Hai mai sentito la parola “cringe”? Magari dai tuoi figli, se sono grandi abbastanza per navigare su internet da soli. È una parola inglese che viene dal verbo “to cringe”, che letteralmente significa «contrarre i muscoli involontariamente come per il freddo o per il dolore». Tuttavia, non è questo il significato per cui l’Accademia della Crusca l’ha scelta come una delle parole più rilevanti nel 2021. Viene definito “cringe”, infatti, tutto ciò che sta a metà tra l’imbarazzante e il patetico o, come dice la Crusca, quelle «scene e comportamenti altrui che suscitano imbarazzo e disagio in chi le osserva», una sensazione ben esemplificata dalla faccia inorridita di Steve Carell nella serie tv di culto The Office, non a caso uno dei meme più conosciuti sul tema.
Oltre a “cringe”, i Cruscanti segnalano altre due parole entrate di prepotenza nella lingua parlata nell’ultimo anno: si tratta di “contact tracer” e “contact tracing”, due termini che abbiamo imparato a conoscere e usare per via della pandemia. Ma è “cringe” la parola dalla storia più interessante: te la raccontiamo qui.
Da dove viene “cringe”…
Come ha spiegato in un lungo approfondimento la linguista Luisa di Valvasone sulla rivista L’italiano digitale, nell’ultimo decennio il web ha contribuito ampiamente alla formazione e alla diffusione di neologismi. La maggior parte delle volte quelle parole sono legate a tendenze passeggere e vengono perciò velocemente sostituite da altre, ma ce ne sono alcune che riescono a «emergere dalla massa di parole della rete e inizia a circolare anche all’esterno, arrivando alle orecchie di parlanti estranei sia al mondo di Internet sia a quello dei giovani».
È il caso di “cringe”, la cui prima apparizione si può datare tra il 2015 e il 2016, quando su YouTube iniziano ad apparire serie di video intitolata “Try not to cringe” ovvero “cerca di non trovare queste cose cringe”. I video erano una compilation di battute cadute nel vuoto, momenti imbarazzanti di personaggi famosi e scenette che dovevano essere divertenti ma, semplicemente, non lo erano. Per “cringe” si intende infatti un imbarazzo che fa rabbrividire, «una specifica sensazione di disagio provocata dalla visione di una situazione o una scena, più frequentemente di un video o un’immagine; ciò che è cringe risulta così ridicolo e imbarazzante per l’autore o per i protagonisti stessi della scena, da provocare, di rimando, imbarazzo in chi osserva», come spiega di Valvasone.
… e com’è diventata una parola di uso comune
Già nell’ottobre del 2019, la parola viene segnalata da Treccani, mentre nel 2020 Licia Corbolante dedica a “cringe” e ai suoi derivati (come “cringissimo” e “cringiata”) due interventi nel suo blog, nei quali definisce la parola «un anglicismo che commenta negativamente comportamenti imbarazzanti». L’ambito d’origine e di diffusione di “cringe” nella lingua italiana è dunque il web, in particolare i social network e le piattaforme di video e streaming come YouTube e Twitch, dove gli utenti si riprendono solitamente mentre giocano ai videogiochi ma anche durante la loro quotidianità.
Sono proprio gli streamer e gli YouTuber quelli che utilizzano la parola più spesso quando parlano alle loro community, contribuendo così a farla diffondere per “oralità”, come segnala la linguista della Crusca. Ci sono poi innumerevoli meme e challenge “cringe” su TikTok e Instagram. Guardano alle ricerche della parola, grazie a Google Trends si può facilmente constatare che le ricerche in Italia crescono a partire dal 2015, quando iniziano a diffondersi i video “Try not to cringe”, aumentano notevolmente nel 2019 e arrivano al picco massimo nel 2020: tra le pagine in italiano di Google emergono 402.000 risultati per “cringe”, 2.070 su Google libri (a dicembre 2020). Ora che hai capito cosa significa, probabilmente lo troverai cringissimo anche tu.