Due squadre, una di fronte all’altra. Oggetto della sfida, una frase: «L’età per votare dovrebbe essere abbassata a 16 anni». Il primo team espone le argomentazioni a favore, l’altro spiega quelle contro, vince chi risulta più convincente. Benvenuti a una gara di dibattito – debate, in inglese – come quelle che vi sarà sicuramente capitato di vedere nei film ambientati nei college americani. Ma stavolta siamo in Italia, e non al cinema. Perché 180 scuole hanno inserito il debate nel proprio progetto didattico. Nel 2013 è nata la rete nazionale We Debate e da ottobre si sta disputando la prima edizione del Campionato italiano (www.campionatoitalianodebate.it): in gara 76 istituti superiori con l’obiettivo di vincere la finale del 9 maggio. Ma da dove arriva questa disciplina che ormai è considerata un vero e proprio sport mentale?
Le origini del debate
Il debate ha origini lontane, nell’antica Grecia, dove il primo a teorizzarlo fu Aristotele. Nell’opera I Topici il filosofo delineò le caratteristiche delle riunioni dialettiche: uno scambio di domande e risposte tra due oppositori, ciascuno dei quali portava avanti i propri ragionamenti seguendo lo schema premessa-svolgimento-conclusione. Ad adottarlo nelle scuole è stata per prima l’America: già 2 secoli fa college prestigiosi come Harvard e Yale si sfidavano, oltre che nelle regate di canottaggio, in dispute oratorie.
Il Campionato italiano di debate
Oggi, nel Campionato italiano che per la pandemia si sta svolgendo da remoto, si affrontano di volta in volta 2 squadre, di 3 studenti ciascuna, che hanno a disposizione un tempo preciso per argomentare pro o contro un argomento deciso in anticipo: una giuria di esperti decreta la squadra vincitrice. Per dare il meglio di sé in pochi minuti, i concorrenti si preparano per mesi, facendo ricerche sul tema stabilito e provando i discorsi.
Tra i partecipanti al torneo c’è Eleonora Maconi, 18 anni, del liceo scientifico Ferraris di Varese. «Ho scoperto il debate 2 anni fa dalla prof di Storia e ho iniziato a seguire un corso tenuto da studenti più grandi. Mi hanno insegnato a parlare in pubblico, modulare la voce, coordinare la gestualità, evitare le pause e gli intercalari. Insomma, a suscitare l’interesse di chi mi ascolta. Oggi quando prendo un voto alto in un’interrogazione, c’è sempre qualche compagno di classe che mi dice: “Eh, ma non vale, tu fai debate!”. In parte hanno ragione, perché grazie a questa pratica ho imparato a esporre i miei pensieri in modo più chiaro e convincente».
Come funzionano le gare ufficiali di debate
Come si svolge una gara ufficiale? Le alternative sono 2. Il tema viene comunicato alle squadre con diverse settimane di anticipo, ma solo pochi minuti prima viene loro assegnata la posizione pro o contro. Oppure i gruppi conoscono in anticipo la loro posizione, ma scoprono l’argomento solo un’ora prima del dibattito: in questo caso, dato che non hanno potuto prepararsi a casa, hanno a disposizione un dizionario e il Libro dei Fatti, manuale che raccoglie i più rilevanti accadimenti mondiali e nazionali dell’ultimo anno. Vince il team più bravo a documentarsi e a esporre con linguaggio chiaro.
«Il giudice di gara valuta in base a 3 parametri: il contenuto, lo stile e la strategia» spiega Matteo Giangrande, esperto di debate e studioso di Storia della disputa. «Il primo riguarda la rilevanza delle argomentazioni a supporto; il secondo concerne la chiarezza espositiva e il linguaggio non verbale; l’ultimo ha a che fare con il rispetto delle regole del dibattito e la gestione del tempo nell’esporre gli argomenti».
Chiunque può praticare il debate
Chiunque, e a qualsiasi età, può praticare questo sport che “allena” cervello e linguaggio. «Con una decina di ore di training si è in grado di prendere parte a un debate» sottolinea Giangrande «ma solo una pratica costante di allenamenti e tornei trasforma in concorrenti esperti». Anche Beatrice Lemme, 18 anni, studentessa del liceo classico Alfano di Termoli, ha scoperto il debate grazie a un prof – «quello di Filosofia, 3 anni fa» – partecipa al campionato italiano: «Ho imparato ad ascoltare e rispettare le opinioni altrui, accettando i diversi punti di vista» dice, raccontando come questa passione la stia aiutando a crescere. «All’inizio i miei genitori non capivano. Mio padre entrava in camera e mi trovava a scrivere discorsi sui temi più impensabili come la colonizzazione di Marte. Ogni volta è una sfida con me stessa a conoscere di più, a migliorarmi».
Sì, il debate aiuta ad aumentare la propria autostima, e non è poco per un adolescente, specie in questo anno difficile in cui i giovani hanno avuto poche possibilità di dire la loro. Manuele De Conti, presidente della Società Nazionale Debate Italia e coautore dei volumi L’etica del Debate e di Debate. Pratica, teoria e pedagogia (Pearson), conferma: «È uno sport che aiuta a gestire la propria emotività anche in situazioni complesse, come quando si è in disaccordo, e favorisce la capacità di ascolto, fondamentale per comprendere i ragionamenti della squadra avversaria e ribattere degli altri. L’esperienza mi ha dimostrato come i partecipanti a queste attività maturino sicurezza, determinazione e fiducia nelle proprie capacità». Aspetti che renderanno i ragazzi di oggi adulti più decisi e consapevoli.
Debate, una disciplina con tanti benefici
Sono molti gli effetti positivi del debate sulla mente e sulle emozioni. Allena il cervello a collegare diverse informazioni, confrontare tesi, bilanciare argomentazioni. Abitua a prendere in considerazione posizioni diverse dalle proprie, sviluppando così l’empatia. Dà sicurezza in se stessi, perché si impara a parlare in pubblico in modo efficace, con un lessico adeguato e riuscendo a guardare negli occhi il proprio interlocutore.
Come iniziare a praticarlo? Basta aderire attraverso la propria scuola alla rete nazionale We Debate (www.debateitalia.it), che vede come istituto capofila l’ITE Enrico Tosi di Busto Arsizio (Va). O ci si può iscrivere alla Società Nazionale Debate Italia (www.sn-di.it), che consente a tutti, e a qualsiasi età, di avvicinarsi a questa disciplina.