La demenza senile e i disturbi della vista: cosa li accomuna? Ma soprattutto c’è un legame diretto? Se lo sono chiesto alcuni ricercatori che sono giunti a conclusioni importanti: alcuni problemi come la degenerazione maculare, la cataratta o la retinopatia possono essere associati a una maggiore incidenza della malattia, tipica dell’avanzare dell’età.
Che legame c’è tra demenza e disturbi della vista
Ci sono alcune patologie dell’occhio che sono tipiche dell’età avanzata, come può esserlo la demenza senile. È partendo da questa osservazione che alcuni ricercatori della Guangdong Academy of Medical Sciences di Guangzhou in Cina, coordinati da Xianwen Shang, hanno indagato il possibile legale tra disturbi comuni (come degenerazione maculare senile, cataratta, disturbi di vista dovuti al diabete) e deterioramento cognitivo. Quello che è emerso è che effettivamente chi soffre di questi problemi ha un rischio maggiore di ammalarsi di demenza senile. In particolare l’incidenza aumenta del 26% in chi presenta una degenerazione maculare, dell’11% in chi ha la cataratta e persino del 61% per coloro che hanno una retinopatia dovuta al diabete.
Nel caso del glaucoma, invece, non c’è un’incidenza maggiore di Alzheimer (anch’essa parte della famiglia delle demenze senili), bensì di demenza di origine vascolare.
Quando gli occhi sono un campanello d’allarme
I risultati sono frutto dell’analisi di 12.364 adulti di età compresa tra i 55 e i 73 anni, monitorati per un periodo piuttosto lungo: prima dal 2006 e 2010, poi fino al 2021. Durante tutto il periodo sono stati registrati 2.304 casi di demenza. Ciò che emerge è che alcuni tra i disturbi della vista più classici possono essere considerati campanelli d’allarme: «Si tratta di una novità, anche se relativa, perché sappiamo che alcune malattie oculari hanno a che fare con l’invecchiamento e la demenza che è una classica, se non la più classica, patologia da invecchiamento. Un nesso analogo, per esempio, è stato scoperto anche per riduzione dell’acuità uditiva, quindi i problemi di udito» spiega il neurologo Giacchino Tedeschi dell’Università degli Studi della Campania Gianluigi Vanvitelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia.
Perché può esserci una base comune
Sui motivi per i quali c’è una correlazione tra le diverse patologie tipiche dell’età avanzata il neurogolo spiega: «Sia i problemi di vista che quelli di udito portano il paziente all’isolamento, così come tutte le riduzioni sensoriali, ed è provato che quanto più si riduce la stimolazione, tanto più si potrà andare incontro a un aggravamento della patologia della demenza» spiega il neurologo.
Ma ci possono essere anche altri motivi, legati a differenti tipi di demenza. «La più frequente è la malattia di Alzheimer, ma non è l’unica. Esistono le demenze fronto-temporali e vascolari, oppure quelle secondarie, che si differenziano in base alla causa: un trauma, malattie vascolari o tumori. Diciamo che lo studio ha indagato il legame con le demenze di tipo degenerativo, che quindi sono dovute all’invecchiamento – spiega l’esperto – In questo caso, va considerato che nelle demenze senili la causa principale della malattia è la degenerazione del sistema nervoso che è alla base anche della degenerazione maculare. Questa, infatti, interessa la retina, che è costituita da cellule nervose, che sono un’estensione del sistema nervoso». In altre parole, la degenerazione che riguarda i neuroni della retina è la stessa che è alla base di questo tipo di demenza.
«Non meraviglia, però, neppure la correlazione con i problemi di vista legati al diabete, che è una malattia di tipo vascolare e che dunque può essere associata alle demenze vascolari» aggiunge Tedeschi. Anche in questo caso, quindi, i motivi che possono concorrere alla demenza sono gli stessi di altre patologie, che possono verificarsi quindi in concomitanza.
Cosa resta da scoprire
Secondo alcuni esperti lo studio, pubblicato sul British Journal of Ophthalmology, avrebbe il limite di non dimostrare una vera correlazione di causa-effetto, così come il fatto di essersi basato su dati auto-riferiti dai soggetti del campione preso in esame. Resta, però, il pregio di aver sottolineato l’importanza della degenerazione complessiva del fisico, comune nelle diverse patologie esaminate, e dunque dell’importanza della prevenzione in termini di stile di vita. «È chiaro che esistono una serie di fattori concomitanti, di fattori di rischio che si sommano. Per esempio, può esserci una certa predisposizione genetica. Ma è anche dimostrato che avere un alto livello di educazione “protegge”, perché aumenta la riserva cognitiva che limita gli effetti dell’invecchiamento. Significa che più il cervello viene allenato nel corso della vita, con lo studio, un lavoro interessante, attività ludiche e stimolanti, più rimane in forma e regge all’urto dell’invecchiamento – spiega Tedeschi – Restano fondamentali, quindi, la qualità della vita, lo stress, un’alimentazione equilibrata, un giusto ritmo sonno-veglia e una certa quantità di movimento» conclude il neurologo.