tema (nella sezione funerali di ritolaico.com si trovano ad esempio tutte le leggi regionali). Per procedere alla cremazione di una salma, ovunque, sono necessarie due cose: la prova della volontà del defunto, quella di farsi cremare, e un certificato del medico necroforo dal quale risulti esclusa l’ipotesi di morte causata da un reato. In caso di decesso improvviso o sospetto, oggetto di una inchiesta penale e segnalato all’autorità giudiziaria, serve il nulla osta del magistrato che procede. Il via libera potrebbe richiedere giorni, settimane o anche mesi.
Ci sono dei limiti tecnici? E quali?
Il comune di Milano, per citare un esempio, chiede ai familiari di indicare se il defunto era portatore di uno stimolatore cardiaco o di apparecchiature similari. Se sì – poiché solo alcune tipologie di pace maker possono essere introdotte nei forni del crematorio pubblico – è necessario conoscere il tipo di alimentazione del dispositivo. Se il decesso è avvenuto in ospedale, sarà la struttura ospedaliera a dare le informazioni richieste. In mancanza di dati specifici, sul modulo di accertamento di morte, l’apparecchio dovrà essere espiantato. Se la persona è morta in casa, i familiari dovranno portare il tesserino del pace maker all’ufficio funerali, sepolture e cremazioni. Quindi, in base a marca e modello, si valuterà se sarà necessario richiedere o meno l’espianto del dispositivo.
Come dichiarare la volontà di essere cremati?
Chi ha deciso di farsi cremare ha tre possibilità per rendere nota questa scelta: un testamento registrato dal notaio; un testamento olografo (cioè scritto di proprio pugno) datato e firmato; l’iscrizione ad un’associazione pro cremazione riconosciuta o a una società di cremazione (ad esempio una delle So.Crem presenti in varie città italiane), adesione valida per l’intero territorio nazionale. L’ultima opzione comporta il pagamento di una quota di iscrizione (una tantum o annua) e implica la compilazione di un modulo, redatto a mano. In tutti i casi è possibile indicare anche la volontà di far disperdere le ceneri o di affidarle a un parente, al partner, a un amico. “Per la sola dispersione delle ceneri – precisano i promotori di boschivivi.it, fornendo in rete il modello di documento da scaricare e preparare – è sufficiente una scrittura privata”.
E se manca il testamento o l’iscrizione ad un’associazione ad hoc?
La volontà di farsi cremare, se non espressa per iscritto, può essere riferita dal coniuge o dal partner (in caso di unione civile) oppure, in loro mancanza, dal parente più prossimo entro il sesto grado. Nel caso ci fossero più parenti dello stesso grado, e indicazioni contrastati, conta il parere della maggioranza assoluta dei familiari di pari grado. La manifestazione del desiderio del defunto va resa davanti all’ufficiale di stato civile, nel comune di residenza in vita o di decesso del defunto stesso o nel comune di residenza del dichiarante. L’iscrizione ad una associazione o a una società pro cremazione consente di far rispettare la volontà del defunto anche in caso di opposizione da parte dei parenti.
A chi bisogna rivolgersi dopo il decesso?
Se il defunto non era iscritto ad alcuna associazione o società, i familiari devono rivolgersi al comune e presentare istanza di cremazione. In caso di iscrizione in vita, invece, sarà sufficiente informare l’impresa incaricata del servizio funebre. Ad attivare la procedura, presso gli uffici municipali, ci penseranno gli operatori della ditta di funerali prescelta.
Dove si effettua la cremazione?
In uno dei 75 poli crematori (dato di fine 2016) esistenti nel nostro territorio nazionale, concentrati soprattutto nelle regioni di Nord e in Toscana.
Quanto costa?
La cremazione è un servizio pubblico a domanda individuale, spiegano da Sefit, per il quale è stabilita una tariffa ministeriale massima (499,04 euro + Iva al 22 per cento fino al 31 dicembre 2017, poi 509,03 euro + Iva). Il prezzo varia da crematorio a crematorio. A Milano, come è precisato sul sito ufficiale del capoluogo lombardo, la cremazione ad oggi costa 273,90 euro. Alla cifra base vanno aggiunte le spese per l’istruttoria della pratica (33,20 euro) e per l’affidamento o la dispersione delle ceneri (27,67 euro, solo nel caso in cui avvenga al di fuori del cimitero che ospita il polo crematorio, a Lambrate). Per un rito di commiato, all’interno camposanto, c’è un extra da pagare: 77,28 euro.
Come e dove si conservano le urne?
Oltre che nel “cinerario comune” dei cimiteri, nelle cellette cinerarie e nei loculi dei camposanti, è possibile conservare le ceneri a casa. Oppure disperderle.
Quali sono le regole e i luoghi per disperdere le ceneri?
La dispersione delle ceneri è legale anche in Italia. Viene autorizzata, nel rispetto delle volontà del defunto, dall’ufficiale di stato civile del comune nel quale è avvenuto il decesso. Può essere consentita in apposite aree dei cimiteri (“giardini del ricordo”) o in aree private all’aperto (con il consenso dei proprietari). Non solo. Le amministrazioni comunali hanno la facoltà di permettere anche la dispersione in natura, in mare, nei laghi, nei fiumi, dalla cima di un monte. Le modalità sono regolamentate dai comuni stessi, per cui è bene chiedere informazioni in anticipo.
Chi può disperdere le ceneri?
L’incaricato della dispersione delle ceneri può essere la persona individuata in vita dal defunto stesso oppure può trattarsi del coniuge, di un altro familiare, dell’eventuale esecutore testamentario, del rappresentante legale dell’associazione o della società pro cremazione alla quale la persone deceduta si era iscritta.